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Taci: ilnemico ti ascolta

di Gianluca Freda - 19/06/2008

Fonte: blogghete

 


“Soltanto l’ingiustizia può abolire l’ingiustizia
Non nessuna parola abilmente pronunciata”

(Giovanni Giudici, L’appello, da “O Beatrice”)

“Toh, è tornato Berlusconi al governo?”. Così un astronauta appena tornato da Marte, dopo esservi rimasto due anni ad istruirsi sulla lingua delle popolazioni locali, commenterebbe la lettura dei titoli dei giornali di questi giorni. Non avrebbe alcun bisogno di conoscere gli eventi politici ed elettorali degli ultimi mesi. Gli basterebbe dare un’occhiata superficiale ai soli titoli di prima pagina, che parlano di “legge salva-premier”, di “opposizione che lascia l’aula”, di “disappunto del Presidente della Repubblica” per capire che è tornato in città, tale e quale, il malinconico teatrino che ha accompagnato la vita del paese per tutto il quinquennio 2001-2006.

Il copione è lo stesso di sempre. Berlusconi va a Palazzo Chigi e, all’improvviso, si sente artefice delle gloriose sorti e progressive di questa repubblica di cialtroni. Vuole poter fare a modo suo. Ma si sente limitato. Non tanto dai manovratori finanziari internazionali (per lo più USraeliani) che decidono ogni aspetto della politica italiana in apposite, ristrettissime riunioni di vertice. Contro costoro Berlusconi non assume alcuna iniziativa, anzi si sdilinquisce in profondi inchini e zuccherosi salamelecchi. Sono loro i padroni d’Italia e Berlusconi, da buon maggiordomo italiano, sa bene che ai padroni bisogna sempre portare rispetto.

Ciò che gli fa rabbia e paura sono gli altri maggiordomi, quelli della coalizione rivale. I padroni trattano questi ultimi da interlocutori affidabili e privilegiati. Li invitano al Bilderberg. Donano loro posizioni di grande rilievo nelle istituzioni europee. Affidano a loro tutte le leggi e misure di polizia attraverso le quali ridurre l’Italia al silenzio e all’impotenza. Affidano a loro anche il compito di tenere sotto controllo il maggiordomo appena assunto (Berlusconi), che è sì marcio e corrotto fino al midollo (dunque ricattabile e manipolabile), ma anche troppo ricco e imprevedibile per essere considerato leale. Lui, poveraccio, si fa in quattro per guadagnarsi il plauso dei boss: accetta nella sua coalizione giudei sanguinari ed esaltati come Fiamma Nirestein, impone ai suoi organi mediatici una linea rigorosamente filoisraeliana, nomina il sionofilo Franco Frattini agli affari esteri, militarizza le città, favorisce ed esalta la corruzione politica, offre agli imprenditori mafiosi e collusi inceneritori e discariche senza controlli su un piatto d’argento. Ma niente da fare, i boss continuano a preferire i maggiordomi “rossi”, servi di provata e antica fedeltà al Nuovo Ordine prossimo venturo. Allora Berlusconi – seguendo un copione consolidato – perde le staffe. Ah, non mi apprezzate? Volete fottermi? E io mi faccio una legge per sottrarmi al ricatto dei vostri camerieri! Vediamo chi la vince, vediamo!

Nascono così le leggi Gasparri, Cirami e Pittelli, i lodi Schifani, le leggi salva-Previti e salva-Dell’Utri, che tengono il povero cristo impegnato l’intera legislatura a lottare contro i suoi sorveglianti. Le gloriose sorti e progressive sono dimenticate. L’azione di governo si trasforma in una disperata e infinita partita a scacchi per sfuggire all’accerchiamento. Nella sua inenarrabile avidità e stupidità, l’uomo permette al suo stesso putridume morale di tenerlo inchiodato nell’angolo, affannato a difendere un impero mediatico tanto osceno quanto obsoleto, che – con lo sviluppo di internet – sarà pronto per il museo tra qualche anno. Così la corruzione degli uomini si trasforma nella loro catena e la storia dei duci italiani è anche la storia – e la condanna - di ogni italiano.

