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Per farla finita con Geminello Alvi

di Carlo Gambescia - 23/09/2008


Ormai da qualche tempo ci resta difficile condividere il pensiero di Geminello Alvi. Un economista, che in anni non sospetti, prima del tornado berlusconiano, definimmo geniale.
Ad esempio sul Giornale, al quale collabora regolarmente, ha pubblicato un editoriale, dove stigmatizza gli ”espedienti ai quali Sec e Tesoro degli Stati Uniti si sono votati” (http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=292219).
Ora, l’economista famoso è lui, noi siamo soltanto modesti sociologi… Tra l’altro, come ci fece notare una volta bonariamente o quasi, che “ sprecavano i propri talenti nel giornalismo”… Ma la psicologia insegna che spesso si proietta se stessi negli altri…
Tuttavia - ecco il punto, non personale - Alvi critica le scelte interventiste di Bush appellandosi, nella chiusa, alla bontà della teoria economica di Hayek. Un economista, certo non banale ma liberista convinto, anche troppo, che voleva privatizzare, se non parcellizzare (individuo per individuo), il diritto di emettere moneta… Confidando nelle naturali e benefiche armonie economiche di mercato. In pratica, nulla di nuovo: Hayek e Alvi ragionano come Frédéric Bastiat, economista ultraliberale, morto nel 1850. Il quale collegava le leggi del mercato ai disegni della provvidenza divina. Diciamo solo, come poi vedremo, che Alvi e Hayek, da bravi laici, alla provvidenza divina hanno sostituito, secolarizzandola, quella della mano invisibile.
Nell’editoriale Alvi, critica i provvedimenti Usa, perché favorirebbero la speculazione, la corruzione, e la trasformazione del capitalismo americano nell’autoritario capitalismo cinese. Ma non fornisce indicazioni (ri)costruttive, se non quella, pare di capire, di affidarsi alla “mano invisibile”. Appunto come Bastiat. Probabilmente le avrà fornite in altri articoli. Purtroppo - ed è colpa nostra - abbiamo stomaco debole e non riusciamo a sfogliare tutti i giorni il quotidiano della famiglia Berlusconi.
Possibile che Alvi non capisca che in un momento simile, la passività dei governi aggraverebbe la situazione? Non siamo filoamericani, ma le scelte di Bush vanno condivise. Semplificando al massimo: in certi casi fare qualcosa è sempre meglio di non fare nulla.
Il vero problema teorico di Alvi è quello di non avere una visione corretta del Politico. Appunto come Bastiat. Per Alvi la società, non avrebbe bisogno del Politico (come individuazione del nemico, decisione e conflitto, ma anche quale fattore di coesione nelle emergenze), perché capace di progredire per forza propria e di trovare da sola, di volta in volta, il proprio equilibrio. Le sue tesi sulla triarticolazione, sulle fondazioni, eccetera, ma anche la sua ormai proverbiale disaffezione per i partiti, i sindacati, e più in generale, per qualsiasi forma di intervento statale, nasce da questa visione semplicistica del pluriverso sociale. Che invece ha bisogno del Politico, anche modernamente inteso come forma statuale, proprio per non finire nelle mani dell' Economico, o del Mercato se si preferisce.
Certo, c’è sempre il rischio che Stato e Mercato si mettano d’accordo, come mostra - è vero - la storia del capitalismo. Con tutte le involuzioni negative del caso. Ma nella situazione attuale, dove il rischio è quello di ritrovarsi con centinaia di milioni di disoccupati, il Politico non può, anzi non deve tirarsi indietro.
Di qui la responsabilità morale di economisti come Geminello Alvi che, per così dire, si girano dall’altra parte. Quella del Mercato... Per continuare a dormire, sognando impossibili armonie di mercato. Facendo così il gioco dell'Economico. Tradotto: dei poteri economici forti.