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Se i comunisti ripartono da Luxuria

di Giovanni Petrosillo - 19/06/2008

 

 

Stendiamo un velo pietoso sull’analisi della sconfitta elettorale fatta dall’ex Presidente della Camera Fausto Bertinotti. Il testo integrale dello scritto del “Lider Minimo” sarà pubblicato dalla rivista “Alternative per il socialismo”, ma nel frattempo potete  leggerlo in anteprima qui: http://www.sinistrarcobaleno.it/.

Il nucleo attorno al quale ruotano le preoccupazioni dell’infausto comunistardo istituzionalizzato è quello dell’assenza dei comunisti dal dibattito parlamentare che favorirà una maggiore affermazione del pensiero unico ultraliberista, viaggiante a vele spiegate nelle teste bipartisan dei politici italiani.

Adesso che Bertinotti sente sotto il culo il gelo del marmo delle scale di Montecitorio scopre che destra e sinistra esprimono, sostanzialmente, le stesse tendenze politiche.

Ma il suo è solo un ragionamento ipocrita e volutamente indeterminato, avvolto in una pacatezza di circostanza, buona a prender tempo al cospetto di una marea di malcontento nel partito e nella base che minaccia di travolgerlo come un Tank.

In realtà, i suoi oppositori interni, anche’essi responsabili della deriva verticistica e burocratica dell’organizzazione, non hanno nessuna intenzione di cambiare la linea politica fallimentare concretatasi in quella creatura politicista e calata dall’alto chiamata sinistra arcobaleno, ma vogliono approfittare della situazione per sostituirsi al vecchio gruppo dirigente.

La prova sta nel fatto che si continua a stringere alleanze, in piena armonia, a livello territoriale, con quel Pd che li avrebbe traditi ma che pure non smettono di corteggiare per ragioni di mera sopravvivenza elettorale.

In due anni di governo Prodi l’accomandita rifondarola e i Bertinotti boys hanno tentato di far digerire alla “Classe” (questa parola ormai prosciugata di ogni significato storico, politico, sociale e teorico), tutte le istanze provenienti dai poteri forti (da quelle Fiat a quelle ancor più voraci dell’apparato banco-finanziario). Si è scambiata la lotta sociale con gli slogan vacui della più becera tradizione di sinistra: quella del pacifismo, della nonviolenza, dell’ambientalismo e, cosa ancora più scandalosa, dei diritti civili (forma ideologica imperante che distrae dalla vera resistenza alle classi dominanti). Infatti, il  partito, a dimostrazione della sua non volontà di rifondarsi seriamente (ammesso che ci sia ancora qualcosa da rifondare oltre al buon senso), riparte proprio da questi pretesti ideologici, mandando in avanscoperta il suo “uomo” migliore, Vladimir Luxuria. E quali sarebbero per costui i problemi dell’Italia? Naturalmente “l' aria xenofoba e omofoba che si respira ... In questo clima culturale clerico-governativo rischiamo un imbarbarimento incredibile”. L’unica barbarie che ci vediamo noi è quella di un gruppo politico, scandalosamente allo sbaraglio, che sta avvelenando quel poco che resta della dignità comunista.

Quel che emerge dalla loro autocritica è un turbinio astratto di vaneggiamenti ricadenti su altrettante circostanze aleatorie, improvvidamente definite “venti di destra”. E quando non si tratta di questo la colpa ricade sulla base elettorale che non avrebbe compreso in pieno il significato di una forza di sinistra che “lotta nel governo”.

Secondo la nostra “drag queen” i partiti comunisti hanno però la possibilità di tornare a marciare uniti, mano nella mano, come nel Quarto Stato. Oddio! Al posto dei diseredati dipinti da Pellizza da Volpedo, avremo un esercito di sciccosi voyer e bohemien in cashmere che sfilano come al gay pride. Sempre più in alto!