E’ questo l’oscuro potere dell’apparato capitalista: il potere di mutare ogni sogno di gloria, per quanto perseguito con fatica, in un’arma perennemente puntata alla tua testa. Scriveva Franco Fortini: “Oppressori e sfruttatori (in occidente, quasi tutti; differenziati solo dal grado di potere che ne deriviamo), con la non-libertà di altri uomini si pagano l’illusione di poter scegliere e regolare la propria individuale esistenza”. Berlusconi credeva di poter regolare le sorti del paese modellandole a sua immagine e somiglianza. Invece non farà altro che lottare, per altri cinque anni e probabilmente fino al termine dei suoi giorni, per salvare la sua “roba” dalle trappole orchestrate dai suoi padroni per tenerlo in riga.

Questo spettacolo, piuttosto desolante, è spesso vivacizzato dall’entrata in palcoscenico di alcune comparse che tengono sveglio il pubblico con esibizioni ludiche di olimpionica faccia tosta. Ne è un esempio l’articolo di Giuseppe D’Avanzo, pubblicato oggi su Repubblica, che lancia acuti guaiti e latrati di disperazione contro l’attacco alla democrazia (non ci metto più neanche le virgolette, trattandosi di un sistema che mi dà ormai i rovesci di stomaco al solo sentirne il nome) rappresentato dalla legge sulle intercettazioni, attualmente in discussione in Parlamento. D’Avanzo, noto pasdaran dei maggiordomi di prima fascia, scrive:

“”Una rassicurante frustrazione" è la passione dominante in Italia, sostiene Giorgio Agamben. E’ il sentimento che prova chi è stato espropriato delle sue capacità espressive, è l'impulso di chi, "senza avere nulla per tirarsene fuori", si consegna a un silenzio dinanzi all'"intollerabile". E’ insostenibile in Italia lo stordito consenso a questa riduzione al silenzio, la quieta accettazione del vuoto di parole di un intero popolo di fronte al proprio destino.

Non c'è dubbio che contribuiscano a questo sentimento il disincanto delle élites, la debolezza dell'opposizione politica, il rumore dei media, la narcosi di un corpo sociale frastornato da una comunicazione nebbiosa, truccata, prepotente. Per l'ultima prova di forza di Berlusconi - un déjà vu - non accade nulla di diverso.”

Ma senti senti da che pulpito viene la predica sulla “riduzione al silenzio”. D’Avanzo è l’articolista di punta di un giornale che si è sempre distinto per la censura di tutte le notizie di un qualche interesse collettivo e politico. Ha zittito con risate di scherno il lavoro compiuto, spesso a rischio della carriera o della pelle, dai ricercatori della verità sull’11 settembre, quelli che D’Avanzo chiama con disprezzo “complottisti”. Ha messo la museruola alle ricerche sui brogli elettorali italiani del 2006 e a quelli americani del 2004. Incita senza sosta al linciaggio contro i “negazionisti” e un anno fa fu tra i principali apologeti dell’assalto a Robert Faurisson alla conferenza di Teramo. Chiama “antisemita” chiunque provi a denunciare la ferocia di Israele e il suo influsso malefico sull’economia e la politica degli stati europei. Se non trova “antisemiti” in giro contro cui aizzare i cani, se ne inventa qualcuno dal nulla, come accadde qualche mese all’autore del blog che Repubblica trasformò, con argomenti falsi e vergognosi, in un mostro da sbattere in prima pagina. Ha zittito ogni voce sull’esistenza del Trattato di Lisbona, evitando accuratamente di informare i suoi lettori su un provvedimento truffaldino che avrà effetti devastanti sulle loro vite. Ha taciuto sulle clamorose proteste (potete vederne una nel filmato qui sotto) avvenute all’interno dello stesso Parlamento Europeo all’atto di ratifica del trattato. Oggi tace sulla presa di posizione del presidente ceco Vaclav Klaus, che sul referendum irlandese ha detto: «I risultati sono, voglio sperare, un messaggio chiaro per tutti. E’ una vittoria della libertà e della ragione su progetti elitari artificiali e sulla burocrazia europea. Il progetto di trattato di Lisbona è finito oggi, con la decisione degli elettori irlandesi, e la sua ratifica non può continuare». Gli argomenti più gettonati su Repubblica sono: il terrorismo (dove sarà Osama?), l’antisemitismo (che brutto, che brutto!), il calcio (alèèè, l’Itaglia ha battuto la Spagnaaa...o era il Lussemburgo, boh...), il gossip (sapevate che il tenente Sulu di Star Trek è gay e sta per sposarsi?) e ovviamente la malvagità di Berlusconi.


