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Continente saccheggiato

di Marina Forti - 16/06/2008

 

Per secoli, l'Africa è stata vista come un continente «selvaggio» e pieno di ricchezze (cioè, risorse naturali) tali da attirare appetiti incontenibili. Oggi quelle risorse naturali continuano ad attirare appetiti folli, ma altre immagini del continente emergono. Parliamo di immagini in senso proprio, fisiche: oltre 300 foto satellitari, scattate nell'arco di 36 anni su oltre un centinaio di ubicazioni su ogni singolo paese africano. Quelle foto sono ora raccolte in un atlante compilato dal Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente: Africa. Atlas of our Changing Environment. Messe insieme, compongono un quadro impressionante dei cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni.
Il metodo del «prima» e «dopo» è particolarmente efficace. Dalle foto del lago Ciad nel 1972 e poi nel 2007 è quasi scomparso il colore blu: quella che era una volta la seconda più grande area umida del continente, attorno a cui vivono 20 milioni di persone, oggi è ridotta al 5% della sua ampiezza. Analoga impressione per il monte Kilimanjaro, che ha perso il suo tetto di ghiacci eterni. E fin qui abbiamo citando casi noti. L'Atlante però presenta anche casi meno noti, o addirittura osservati in dettaglio per la prima volta. I ghiacciai del monti Rwenzori, in Uganda, si sono dimezzati tra il 1987 e il 2003 (come in tutto il mondo, il riscaldamento del clima minaccia i ghiacci eterni, mettendo in pericolo i bacini idrici a valle). Nel nord della Repubblica democratica del Congo sono comparsi ampi corridoi deforestati lungo le strade in espansione dal 1975: nuove strade in zone forestali permettono l'accesso a zone impervie accelerando il taglio illegale di legname e amplificando il traffico di bushmeat, carne di animali selvatici. Un'ampia porzione della foresta del South Malagasy, in Madagascar, è scomparsa tra il 1973 e il 2003 per l'avanzata di agricoltura e raccolta di legna da ardere. A nord di Città del Capo le coltivazioni e l'espansione urbana ha cancellato gran parte del fynbos, la macchia di vegetazione nativa unica della regione (circa 6.000 specie vegetali endemiche che non esistono altrove al mondo). Ancora: la perdita di alberi e arbusti del fragile ambiente di Jebel Marra, le colline del Sudan occidentale, dovuto in gran parte all'arrivo di profughi che fuggono la siccità e il conflitto nel vicino Darfur settentrionale.
Un elenco simile dice che le cause del degrado ambientale sono diverse e intrecciate. La deforestazione: l'Africa perde oltre 4 milioni di ettari di foresta ogni anno, il doppio della media globale, con conseguente grande perdita di biodiversità. La ricerca di nuove terre da coltivare è parte del problema; lo sfruttamento intensivo, inquinamento, erosione hanno degradato circa il 65% delle terre coltivabili del continente. Le risorse idriche: oltre 300 milioni di persone in Africa fanno fronte a scarsità d'acqua, e si prevede che nella regione sub-sahariana la penuria sarà più acuta. Si aggiunga l'espansione urbana e la crescita demografica. Poi l'effetto di conflitti armati e spostamento di masse di profughi. Infine, si consideri che «il cambiamento del clima è una forza trainante dietro a molti di questi problemi», avvertono i curatori dell'Atlante: e qui c'è un problema di giustizia globale, se si pensa che l'Africa produce appena il 4% delle emissioni globali di anidride carbonica, ma i suoi abitanti soffriranno in modo sproporzionato le conseguenze del riscaldamento del pianeta. Il continente così ricco di risorse naturali si rivela così fragile e vulnerabile.