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Cento milioni alla loro salute: lo scandalo abruzzese

di Primo di Nicola - 14/07/2008

Sanità, arrestato Del Turco In manette anche assessori
 

Il presidente della Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco (Pd), che guida una giunta di centrosinistra, è stato arrestato questa mattina dalla Guardia di finanza nell'ambito di un'inchiesta sulla sanità condotta dalla Procura della Repubblica di Pescara. Per lo storico ex sindacalista della Cgil, i reati ipotizzati sono associazione a delinquere, truffa, corruzione e concussione per gestione privata nella sanità.

Il provvedimento di custodia cautelare ha riguardato anche altri assessori regionali e funzionari dell'ente: l'assessore alla Sanità, Bernardo Mazzotta, il segretario generale della presidenza, Lamberto Quarta, l'assessore Antonio Boschetti, l'ex assessore alla Sanità del centrodestra Vito Domenici e l'ex presidente della finanziaria regionale Giancarlo Masciarelli.

Le somme della presunta concussione e corruzione arriverebbero a cinque milioni e ottocentomila euro per Del Turco, Cesarone e Quarta. Secondo l'accusa vi sarebbero stati movimenti di denaro per circa 14 milioni di euro, di cui 12,8 già consegnati. L'Abruzzo è una delle regioni italiane con il più alto debito nella sanità.

L'inchiesta riguarda la vicenda della cartolarizzazione di un miliardo di euro della sanità abruzzese. Gli arresti giungono a conclusione delle indagini sulle cartolarizzazioni dei crediti vantati dalle case di cura private nei confronti delle Asl regionali. A tirare in ballo il governatore e gli altri arrestati sarebbe stato Vincenzo Angelici, un imprenditore del settore della sanità che possiede diverse cliniche nella Regione.

Oltre al Del Turco, sono in carcere Lamberto Quarta, Antonio Boschetti, Gianluca Zelli, Camillo Cesarone, Luigi Conga. Agli arresti domiciliari invece si trovano Masciarelli, Vito Domenici, Bernardo Mazzocca, Angelo Bucciarelli. A Francesco Di Stanislao è stata applicata la misura del divieto di dimora a Pescara. Nel complesso, sono 35 le persone sottoposte ad indagine.

Durante gli arresti, eseguiti nella notte, è stata anche perquisita la casa del governatore. E oggi perquisizioni della Guardia di Finanza anche nella sede romana della Regione Abruzzo. In caso di arresto del presidente di una Regione, la legge prevede la sospensione dalla carica per tutto il tempo della misura cautelativa. Ma un eventuale commissariamento di Del Turco deve essere deciso dal Consiglio dei ministri su proposta dei ministeri degli Affari regionali e dell'Interno.

L'inchiesta sarebbe la seconda parte di quella avviata due anni fa sui debiti della sanità abruzzese, per la quale già in passato era finito in carcere Masciarelli, ritenuto il creatore di un sistema per il pagamento di tangenti.

L'inchiesta partì in gennaio. Per la procura di Pescara, la giunta abruzzese, con una delibera del gennaio scorso, ha liquidato (attraverso una banca internazionale) ad una clinica privata un ricco rimborso per prestazioni sanitarie non dovute. Secondo i magistrati che avevano indagato il presidente della Regione e i componenti dell'esecutivo, quella richiesta era illegittima.

A dimostrarlo, secondo l'accusa, alcune lettere del direttore generale della Asl di Chieti Mario Maresca, e la ferma opposizione del direttore generale della Asl di Pescara, Antonio Balestrino. I due manager avevano comunicato all'ente il loro dissenso su quella liquidazione d' oro.

Ai tempi dell'inchiesta, il governatore aveva detto: "Tutto si chiarirà in brevissimo tempo, credo che non ci sia molto da dire, si tratta di una delibera che abbiamo verificato con grande cautela e attenzione e nel pieno rispetto delle norme".