Ora, vorrei dirlo con la massima serenità intellettuale: Berlusconi non è malvagio. Non più della media, almeno. E’ solo un italiano corrotto, corruttore, evasore, dedito alla piaggeria verso i potenti e all’abuso del potere che gli è stato conferito anziché al suo esercizio a vantaggio della collettività. Un italiano normale. Non diverso, in questo, dalla stragrande maggioranza degli italiani. Non diverso dai giornalisti di Repubblica, che utilizzano il loro potere nell’informazione per mettere a tacere le notizie sul Trattato di Lisbona e linciare gli irlandesi che lo hanno respinto, propinando però ai lettori corposi reportage sulle nozze Briatore-Gregoraci (io non ho ancora capito chi cacchio siano questi due, sarà che non leggo abbastanza Repubblica).

Berlusconi è solo un italiano come tanti. Uno dei tanti italiani che in un paese “normale” (usiamo questo termine per indicare una moralità pubblica di livello tollerabile) marcirebbe da tempo in un braccio di Regina Coeli, accanto alle celle di Prodi e Veltroni, di fronte a quelle di D’Avanzo e Scalfari. E in un paese “civile” (uso questo termine per definire una moralità pubblica di livello medio-alto, come ad esempio quella dell’Iran) finirebbe sforacchiato da un plotone d’esecuzione con l’accusa di Alto Tradimento, insieme ai compagni suddetti; per la gioia dei bambini, per i quali l’esecuzione di questi indegni figuri, opportunamente allestita nelle aree ricreative degli istituti scolastici o nei parchi-giochi durante le feste di compleanno, rappresenterebbe un’esperienza di alto valore educativo e formativo. Berlusconi pensa come l’italiano medio, è ignorante come l’italiano medio, corrotto e donnaiolo come l’italiano medio, considera il “posto” un privilegio personale e non un pubblico ufficio come l’italiano medio. L’italiano medio non è affatto stato “zittito” come guaisce D’Avanzo. E’ vivo e loquace, sta con Berlusconi e lotta insieme a lui. D’Avanzo compreso.

Non è vero che, sul problema delle intercettazioni, gli italiani siano “ridotti ad uno stordito silenzio”. Basta sentire come latra D’Avanzo, articolista di un giornale che senza le intercettazioni non disporrebbe più del potere vicario di controllo sulla politica e di ricatto verso i comuni cittadini. Ricordate le “inchieste sui pedofili” (citate dallo stesso D’Avanzo nel prosieguo dell’articolo) che erano servite a Repubblica per infamare persone del tutto innocenti e diffondere nell’opinione pubblica paura e psicosi?

Basta ascoltare le tardive e isteriche sceneggiate dei compagni di merende del PD (Veltroni e Napolitano in primis) che fino a ieri celebravano – col sostegno della stampa – la gloria imperitura delle larghe intese e oggi tremano alla prospettiva di perdere il loro potere di ricatto sull’avversario. Non tace neppure la maggioranza degli italiani, che applaude e approva il provvedimento berlusconiano.

