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Il piano della lobby degli inceneritori

di Guido Viale - 18/08/2008


 

"Durante la campagna elettorale dell'aprile scorso, diversi partiti politici
hanno sostenuto la necessita' e l'utilita' della termovalorizzazione dei
rifiuti urbani quale strumento decisivo, assieme alla raccolta
differenziata, per superare le emergenze ambientali attuali e quelle
future". Cosi' comincia un documento dal titolo eloquente di Proposta per un
Piano nazionale dei termovalorizzatori dei rifiuti urbani (Pnt) diffuso
dall'Anida (ufficialmente Associazione nazionale imprese difesa ambiente, in
realta' il club degli inceneritoristi italiani), che propone di ricoprire il
suolo patrio di nuovi inceneritori di rifiuti urbani e assimilati: per
l'esattezza, 100 impianti da 170.000 tonnellate all'anno ciascuno, per
soddisfare il fabbisogno del paese. In subordine, solo 80, oppure, tanto per
cominciare, 35 da 250.000 tonnellate all'anno nel periodo 2008-2015 e 15
(totale 50) entro il 2020. Ovviamente, per bruciare rifiuto senza quel
trattamento preliminare - prescritto dall'Ue - che estrae dalla frazione
indifferenziata solo la parte combustibile non altrimenti recuperabile, il
cosiddetto Cdr (combustibile derivato dai rifiuti); trattamento che l'Anida
considera un costo superfluo, dato che gli inceneritori possono bruciare
tutto. Con il prezzo attuale del petrolio, il Cdr e' diventato conveniente
per impianti di altro tipo (cementifici, altoforni, fornaci, centrali
termoelettriche e persino navi), che se lo disputano come additivo al
combustibile di base, rischiando di lasciare a secco gli inceneritori.
E' la linea di condotta adottata 7 anni fa in Campania dal gruppo
Fibe-Impregilo, che, per non cedere a altri il Cdr che avrebbe dovuto
estrarre dai rifiuti campani, sui quali contava di lucrare i ricchi
incentivi cosiddetti Cip6 destinati al futuro inceneritore di Acerra, ha
riempito le campagne della regione con 8 milioni di tonnellate di
"ecoballe"; che non sono Cdr, ma rifiuto indifferenziato malamente imballato
e accatastato in discariche non a norma e che, dato il loro dubbio
contenuto, la normativa europea proibisce anche di bruciare in un
inceneritore.
Per questo, quando l'inceneritore di Acerra - e gli altri tre previsti in
Campania - cominceranno a bruciare le prime ecoballe, e' quasi certo che
l'Ue avviera' contro l'Italia una nuova procedura di infrazione, che finira'
per costare al contribuente italiano multe salatissime che andranno a
aggiungersi al contributo riscosso per finanziare gli incentivi Cip6. Si
tratta di incentivi grazie ai quali l'energia elettrica prodotta dagli
inceneritori viene pagata quattro volte il suo costo di produzione in un
impianto di termogenerazione normale; erano stati aboliti in tutto il resto
del paese dal governo Prodi - non tanto per volonta' dei Verdi, ma per
uniformarsi alla normativa europea - ma sono stati poi reintrodotti, prima
dallo stesso Prodi, per il solo inceneritore di Acerra; poi, con un
emendamento al dl 90 (ora legge 123/08) proposto dal Pd, per i quattro
futuri inceneritori della Campania, e ora se ne parla anche per tutti gli
inceneritori che verranno realizzati in Calabria, Puglia e Sicilia.
In quest'ultima regione, che ha presentato da tempo un piano per costruire
prima 13 inceneritori, poi ridotti a 4, e' gia' stato siglato un accordo di
massima che introduce la regola deliver or pay: in base ad essa la quantita'
di rifiuti da conferire all'inceneritore viene fissata in maniera
autoritativa fin dall'inizio insieme alla tariffa di conferimento; se un
Comune fa troppa raccolta differenziata e non conferisce all'inceneritore
abbastanza rifiuto indifferenziato, paga lo stesso: cosi' impara a
esagerare!
E' la regola che anche il gruppo Fibe-Impregilo, supportato dall'Abi, voleva