Al momento, le inchieste sui rimborsi d' oro della sanità abruzzese, sono quattro e tutte avviate dalla procura di Pescara, guidata dal magistrato Nicola Trifuoggi (il giudice che nel 1984 spense le tv di Berlusconi).

una inchiesta dell'Espresso del 2007 il fiume di denaro alle cliniche private

Sprechi d'Italia, scandalo Abruzzo Cento milioni alla loro salute

OLTRE il buco anche la beffa. Perché in Abruzzo il tentativo di mettere ordine alla voragine nelle spese della sanità si è trasformato in una gigantesca truffa contabile a vantaggio dei baroni delle cliniche private. Secondo gli investigatori, i soliti noti delle case di cura convenzionate sono riusciti a mettere le mani su un tesoretto da 100 milioni di euro. Soldi prelevati dalle casse della regione con una facilità tanto impressionante quanto sospetta: è bastato presentare un'autocertificazione per ottenere fiumi di denaro. Una pacchia ai danni del contribuente, benedetta dalla vecchia giunta regionale di centrodestra e proseguita con modalità diverse anche con quella di centrosinistra.

Adesso forse la festa sta finendo. Le Fiamme gialle, la Corte dei conti e la Procura della Repubblica di Pescara si sono calate nel baratro della sanità pubblica abruzzese, che fino al 2005 aveva accumulato debiti per 682 milioni di euro, cercando di capire quanto del denaro era stato realmente speso e quanto invece si era perso nei meandri del malaffare. Il risultato è choccante: ben 100 milioni di euro, 200 miliardi delle vecchie lire, sarebbero stati indebitamente riconosciuti ai titolari delle cliniche. Oltre 100 milioni che potrebbero venire richiesti a tutti i responsabili della giunta protagonista dello scandalo.

Al centro dell'intrigo c'è un meccanismo molto di moda nella finanza pubblica degli scorsi anni: la cartolarizzazione, ovvero la vendita di beni (crediti, immobili) pubblici. In Abruzzo si è pensato di applicarla alla sanità, con un progetto che avrebbe dovuto farescuola nell'Italia delle regioni sprecone. Invece, secondo gli inquirenti, l'operazione si sarebbe trasformata in un capolavoro del malaffare.

La brutta storia inizia nel 2004 quando l'allora governatore Giovanni Pace (An) decide di ripianare i debiti sanitari: tutti soldi che le Asl dovevano pagare alle cliniche private. Si stabilisce di cartolarizzare i crediti: la Finanziaria regionale(Fira) li acquista dai privati e li gira a una società veicolo (Cartesio srl); questa emette obbligazioni con i cui proventi la Fira paga i privati; la Regione rimborsa i titoli previo accordo con le Asl che devono riconoscere i crediti dichiarati dai privati.


Così parte la cartolarizzazione: una prima tranche per 336 milioni conclusa da Pace nel 2004; un'altra da 346 milioni portata invece a termine dal successore Ottaviano Del Turco. È proprio sulla cartolarizzazione di Pace che la Guardia di finanza ha scavato a fondo. Secondo le Fiamme gialle l'operazione parte male sin dall'inizio, quando si tratta di individuare i crediti dei privati. Accanto a quelli vantati per prestazioni regolarmente fatturate e contabilizzate (credito performing) vengono infatti inseriti anche i crediti presunti (non performing). Ossia i crediti che i titolari delle cliniche potrebbero vantare in futuro per il periodo 1995-2001.

È chiaro che si tratta di crediti non esigibili. Ma l'allora assessore alla Sanità Vito Domenici (Fi) nell'aprile 2004 va anche oltre: convoca i rappresentati delle case di cura invitandoli a formulare, addirittura "sotto forma di autocertificazione", le loro pretese per quei sei anni. Una manna per i padroni delle cliniche che presentano conti salati quanto evanescenti: chiedono 39 milioni alla Asl di Chieti, 38 a quella di Pescara, 23 a quella di Avezzano-Sulmona.

