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Con l'acqua alla gola

di Renato Casalena - 28/10/2008

 

    

 

L’estate scorsa, quando tutti pensavano alle vacanze, il governo Berlusconi, con grande abnegazione, prendeva importanti decisioni. Il 5 agosto, la Camera dei deputati approvava il disegno di legge di conversione del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008. La relativa pubblicazione avveniva nella Gazzetta Ufficiale il 21 Agosto 2008. Si tratta di un pacchetto di “Misure per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” che, a detta del governo, tende anche a restituire potere d’acquisto alle famiglie.
L’articolo 23 bis, in particolare,  è degno di particolare attenzione. Dispone cambiamenti nella gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica. Il punto 2 dell’articolo afferma che “Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite…”.
Questo significa, utilizzando un linguaggio più semplice e diretto,  che il bene comune diventa una merce e quindi finisce sul mercato per essere gestito dalle aziende private. Ed è proprio l’acqua il bene comune più appetibile. Insostituibile, sempre meno disponibile, costituisce gran parte  del nostro corpo, degli animali e delle piante.
Molti sostengono che per l’acqua si scateneranno sanguinose guerre. Allora il nostro lungimirante governo che fa? La cede alle multinazionali. Non soddisfatti della scandalosa situazione dei diritti di sfruttamento e commercializzazione delle acque minerali, ora ci si rivolge anche agli acquedotti. Quindi, domani, queste stesse aziende che ci vendono l’acqua minerale ci manderanno la bolletta dell’acqua potabile per uso domestico, con un inevitabile aumento dei prezzi.
E’ noto, infatti, il caso di Latina, dove la multinazionale francese Veolia, che gestisce il locale acquedotto, ha aumentato i prezzi del 300% suscitando polemiche, proteste e relative repressioni.
Forse meno noto è il caso della Bolivia. Nel 1998, sotto pressioni della Banca Mondiale, le risorse idriche della città di Cochabamba, furono affidate al gruppo guidato dalla multinazionale Bechtel. Nel gennaio del 1999, prima ancora di aver esposto la sua insegna, la compagnia annunciava il raddoppio dei prezzi dell'acqua. Per la maggior parte dei Boliviani, questo significava che l'acqua sarebbe costata più del cibo; per le persone a salario minimo o disoccupate, la bolletta dell'acqua era cresciuta improvvisamente a circa metà del loro bilancio mensile. Inevitabilmente scoppiò una rivolta.
Dalle mie parti, fino a qualche anno fa, c’erano molte fontanelle pubbliche. Oggi si disseta solo chi può pagare. Si tratta, senza dubbio, di un ulteriore passo del processo di erosione dei diritti elementari delle persone. Con l’acqua non abbiamo scelta, dobbiamo consumare e, quindi, pagare.
Cosa accadrà quando si verrà a sapere che abbiamo anche l’abitudine di respirare? Privatizzeranno l’aria?