introdurre nel contratto di servizio con la Regione e il Commissario
straordinario con cui gli era stata a suo tempo affidata la gestione di
tutti i rifiuti campani. Una regola che, pur non essendo stata formalizzata,
e' stata messa in pratica, trasformando i 7 impianti Cdr della Campania in
meri impacchettatori di rifiuto indifferenziato, oltre che imponendo lo
smantellamento di alcuni impianti di compostaggio che rischiavano di far
percepire al pubblico i grandi vantaggi di una vera raccolta differenziata.
Insomma queste deroghe sono verosimilmente il preludio alla reintroduzione
degli incentivi Cip6 su tutto il territorio nazionale. A pretenderli non ci
sono solo le Regioni citate, ma gli inceneritori in progetto o in corso di
costruzione di Torino, Rimini, Reggio Emilia, Trento, Milano, Roma e via
incenerendo; i relativi gestori da cui le amministrazioni che ne mantengono
il controllo si aspettano profitti analoghi a quelli di cui ha beneficiato
per anni - e ancora beneficia - l'Asm di Brescia: modello per tutti i
fautori dell'incenerimento, ma buco nero delle bollette elettriche italiane
che, oltre ai costi della dismissione, mai realizzata, delle centrali
nucleari, devono finanziare anche gli incentivi Cip6 finiti nelle tasche dei
gestori degli inceneritori e delle raffinerie, ivi compreso il presidente
dell'Inter, il petroliere Moratti, tutti magicamente trasformati da un
decreto interministeriale in "fonti di energia rinnovabili".
Ma la reintroduzione a tappeto del Cip6 e' soprattutto l'obiettivo non
dichiarato dell'Anida e delle imprese che essa rappresenta, che sanno bene
che senza sostanziosi incentivi un inceneritore non e' in grado di andare
avanti. Perche' oltre che nocivo per la salute - la cancerosita' delle sue
emissioni e' comprovata - e deleterio per l'ambiente - spreca, con
rendimenti energetici risibili, oltre all'energia contenuta nei materiali
che brucia anche quella consumata per produrli - l'inceneritore e' un
disastro anche in termini economici e puo' funzionare solo se lautamente
sovvenzionato. Con tanti saluti per il mercato e le sue regole: quelle a cui
nessun fautore dell'incenerimento sosterra' mai di volersi sottrarre.
Infine, il documento dell'Anida non dice chi siano i "diversi partiti
politici che hanno sostenuto la necessita' e l'utilita' della
termovalorizzazione dei rifiuti urbani durante la campagna elettorale
dell'aprile scorso". Ma basta andare a vedere da chi sono partite le
proposte e le iniziative per estendere gli incentivi Cip6 per rendersi conto
che su questo punto c'e' stata, gia' in campagna elettorale, un'intesa
cosiddetta bipartisan tra i partiti dell'attuale maggioranza e quelli
dell'attuale opposizione. Un'intesa per di piu' segreta, o mai dichiarata,
che puzza di tangenti, o comunque di spartizione dei benefici a spese del
contribuente e dell'utente elettrico.
E, cosa che desta maggiore orrore, un'intesa che si e' consolidata prendendo
a pretesto le sofferenze inflitte per oltre dieci anni alla popolazione
campana, accusata di essere precipitata nel marasma attuale per
neghittosita' nei confronti della raccolta differenziata, o addirittura per
complicita' con la camorra, che agli impianti "moderni" preferirebbe le
vecchie discariche. Invece di riconoscere che all'origine della crisi
campana c'e' solo la decisione del gruppo Fibe--Impregilo, e di chi lo ha
assecondato, di accumulare quanta piu' monnezza indifferenziata possibile da
destinare ai futuri inceneritori; in violazione del decreto Napolitano che
li obbligava a produrre vero Cdr da destinare a impianti di altre regioni:
per lo meno fino a quando l'inceneritore di Acerra non fosse entrato in
funzione. Una storia che oggi ci viene riproposta - alla grande; e per tutto
il paese - dal Pnt dell'Anida.