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Verso un'era senza precedenti

di Gareth Doutch - 26/01/2006

Fonte: Nuovi Mondi Media


Stiamo oltrepassando la linea di confine che ci separa da un’era senza precedenti nella storia dell’umanità. Dobbiamo coordinare le azioni e le partecipazioni per rendere effettivi quei cambiamenti che vorremmo vedere attuati nel mondo

Non appena le persone si renderanno realmente conto dei problemi della sopravvivenza (soprattutto del “Peak Oil”) cominceranno a ridurre la loro dipendenza dal carburante fossile, impareranno a coltivare autonomamente il proprio cibo, a creare reti di previdenza, ecc. Altri ancora saranno artefici dell’incremento della propria consapevolezza, per conoscere appieno quali saranno le vere conseguenze di tali problemi.

Nonostante il buon lavoro già compiuto dalla collettività sociale, non si può prescindere dal fatto che l’azione di governo deve essere portata avanti a livelli nazionali e, ancora più importante, a livelli globali. Alcuni dei principali attivisti impegnati nella battaglia del Peak Oil vivono in piccole comunità autosufficienti, e lo stesso vale per l’Oil Depletion Protocol (1).

Tuttavia, quando si fa pressione sull’argomento, la risposta standard dei politici sembra essere una fiducia quasi dogmatica che il mercato risponderà agli elevati costi energetici aumentando lo sviluppo, esplorando nuove riserve di petrolio e gas, e poi recupero, carburanti alternativi, misure energetiche efficaci (2). Questa incapacità di comprendere (o almeno di affrontare) il problema è ancora più grave se ci si rende conto che, anche se il tema è limpido come l’acqua, nessun governo vorrà agire in modo sensato, perché così facendo danneggerebbe la redditività dei propri affari: di riflesso, ciò porterebbe a uno spostamento all’estero di capitale e impiego o al licenziamento di personale. Una conferma in tal senso è arrivata in tempi recenti quando Tony Blair ha detto durante una conferenza stampa: “La nuda verità relativa alle politiche sui cambiamenti di clima è che nessun paese vuole sacrificare la propria economia per affrontare una sfida simile” (3).

Ancor più recentemente è stata evidenziata l’influenza corporativa sui governi quando il Primo Ministro Blair non è riuscito a muoversi abbastanza rapidamente da rispondere alle chiamate del gruppo degli industriali britannici, la Confederation of British Industry (CBI), per aprire un dibattito su un nuovo lotto di centrali nucleari. Poiché la Gran Bretagna si trova alle prese con un rapido declino della produzione di gas naturale, e con un inverno che promette di essere uno dei più freddi della storia più recente (6), la CBI ha espressamente richiesto cambiamenti nelle regolamentazioni ambientali del paese per permettere di utilizzare carburanti alternativi in caso di scarsità, anche se ciò implicherebbe un innalzamento dei livelli di inquinamento (4). Il direttore generale della CBI, Sir Digby Jones, ha affermato in un’intervista: “Sono contento che finalmente il governo abbia fatto qualcosa. Perché arrivare a cinque minuti dalla mezzanotte perché questo avvenga?” (7).

Mentre in apparenza il governo lascia il mercato a cavarsela da solo, e gli uomini d’affari a loro volta fanno pressione affinchè il governo intraprenda azioni concrete – ossia qualcosa di più che continuare i propri affari come al solito con un aumento della dipendenza da energia fossile – sembra che l’unica iniziativa sensata potrebbe essere quella proposta dagli attivisti grass roots. Davvero siamo lasciati a noi stessi? Dobbiamo aspettare la crisi prima che un numero sufficiente di persone chiedano che si faccia qualcosa di sensato? La gente comune come può convincere i propri governanti a implementare le politiche come quelle dell’Oil Depletion Protocol?

La Simultaneous Policy (SP) internazionale aspira a superare questa barriera rimuovendo la minaccia di “sacrificare l’economia”; anche i politici che firmano l’impegno SP sono concordi nell’implementare l’SP congiuntamente ad altri governi, dato che tutti – o quasi – gli Stati si sono accordati sulla stessa linea. I cittadini che sostengono l’SP si impegnano a incoraggiare il partito o il politico a firmare l’impegno SP oppure, se non hanno una preferenza di partito, a votare in futuro per un determinato politico o partito (nei limiti della ragionevolezza) che firma l’impegno SP. Questa procedura crea una situazione di rischio zero per i politici che dichiarano la loro intenzione a risolvere i problemi globali; non farlo può aumentare il rischio di perdere le elezioni.

Inoltre, il programma politico è curato dai cittadini, non dai politici o dai gruppi industriali. La proposta della politica attuale comprende misure con cui affrontare i cambiamenti climatici, la protezione dei diritti sull’acqua, il commercio equo e il debito del terzo mondo, le responsabilità delle multinazionali, l’abolizione delle armi di distruzione di massa e la riduzione degli arsenali convenzionali, e la riforma monetaria (8).

