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La società divisa per «target»

di Rossana Sisti - 27/06/2008


 S
e, piuttosto che filosofo, Platone fos­se stato un uomo di marketing il mi­to della caverna avrebbe aperto ben altri scenari. Con la loro parete di fondo a­dibita a megaschermo delle ombre, quegli individui prigionieri a vita sarebbero di­ventati un target molto interessante. Una fetta di mercato da coltivare, dove piazza­re decoder, riscuotere un canone, rilevare dati auditel, collocare prodotti che otti­mizzano la vita al buio. E chissà, forse un partito, un sindacato o un’associazione di consumatori avrebbero riunito quei fana­tici delle ombre sotto le proprie bandiere teorizzando valori e diritti su misura. In versione aggiornata e ironica il mito pla­tonico ci dice che un posto nel target non si nega a nessuno. Chiunque oggi volesse far partire una rivista, una collana di libri, una trasmissione tv o radiofonica e pen­sasse a un pubblico indistinto, immagi­nando di allargare la base d’interesse e proponendo addirittura quell’iniziativa culturale come un ponte tra persone e sensibilità diverse, non troverebbe spazi d’impresa né sponsor, insomma nessuno disposto a rischiare. L’illuso dovrebbe pre­ventivamente trovarsi un target. Perché senza, dice il marketing, non si va lonta­no. Individuato un target, l’azienda lavora per offrire ai suoi consumatori prodotti e servizi conformi. Non tanto ciò che desi­derano ma ciò che sono. Logico che il marketing d’impresa lavori perché la loro personalità non si evolva, perché ciascu­no resti quel che è. Nel mercato e anche oltre. Notaio di professione, giornalista e polemista per passione, direttore del mensile Giudizio Universale, Remo Bas­setti è autore di un saggio intitolato Con­tro il target (Bollati Boringhieri; pagg.126, 12 euro) in cui affronta la detargettizza­zione del mondo. Un problema che ci toc­ca da vicino e non solo perché tutti fre­quentiamo negozi e supermercati, tutti siamo bombardati da pubblicità e offerte speciali. «Il fatto è - spiega Bassetti - che la logica del target ha travalicato i confini del marketing d’impresa e ha abbracciato tut­ti gli altri campi: la politica, l’informazio­ne, persino la cultura. Succede in politica dove – continua – al tradizionale compito di orientare la comprensione della realtà, è subentrato quello di comprendere l’o­rientamento, tastare gli umori delle perso­ne per farne l’indirizzo della propria poli­tica. Succede nell’informazione dove i principali quotidiani si sono costruiti un pubblico su misura che riconfermano continuamente nelle opinioni che già possiede. Ma il risultato è sconfortante.
  Non solo oggi nessun giornale sposta più un solo voto ma ciascuno legge e apprez-
za quel che vuole sentirsi dire. Cioè quello completamente in linea con il gruppo o il club cui appartiene. Nel breve periodo ap­parentemente gli utili d’impresa ci sono ma dal punto di vista sociale l’effetto è de­leterio. È la creazione di mondi separati non più comunicanti, di segmenti distinti di mercato, l’annullamento delle persona­­lità, la fine del dibattito politico, la fine dell’opinione pubblica». Che si chiami tutto ciò massificazione, omologazione o pensiero unico la sostanza è che l’unica i­dentità che il target ci lascia è quella del consumatore. «Sia che si tratti di vendere un panino, un’automobile, un giornale, un partito o una performance artistica, continua Bassetti, il venditore ci racconta una storia che conferma la visione del mondo che già possediamo, altrimenti, lo dice il marketing, quella storia non sareb­be condivisa. Ai gruppi di pressione, che difendono interessi convergenti e contin­genti e che riescono a incidere per tempi e spazi limitati - continua Bassetti - e ai gruppi d’opinione, quelli che hanno una sempre minore capacità di mobilitazione, si sono affiancati i gruppi d’impressione, formati da individui con uguali stili di vi­ta, suggestionabili e conservatori, che a­mano rimanere uguali a se stessi. Sono lo­ro a determinare ciò che le aziende, i par­titi e tutta l’industria culturale propongo­no ai rispettivi mercati». Gli scenari sono inquietanti ma è vero che per non rassegnarsi a una prevedibilità ordinata - suggerisce in sostanza Remo Bassetti bisogna trovare spazi di non o­mologazione, ripristinando confronti e convergenze tra persone diverse, dando spazio all’imprevedibilità del comporta­mento umano. Provare a essere una voce fuori dal coro. «Quel che sta facendo la Chiesa, a cui va riconosciuto il pregio di non farsi dettare l’agenda da nessuno. La Chiesa - spiega Bassetti - agisce fuori della logica di marketing, non si occupa di compiacere ai fedeli eppure raccoglie consensi, perché ha una sua audience consolidata e perché è rimasta l’unica a far leva su forme di aggregazione delle persone totalmente lontane da una visio­ne economicista». Sicuramente per sot­trarsi al dominio del target e riappropriar­si di una identità non appiattita sul con­sumo bisogna impegnarsi e non poco ma ci si può riuscire. Scompaginare quel che sembra immutabile, scardinare l’omolo­gazione, rafforzare il contraddittorio non sono operazioni completamente insor­montabili per il singolo. Bassetti, cui le metafore piacciono, indica a sorpresa due strategie di organizzazione sociale che ci allontanano dal potere del target: il link e la metropolitana. «Il primo ci permette di allontanarci, attraverso ramificazioni in­governabili dal sito originario e dalla sua influenza, la seconda apparentemente co­stituita di stratificazioni inconciliabili of­fre punti comunicanti e di interscambio.
  Bisognerebbe linkizzare e metropolitaniz­zare la nostra vita - conclude Bassetti - per spezzare l’incomunicabilità, confondersi, incrociarsi, mischiarsi; per disegnare un nuovo stato sociale in cui nulla è dato per scontato, nessuno sta in una posizione prevista e precostituita, tutti apprezzano le differenze e lo scambio». Con i tempi che corrono una bella sfida.