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Meno treni più gomma

di Marco Cedolin - 23/07/2008

 

 

Meno treni, più gomma, potrebbe sembrare uno slogan privo di senso in completa antitesi con le indicazioni contenute nel libro bianco del 2001 e in tutte le direttive UE in tema di trasporti che ritengono indispensabile realizzare al più presto la redistribuzione modale del traffico, spostandolo progressivamente dalla gomma alla rotaia al fine di ridurre i consumi energetici e gli impatti ambientali derivanti dalla movimentazione delle merci.

Invece è esattamente quello che le Ferrovie di Stato stanno facendo in Sardegna, dove dal 24 luglio verrà soppresso il servizio di trasporto merci (treno più nave) da e per l’isola, consegnando di fatto l’intero traffico merci nelle mani delle ditte di autotrasporto privato, fra le quali spicca la società Nieddu s.p.a. capofila nella movimentazione delle merci e già proprietaria di una piccola flotta, che beneficerà perfino dei contributi regionali per trasportare sui TIR quello che fino ad oggi è stato movimentato tramite ferrovia.

 

Il progressivo disimpegno delle Ferrovie per quanto riguarda il trasporto merci in Sardegna, culminato con la totale rinuncia a portare avanti un servizio esistente dal 1961, ha origini lontane se pensiamo che negli anni 90 ben 6 navi erano impegnate per garantire il collegamento fra Golfo Aranci e Civitavecchia, ma le imbarcazioni una volta dismesse non sono mai state sostituite e dal 2003 al trasporto merci è stata dedicata la sola nave Garibaldi. In funzione di ciò il volume del traffico marittimo – ferroviario, arrivato nel corso degli anni 90 a raggiungere i 3 milioni di tonnellate/anno è progressivamente sceso raggiungendo le 600.000 tonnellate nel 2004, per ridimensionarsi ulteriormente negli anni seguenti.

 

La completa eutanasia del trasporto merci in Sardegna che comprometterà il futuro di oltre 300 lavoratori, rischiando di portare al fallimento anche alcune aziende private che operano nell’indotto, appare ancora più assurda se letta alla luce dei proclami delle FS che da anni stanno tentando di giustificare gli investimenti miliardari nelle infrastrutture per l’alta velocità con il nobile proposito di indurre un improbabile riequilibrio modale che sposti il traffico merci dalla gomma alla rotaia.

Sui nuovi binari del TAV, pagati da tutti i contribuenti italiani che saranno chiamati a rifondere un debito di 90 miliardi di euro, i treni merci non correranno mai, in quanto un’infrastruttura progettata per leggeri treni superveloci non è in grado di ospitare enormi e pesantissimi convogli merci, se non al prezzo di pregiudicare lo stato dell’infrastruttura stessa. Ma dove, come in Sardegna, le merci già correvano su rotaia da oltre 40 anni le FS hanno deciso che può bastare così e la redistribuzione modale verrà praticata all’incontrario, riportando sugli autoarticolati quella merce che da decenni trasportavano le ferrovie.

Un cortocircuito logico assolutamente privo di senso ed estremamente indicativo della cattiva fede che anima la classe dirigente del Paese, impegnata esclusivamente nel difendere a oltranza gli interessi dei grandi gruppi di potere, senza preoccuparsi di cadere continuamente in contraddizione.

Un cortocircuito logico contro il quale questa mattina, presso lo scalo merci di Cagliari, si è svolta una manifestazione di protesta tanto civile quanto partecipata per chiedere a gran voce che non venga “staccata la spina” al trasporto merci ferroviario nell’isola.

 

Per chiunque desideri approfondire la questione consiglio la lettura dell’ottimo blog “Ferrovie in Sardegna”

http://merciinsardegna.blogspot.com/

curato da Antonio Costa e dedicato esclusivamente all’argomento.