L’inchiesta della Gallup International “Voice of the people 2005” ha rivelato che quasi due terzi della popolazione mondiale ha la sensazione che il proprio paese non sia governato dalla volontà dei cittadini. Lo si può notare un po’ ovunque, considerando come un numero sempre maggiore di persone sta decidendo di non partecipare alle votazioni. Tuttavia, otto persone su dieci tra quelle intervistate credono ancora che, nonostante i suoi limiti, la democrazia sia senz’altro la migliore forma di governo (9). La SP dà a quella grande fetta di astenuti un motivo per tornare alle urne: il blocco che voterà la SP potrebbe diventare il fattore critico nel decidere i risultati delle elezioni.

Non solo le recenti elezioni in Gran Bretagna hanno dimostrato quanto significativo possa essere il “metodo” SP (dove un numero relativamente piccolo di persone sono state decisive per convincere i candidati a firmare l’impegno SP, con il risultato che la rappresentanza SP ha ottenuto nel Parlamento britannico 10 seggi trasversali a tutti i maggiori schieramenti politici (10)), ma la sua politica, ad ampio spettro, raggruppa una grande varietà di organizzazioni sociali e ambientali in tutto il mondo, e ha il potenziale per diventare un movimento di massa (11).

A prima vista potrebbe sembrare che sia necessario essere sotto elezioni per convincere i candidati a firmare l’impegno. Ma non è detto che sia così. La cosa più importante è avere un numero crescente di persone coinvolte: i politici verranno poi. L’unico costo è un po’ del vostro tempo. Se conoscete qualcuno che si preoccupa di come sta il mondo parlategli di SP, e ditegli di passare parola. Senza dimenticare che SP è naturalmente una strategia parallela e non un’alternativa per promuovere un’azione nel breve periodo. SP ha tuttavia il potenziale per promuovere le politiche di cui abbiamo bisogno, non solo quelle che tollerano i potenti interessi acquisiti.

Stiamo oltrepassando la soglia verso un’era senza precedenti nella storia dell’umanità e dobbiamo coordinare le azioni e i voti per rendere effettivo quel tipo di cambiamenti che vorremmo vedere nel mondo. Dopo tutto c’è già un senatore repubblicano in America che chiede un programma rivoluzionario per l’energia rinnovabile (12), non dovrebbero essercene di più?


Per maggiori informazioni e ricerche, e per diventare sostenitore, potete visitare il sito: www.simpol.org


Riferimenti


1 L’Oil Depletion Protocol come proposto dall’ for the Study of Peak Oil and Gas (ASPO), vedere:
www.peakoil.ie/protocol
The Oil Depletion Protocol as proposed by the Association for the Study of Peak Oil and Gas (ASPO), see:
www.peakoil.ie/protocol
2 Sebbene non sia sempre questo il caso, questa è la tipica risposta da parte di funzionari pubblici quando si chiede dello sfruttamento intensive del petrolio. Per capire perché questa soluzione non è ottimale vedere: Hirsch, R.L, Bezdek, R.H, Wendling, R.M. “Peaking of World Oil Production: Impacts, Mitigation and Risk Management.” United States Department of Energy (DOE) National Energy Technology Laboratory (NETL). February 2005.
www.netl.doe.gov/otiic/World_Oil_Issues/Oil_Peaking_NETL.pdf
3 BBC. “Blair makes climate summit call”. 1 November 2005.
news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/politics/4397930.stm
4 Confederation of British Industry (CBI). “Powering the future - Enabling the UK energy market to deliver”. 21st November 2005.
www.cbi.org.uk/pdf/energybriefnov05.pdf
5 Simon Freeman. “Blair says time has come to go nuclear.” The Times (UK). November 22, 2005.
www.timesonline.co.uk/article/0,,2-1883179,00.html
6 Per un’analisi sulla produzione del gas in GB e sul tema dell’inverno freddo vedere: www.vitaltrivia.co.uk
7 Larry Elliott and Mark Milner. “Labour 'has mortgaged Britain's future'”. The Guardian (UK). November 25th 2005.
business.guardian.co.uk/story/0,16781,1650354,00.html
8 Gallup International. “Voice of the People 2005. Trends in democracy. Global Summary.” 19th September 2005.
www.gallup-international.com
9 Versione completa della proposta della Simultaneous Policy su:
www.simpol.org/dossiers/dossier-UK/html-UK/policy_proposal-UK.html
10 John Bunzl. “The UK General Election 2005: A Proving Ground for SP’s Novel Voting Strategy.” The Simultaneous Policy News Summer 2005.
www.simpol.org.uk/pdfs/simpolsummer05.pdf
11 Denis Robb. “Simpol’s Appeal to the Broad Public.” The Simultaneous Policy News Autumn 2005.
www.simpol.org.uk/pdfs/simpolautumn05.pdf
12 Roscoe Bartlett. “Peak Oil resolution in U.S. House of Representatives.” October 24, 2005.
www.globalpublicmedia.com/articles/572

 

 

Fonte: http://www.countercurrents.org/pa-doutch070106.htm
Tradotto da Elena Mereghetti per Nuovi Mondi Media