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Il paganesimo in Italia. Intervista al prof. Sandro Consolato

di Francesco Mancinelli - 07/11/2007

 

 
Intervista al prof. Sandro Consolato: il paganesimo in Italia


Cominciamo dalle radici… l’Europa ha effettivamente delle “radici giudaico-cristiane”, come si vorrebbe da più parti?
“Il giovane Evola di Imperialismo pagano proclamava l’Antieuropa, mettendo in guardia contro un pericolo euro-cristiano… Comunque, una cultura europea marcatamente unitaria, dall’Atlantico agli Urali, dall’Islanda a Malta, si è in effetti avuta solo col Medioevo, con la cristianizzazione del nostro continente, cioè di terre e popoli cui il cristianesimo primitivo era estraneo, poiché nato in ambito etnico e religioso giudaico. Ma proprio perché il cristianesimo è originariamente un fenomeno allogeno, non si può parlare di radici profonde dell’Europa senza riferirsi al mondo precristiano, con le tradizioni ellenica e romana e con quelle dei popoli celtici, germanici, baltici e slavi, che hanno poi dato un loro colorito alle società cristiane”.

Ma la spiritualità europea deve tener conto di religioni viventi, non estinte…
“Beh, intanto vi sono alcuni paesi europei che hanno dato un riconoscimento giuridico all’esistenza e alla pratica dell’antico paganesimo. L’Europa intera deve tener conto di fatti simili, anche allargandosi ad Est: in Lituania il paganesimo indigeno, riconosciuto anch’esso dallo Stato, ha una storia lunga e vivace, ad esempio. Una nostra delegazione, guidata da Daniele Liotta, invitata in Lettonia alla Conferenza internazionale delle religioni etniche del giugno 2007, ha potuto constatare come lì l’essere pagani sia un fatto normale, un dato della stessa identità nazionale. Il giorno del Solstizio i pagani entrano gratis nei musei, ad esempio”.

E in Italia, la patria dei Romani?
“Quando si parla di paganesimo bisogna tener distinti due fenomeni: la religiosità popolare e le tradizioni élitarie. Nei paesi celtici, scandinavi, baltici e slavi, rispetto a quelli mediterranei, cioè l’Italia e la Grecia, il paganesimo popolare è forse riuscito nei secoli, e in certe aree, a rimanere più autonomo dal cristianesimo, però solo in ambito mediterraneo (in cui comunque restano interessantissime sopravvivenze popolari pur sotto veste cristiana) sembrano esserci state sempre delle élites pagane, e ciò lo si deve proprio alla continuità della superiore cultura greca e latina, veicolo fino a noi del neoplatonismo, che è poi il più alto paganesimo filosofico, dell’ermetismo alchemico e di riti più propriamente legati alla religione civica e privata del mondo classico.
Nel Rinascimento, cioè non appena si allentano i vincoli del controllo religioso medievale, poi rinserrati da Riforma e Controriforma, si hanno forme palesi di reviviscenza pagana che non si possono spiegare senza una continuità sotterranea attraverso i secoli. Nel 400 in Grecia c’è la repubblica pagano-platonica di Giorgio Gemisto Pletone, in Italia l’Accademia Romana di Pomponio Leto, da cui si palesa la sopravvivenza del pontificato massimo pagano nella città dei papi. Tra queste due realtà vi era peraltro un rapporto, e non a caso la tomba di Pletone è in Italia. Accanto a tutto ciò c’è poi l’autonomo riprendere una ritualità pagana indirizzata agli antichi Dei da parte di singoli o gruppi, tutti appartenenti a ceti colti, poiché era dai classici latini e dai monumenti che si potevano attingere formule, costumi, pratiche religiose”.

Nell’Italia contemporanea cos’è rimasto?
“La più decisa affermazione pubblica circa la permanenza fino a noi di un centro iniziatico – il che vuol dire della tradizione esoterica – pagano italico-romano fu fatta nel 1928 da Arturo Reghini su una prestigiosa rivista di scienze iniziatiche, UR, diretta da Julius Evola, a sua volta autore nel 1928 del già ricordato Imperialismo pagano, che invitava esplicitamente il neonato regime fascista a far proprio il riferimento spirituale al paganesimo imperiale. In un suo articolo firmato con pseudonimo (tutti i collaboratori della rivista avevano l’obbligo dell’anonimato), Reghini scrisse che, per quanto potesse sembrare inverosimile, un centro iniziatico romano si era ininterrottamente mantenuto dalla fine dell’Impero fino al tempo presente, con una continuità anche fisica di trasmissione. Reghini non era uno dei tanti occultisti del Novecento, ma una poderosa figura spirituale, un insigne esploratore e rinnovatore della matematica pitagorica: le sue parole hanno un peso non indifferente. Di questo passaggio si possono cogliere solo, a volte, certe tracce lasciate nella storia culturale e politica dell’Italia. Chi vuole avvicinarsi al paganesimo, nell’Italia di oggi, deve però necessariamente guardare a ciò che gli appare più da vicino, e non aver paura di praticare dei riti senza il conforto di una secolare realtà visibile dietro le spalle, che è poi la sicurezza che si ricerca nelle grandi religioni storiche. Bisogna avere un po’ il coraggio dell’umanista del Quattrocento, o dello studente dell’Ottocento, che, leggendo di una preghiera o di un rito di offerta in un classico latino, ha detto a se stesso: “E se lo facessi io, che accadrebbe?”.