In totale fanno quasi 100 milioni di euro nella ripartizione dei quali fa la parte del leone Vincenzo Maria Angelini, finanziatoredi Forza Italia. Il primo aspetto singolare della vicenda, spiegano le Fiamme gialle, è che mentre l'assessore chiede alle case di cura l'autocertificazione dei crediti, si guarda bene dal controllare lafondatezza di quelle richieste. Sì, nessuno verifica se i pretendenti avevano diritto o meno ai rimborsi milionari: non lo fa l'assessorato, non lo fanno nemmeno le Asl. È solo la Guardia difinanza a studiare le autocertificazioni. Gli investigatori scoprono che le somme invocate dai privati riguardano cure e ricoveri "in quantità eccedente il budget annualmente fissato dalla Regione": cifre difficilmente esigibili in base ai regolamenti.

Inoltre queste autocertificazioni sono connotate da "una manifesta carenza documentale" e in molti casi le prestazioni sanitarie relative non sono state nemmeno fatturate. Rimborsi per il nero? Non solo: per molti di questi crediti le case di cura non hanno avviato un contenzioso giudiziario, segno che non ritenevano di potere ricevere quei soldi. Insomma, un regalo.

L'espresso ha visionato il rapporto della Guardia di finanza sulla Sanitopoli abruzzese: un'inchiesta condotta dal colonnello Patrizio Vezzoli e che è alla base delle indagini portate avanti su due fronti dalla Corte dei conti dell'Aquila, dal procuratore della Repubblica di Pescara Nicola Trifuoggi e dal suo sostituto Giuseppe Bellelli.

I reati ipotizzati sono truffa, falso, estorsione, corruzione, associazione a delinquere. Pesa soprattutto il conto dei danni per l'erario, quei 100 milioni che potrebbero venire richiesti ai responsabili dell'operazione. Chi deve risponderne? Si tratta della giunta di centrodestra che fino all'aprile del 2005 ha amministrato l'Abruzzo: con il governatore Pace, gli assessori Mario Amicone, Alfredo Castiglione, Giorgio De Matteis, Massimo Desiati, Donato Di Fonzo, Vito Domenici, Leo Orsini, Antonio Prospero, Bruno Sabatini, Francesco Sciarretta. Ma sotto accusa sono finiti anche tre direttori generali di altrettante Asl e l'intero consiglio d'amministrazionedella Fira con in testa l'ad Giancarlo Masciarelli, già finito incarcere per associazione a delinquere e truffa per i finanziamenti erogati a società fantasma.

La giunta e la Fira avevano basato la cartolarizzazione sul parere dello studio legale Anello & partners di Roma: i crediti autocertificati dei privati andavano pagati in previsione della "possibilità di soccombenza della Regione e delle Asl nei giudizi pendenti e in quelli potenzialmente instaurabili" dalle cliniche. Sulla base di questo parere, la Fira ha proposto ai privati di acquistare i crediti autocertificati, pagando il 65 per cento della somma richiesta.

Nella giunta tutti si dichiarano soddisfatti del marchingegno messo in piedi da Masciarelli: l'assessore Domenici plaude "alla bontà economico-finanziaria dell'operazione". Una decisione stroncata invece dagli inquirenti: "Non si comprende", annota la Finanza, "in base a quale criterio sia stato offerto un importo pari al 65 per cento di pretese semplicemente non documentate". Le conclusioni dello studio Anello sono per le Fiamme gialle "alquanto discutibili". I finanzieri hanno rilevato anche altre anomalie, tali da sollevare "seri dubbi sulla liceità dell'operazione".

E non basta. Con una delibera la giunta ha imposto un diktat ai vertici delle Asl: pagate ai privati la cifra stabilita entro tre giorni, pena la decadenza dell'incarico. Per la Finanza imporre il pagamento "di presunti debiti non riscontrati e non contabilizzati" rappresenta una condotta grave che, oltre a determinare un danno erariale configura anche i reati di abuso d'ufficio ed estorsione nei confronti dei direttori delle Asl. Per i quali la beffa è doppia: sono formalmente colpevoli dello sperpero perché neanche l'estorsione subita li solleva dalla responsabilità per il "regalo"alle cliniche.