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Cacao meravigliao

di Franco Cardini - 14/10/2008

 
In occasione della mostra Il cioccolato dai Maya al XX secolo, che aprirà ad Alba il 19 ottobre, lo storico Franco Cardini ripercorre la storia del cacao dall’uso religioso delle civiltà precolombiane a quello dapprima terapeutico e poi sociale dell’Occidente. Cardini ricorda che i Maya e poi gli Aztechi davano grande valore ai semi di cacao, usato anche come denaro, ma soprattutto per realizzare una bevanda usata in importati riti religiosi. Importata dai conquistadores in Spagna, dove venne addolcita con miele e zucchero, la cioccolata si diffuse come bevanda prima alla corte di Francia e poi fra gli aristocratici di tutta Europa a partire dal XVIII secolo. Ma solo nel corso del XIX secolo furono messi a punto i procedimenti artigianali per trasformare il cacao nelle tavolette di cioccolata che oggi conosciamo e tanto apprezziamo.

Come immaginare la storia moderna della nostra Europa senza pensare alle tazze fumanti di quelle bevande che hanno accompagnato tanta parte della sua vita politica, privata e intellettuale, e magari ai negozi-salotti nei quali esse si preparavano e si vendevano? È mai pensabile un’Europa senza caffè, senza tè, senza cioccolato, e magari senza i Kafehaus e i tea rooms che da Parigi a Vienna a Venezia hanno segnato le nostre più piacevoli ma anche più intense abitudini a partire dal Seicento ad oggi? Se in pieno XVII secolo il medico e letterato Francesco Redi condannava senza appello quei venefici intrugli a unica ed eterna gloria del vino, la storia procedeva per altre vie: [...] già nel Settecento da Bach a Mozart a Voltaire, dal Goldoni al Parini, tutti i migliori ingegni d’Europa hanno onorato concordi le nuove bevande. La Modernità passa per l’aromatico fumo di tazze e di tazzine.
Ben a ragione, pertanto, onoriamo la bruna passione che ai nostri giorni va tanto di moda, il cioccolato. Qualcuno si scandalizza dinanzi ai 'nuovi' trends proposti oggi dagli chocolatiers postmoderni, primo fra tutti il gusto piccante al peperoncino. Ma, come sovente accade, le avanguardie ripercorrono sapendolo o no antichi sentieri. Il xocoatl che lasciava tanto perplesso Hernan Cortés alla corte del sovrano azteca Moctezuma era appunto un’inquietante mistura d’acqua, semi abbrustoliti e polverizzati di cacao, peperoncino piccante, miele, ginger, cannella e succo di mais.
Il cacao, in realtà, era una pianta originaria non dell’altipiano messicano, bensì della foresta pluviale: e già i maya , originari dell’area tra le odierne Yucatan, Guatemala e Honduras lo coltivavano e ne stimavano la bevanda tratta dai suoi semi come una bevanda divina, utilizzata nel corso dei riti e dei sacrifici. Ma quei semi erano usati dagli aztechi anche come danaro: e sappiamo che all’arrivo dei conquistadores uno schiavo valeva in media un centinaio di grani di cacao. Ne consegue che solo i nobili e i ricchi potevano permettersi il lusso di trasformare il loro danaro in bevanda. [...]
Il cacao piacque a Cortès, che ne incrementò le piantagioni e ne inviò buone quantità al suo imperatore, Carlo V d’Asburgo. Radicata nella corte di Spagna, dove il suo gusto venne comunque giudicato troppo piccante e 'corretto' attraverso una decisa dolcificazione (miele prima, zucchero più tardi), la bevanda passò in Francia pare grazie ad Anna d’Austria, l’infanta asburgo-spagnola andata sposa a Luigi XIII di Francia, e soprattutto grazie a un’altra principessa spagnola, Maria Teresa moglie di Luigi XIV. Fu alla corte del Re Sole che il cioccolato divenne il re dei salotti aristocratici, come testimoniano le lettere della Gran Pettegola, la marchesa di Sàvigny, alla quale ancor oggi sono dedicate tante cioccolaterie di moda a Parigi e in tutta la Francia. Si apriva intanto il dibattito sulle sue virtù terapeutiche e sui suoi pericoli: si diceva giovasse come rimedio a molte malattie, fosse un buon digestivo, agisse beneficamente sulla depressione psichica [...], ma anche che comportasse il rischio d’infiammazioni e di febbri.
A partire dal Settecento, furono soprattutto le necessità d’alimentazione degli eserciti e delle flotte che condussero a un deciso progresso nell’industria della conservazione e dell’inscatolamento dei prodotti alimentari. Fu in questo contesto che, attraverso un processo di raffinamento e miscelazione della pasta di cacao con latte, vaniglia e zucchero, si ottennero le corroboranti tavolette, da allora compagne fedeli della nostra alimentazione [...]. La macchina impastatrice del genovese Bozelli, del 1802, segnò in merito un deciso progresso tecnologico, cui seguirono il processo d’isolamento del burro di cacao dell’olandese Van Houten e, nel 1875, l’invenzione del cioccolato al latte da parte dello svizzero Daniel Peter e, quattro anni dopo, quella del cioccolato amaro 'fondente' da parte di Rudolf Lindt a Berna. Ancor oggi l’Italia centrosettentrionale, la Svizzera e i Paesi Bassi sono le patrie d’elezione dei maestri cioccolatieri d’Europa.
Non che tutto fili proprio liscio, del resto: nemmeno col cacao. Prendiamo il caso della nostra Unione Europea. Nel 1973, all’epoca dell’adesione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito alla Cee, si constatò che tali Paesi disponevano di leggi che consentivano l’utilizzo di prodotti alimentari diversi dal burro di cacao nella produzione di cioccolato, contrariamente a quanto avveniva in altri Stati della nascente Ue. Una sciagurata direttiva li esentò quindi dal conformarsi alle consuetudini degli altri Stati membri, che fissavano a una soglia minima del 19% la quantità di burro di cacao da usare nel cioccolato. Con adesioni successive, a quei tre paesi si aggiunsero anche Finlandia, Austria, Portogallo e Svezia: nazioni abituate ad avere un cioccolato di minor valore. Come sempre accade, il prodotto cattivo finisce con lo scacciare quello buono. Un altro settore dell’artigianato alimentare europeo di qualità è stato così minacciato per favorire gli interessi privati di produttori forti ma meno scrupolosi.
Una grande mostra dedicata al cioccolato viene allestita alla fondazione Ferrero di Alba, dal 19 ottobre al 18 gennaio, con il titolo Il cioccolato dai Maya al XX secolo, per raccontare una storia che affonda le sue radici nella giungla equatoriale. Qui, fra la popolazione Maya, dai semi della pianta del cacao si ricavava il cacahuatl, la bevanda degli dei, come dimostrano i reperti precolombiani esposti, grazie ai quali vengono ricostruiti i primi tasselli della scoperta europea del cacao, in un percorso che ripercorre l’evoluzione e i cambiamenti nella lavorazione e nel consumo del cioccolato, dal 1700 al XX secolo.