Quali sono oggi i gruppi, le personalità del paganesimo italiano?
“In Italia vi sono individui e gruppi che si richiamano genericamente al paganesimo, o che lo intendono in senso non romano-italico e nemmeno classico, ma celtico o addirittura nordico, odinistico: un non senso, perché se nell’Italia antica e poi nelle tradizioni popolari esiste una componente celtica, Odino in Italia non è mai stato di casa: i Longobardi, di cui peraltro sono un simpatizzante, arrivarono in Italia già cristianizzati, pur se malamente; i Normanni del Sud, poi, non erano più i Vikinghi pagani…
Ma esistono gruppi che non amano la pubblicità, che non fanno riviste, che non hanno siti internet. Il Movimento Tradizionale Romano cui appartengo, ha scelto la strada di una presenza culturale attiva ed esplicita, ed ha gruppi in varie regioni d’Italia. A livello pubblico va segnalata anche l’Associazione Romania Quirites di Forlì. Noi del MTR operiamo culturalmente con un sito ed un forum in internet (www.lacittadella-mtr.com e www.saturniatellus.com), ma soprattutto con la rivista cartacea La Cittadella (c’è anche Arthos, ma solo in parte tratta di argomenti pagani). Comunque, ciò che caratterizza il MTR è l’aver raggiunto uno status culturale riconosciuto, che lo porta al dialogo con personalità del mondo accademico e alla simpatia da parte di intellettuali non conformisti. Certo: l’attività culturale di per sé non rende nessuno più pagano di un altro, però è evidente che la qualità di tale attività aiuta a legittimare socialmente l’attività più strettamente spirituale”.

A proposito di attività culturale, Lei ha collaborato anche al volume collettivo di Ar Il ‘gentil seme’, che si interrogava proprio sulle radici dell’Europa…
“Sì, ha fatto bene a citare quel volume. Guardi, io lo considero una delle più efficaci testimonianze dell’esistenza in Italia di una cultura pagana di alto livello, capace di misurarsi con le grandi questioni filosofiche, storiche, politiche. Le Edizioni Ar, specialmente negli ultimi anni, hanno dato anche loro un grande contributo a rendere normale il parlare di paganesimo”.

In Italia, ma non solo, il paganesimo ha una storia che si intreccia con il fascismo prima e col neofascismo, il radicalismo di destra poi. Come lo spiega?
“Il fatto è che fin dai suoi albori il fascismo ha interessato certe personalità e certi ambienti, che ritenevano il movimento di Mussolini una grande occasione storica per ridare all’Italia un grande ruolo storico, che il richiamo a Roma rendeva un obbligo. E’ vero per Giacomo Boni, per Arturo Reghini, per Julius Evola. Ed è per questo che un pagano italiano, oggi, può benissimo affermare di non essere fascista, ma di certo non può dichiararsi antifascista.
Contrariamente a quello che si crede, nel neofascismo il paganesimo romano non ha avuto molto rilievo. Ora, il paganesimo può anche essere un dato filosofico élitario, ma la romanità deve sempre tradursi in realtà politica, in ordine statuale, sociale. Tuttavia la nascita dei Dioscuri, in seno ad Ordine Nuovo, alla fine degli anni 60, è stata molto importante. Scrivere pubblicamente, come fecero loro, che per ridare un ordine tradizionale non solo all’Italia ma al mondo intero bisognava riaccendere a Roma il fuoco di Vesta non era cosa da poco, soprattutto allora”.

Ma qual è la vita religiosa di un pagano romano dei nostri giorni?
“E’ una vita centrata su un culto che è da dirsi privato anche quando è comunitario, poiché la religione dei Romani era innanzitutto la religione dello Stato romano (i suoi sacerdoti erano magistrati, questo non va dimenticato), e per essere pienamente ripristinata occorrerebbe un culto pubblico dello Stato. Il culto privato, come peraltro quello pubblico, è scandito dall’antico calendario romano, con le sue calende, none ed idi. Da molti anni Renato del Ponte, personalità di spicco del tradizionalismo romano dei nostri tempi, edita un calendario che ci avvicina al tempo sacro dei nostri maggiori.
Vorrei però concludere dicendo che gli antichi, romani o greci che fossero, non sapevano di essere pagani e politeisti. Il primo è un termine polemico coniato dai cristiani con riferimento alle sopravvivenze di antichi culti nei pagi, cioè nei villaggi rurali, il secondo un termine scientifico moderno. I nostri antichi sapevano solo di essere pii e religiosissimi e che come tali dovevano venerare più Dei, non perché ignorassero una unitaria realtà metafisica ma perché sapevano che tale realtà si esplicita in una meravigliosa pluralità di forme e funzioni che rendono il cosmo sacro e bello. Se i due termini, pagani e politeisti, servono semplicemente a far capire subito: il primo che ci riferiamo alla spiritualità precristiana, il secondo al pantheon classico, allora possiamo anche definirci pagani e politeisti; se devono generare confusione (ad es. permettendo che si venga associati a sgradevoli occultismi new age), allora è meglio privilegiare la definizione di tradizionalisti romani, sempre che sia di questi ultimi che si parla”.

Sta prendendo le distanze dal termine “pagano”?...
“No, per nulla. Nel termine pagano vi è un segno distintivo radicale, non compromissorio con ciò che è venuto dopo, che spesso è utile per sfuggire alle insidie di certe visioni spiritualiste, per le quali il “buono” del mondo antico sarebbe stato definitivamente assimilato dal monoteismo cristiano ed islamico. E poi, anche nella cultura accademica il termine paganesimo viene correntemente usato per riferirsi non solo alla religiosità greca e romana, ma alle stesse filosofie e letterature antiche, da Platone a Proclo, da Omero a Virgilio. Insomma, il paganesimo è il dato originario della cultura europea: non può essere un termine criminalizzato, né appioppato a fenomeni d’altra origine, come è d’uso nel parlare del papa e dei vescovi, che gridano al ritorno al paganesimo ora per il satanismo ora per il matrimonio gay”.

* Circolo Culturale Helios