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La Bolivia si mobilita contro l'oligarchia

di Siro Asinelli - 28/11/2007

 

La Bolivia si mobilita contro l'oligarchia


La Bolivia continuerà a lottare democraticamente per le trasformazioni e le riforme atte a cambiare alla radice un Paese cha ha fame di pace e giustizia sociale.
Ritornata almeno in apparenza la calma a Sucre, città meridionale della Bolivia che contende a La Paz il ruolo di capitale amministrativa, il presidente Evo Morales lancia un appello alla calma ed alla tranquillità dopo un fine settimana segnato da violenti scontri tra manifestanti e forze di polizia che hanno causato la morte di tre civili ed un agente di sicurezza, oltre che decine di feriti. Morales ha promesso l’apertura di un’inchiesta per stabilire le responsabilità dei disordini scoppiati a Sucre, ma al tempo stesso ha lanciato un duro atto di accusa all’indirizzo di certa opposizione “oligarchica, conservatrice e neoliberista che non vuole una nuova Costituzione” e che “non accetta che un indio sia il presidente della Repubblica”. La stessa opposizione che da oltre un anno boicotta il processo di cambiamento avviato nel Paese, prima facendo saltare il numero legale in seno all’Assemblea Costituente, interrompendone i lavori, occupandone le sedi; infine, incapaci di fermare il nuovo corso, fomentando una vera e propria rivolta anti governativa. Cosa puntualmente avvenuta mentre i deputati della costituente riuscivano finalmente ad approvare il testo integrale della nuova Carta Magna, sabato scorso.
“Purtroppo, vi sono gruppi che hanno alimentato la violenza a Sucre”, ha detto il primo mandatario boliviano commentando quanto sta accadendo nella “capitale storica” della Bolivia. L’accusa cade direttamente sui dirigenti dell’alleanza conservatrice all’opposizione, Poder Democrático y Social (Podemos), capeggiata dal discusso ex presidente Jorge Quiroga. In un’intervista rilasciata all’emittente Red Patria Nueva, il ministro per i rapporti con la Presidenza, Juan Ramón Quintana, è stato chiaro sulle intenzioni dell’opposizione oligarchica che non accetterà mai le decisioni prese dall’Assemblea costituente: “Coloro che si sono arricchiti sulla pelle dei poveri non hanno motivo di accettare una nuova Costituzione politica dello Stato che darà la possibilità ai cittadini, un giorno non lontano, di uscire dalla povertà per via costituzionale”.
Le mobilitazioni contro la Carta Magna sono il frutto di una strategia anti governativa che si protrae ormai da quasi due anni, da quando cioè Morales ha vinto le elezioni presidenziali. Le oligarchie neoliberiste e filo statunitensi che hanno tenuto in scacco il Paese per decenni non sono disposte a farsi da parte. Subito il duro colpo ai loro interessi con l’introduzione delle Leggi sugli Idrocarburi e sulla ridistribuzione delle terre (solo per citare alcune delle riforme vincenti avviate sotto Morales), i conservatori non sono disposti a digerire anche il cambio costituzionale, boccone amaro che finirebbe per eliminare in via definitiva gli ultimi privilegi di pochi. Le regioni orientali della Bolivia – conosciute con il nome di Medialuna – sono ancora in mano ai potentati neoliberisti ed è lì che si sta giocando oggi il futuro del Paese: sono le aree più produttive, quelle dove la longa manus dei vecchi poteri può ancora decidere le sorti di centinaia di migliaia di campesinos e lavoratori. Un bacino di consenso e voti coatti che nasce dallo strapotere oligarchico. Un potere di vita e di morte su cui la lobby conservatrice ha costruito la cieca opposizione al processo rivoluzionario innestato dalla presidenza Morales. La battaglia di Sucre, che va avanti da prima dell’estate, nasce da questo nefasto potere di contrattazione. E non stupisce che Podemos abbia fatto leva su un pretesto dal sapore decisamente populista (ovvero restituire alla città lo status di sede del governo perso un secolo fa a beneficio di La Paz dopo la guerra civile) per sobillare alla rivolta.
La verità, come ben spiegato dallo stesso presidente, è che “ci sono gruppi che non vogliono il cambiamento, che vogliono tornare a vecchi modelli, come quello neoliberista vigente negli ultimi due decenni in cui i boliviani sono stati campioni di corruzione”. Le convocazioni dell’opposizione sono, alla fine, un pretesto per ostacolare i progetti di profondo cambiamento, primo fra tutti il recupero della sovranità sulle risorse naturali e la conseguente ridistribuzione delle ricchezze.
La nuova Costituzione sarà ora sottoposta a referendum popolare e c’è da scommettere che le oligarchie continueranno ad alzare il tiro.