Non taccio neppure io, che provo schifo, fino ai conati, per un presidente del consiglio che si fa leggi su misura per sfuggire alla meritata galera. Ma il fatto è che le intercettazioni, in Italia, non servono affatto a mettere in galera i corrotti. Se così fosse, sarebbero da difendere a costo della vita. Invece nessun potente è mai finito in gattabuia in virtù di un processo, quali che siano le prove raccolte a suo carico e comunque siano state raccolte. Le intercettazioni, in questo paese, sono, nella migliore delle ipotesi, solo uno strumento di ricatto verso quei politici-maggiordomi che rifiutino di conformarsi alle direttive dell’elite bancaria e finanziaria che sta riprogettando il mondo a tavolino. Tu sgarri o pretendi troppa autonomia, e il giorno dopo la tua conversazione telefonica con l’amante o con il commercialista compare in prima pagina su Repubblica, con l’indignato commento di D’Avanzo. Nella peggiore delle ipotesi, le intercettazioni servono a diffondere nell’opinione pubblica la paura dell’inesistente (i pedofili) o a infamare le vittime di qualche strage di stato (ricordate le telefonate dei genitori di Carlo Giuliani pubblicate da Libero in occasione dell’apertura del processo ai massacratori della Diaz?).

Le intercettazioni servono a ricattare – con la complicità della stampa di regime – quei politici disobbedienti all’elite e “deboli” (nel senso che non sono tutelati direttamente dai loro burattinai e devono proteggersi coi loro mezzi, come il nano nazionale). Servono a rimettere in riga, a spegnere ogni pericolosa istanza critica verso il progetto elaborato dai nuovi padroni del mondo usraeliani. I politici “forti” (cioè i maggiordomi di prima fascia, come gli uomini del PD) non temono le intercettazioni. I loro accusatori, per quanto corpose siano le loro indagini preliminari e le intercettazioni su cui sono fondate, vengono zittiti con la rapidità del lampo. Non c’è bisogno di leggi ad personam. Il magistrato che indaga sui favoriti dell’elite occulta si vedrà sottrarre l’inchiesta con i pretesti più assurdi. Verrà attaccato e disonorato dalla stampa. Riceverà telefonate ed e-mail di minaccia contro familiari e parenti. I suoi beni immobiliari verranno dati alle fiamme, i suoi genitori moriranno in un misterioso “incidente”, stampa e TV lo chiameranno “esaltato”, infine verrà trasferito dal CSM per incompatibilità. Clementina Forleo e Luigi De Magistris dovrebbero saperne qualcosa. I potenti, quelli forniti di protezioni di alto livello, dormono comunque tra due guanciali, con o senza telefoni sotto controllo. E’ la piccola malavita, di cui Berlusconi è il simbolo nazionale, che si preoccupa. E reagisce come può, credendo – beata ignoranza – che il problema si possa risolvere prendendo in ostaggio il Parlamento e pretendendo, in cambio del suo rilascio, un certificato di eterna impunità. Ovviamente non funzionerà. I processi contro Berlusconi continueranno a proliferare e altre legislature andranno perdute nel tentativo di sottrarsi alle (giuste) condanne. Berlusconi dovrà rassegnarsi ad essere un maggiordomo di serie B e ad ubbidire non solo ai padroni di casa, ma anche ai maggiordomi delegati. Certo, potrebbe semplificarsi la vita diventando onesto. Sospendere gli intrallazzi, rinunciare a pagare giudici in cambio di sentenze favorevoli, smettere di nominare presidenti della RAI in cambio della fornitura vitalizia di puttane aspiranti alla gloria catodica. Sarebbe la soluzione più semplice: combattere l’immoralità altrui con la propria moralità personale anziché con un’immoralità di pari livello. Ma sarebbe umiliante per un Duce che aspiri ad essere amato dal popolo. Così poco italiano.