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Depositiamo la responsabilità sui cittadini mentre continuiamo a guadagnare soldi

di Juan Luis Rodriguez - 18/12/2008

 

Secondo Andrew Simmns del News Economics Foundation, al pianeta rimangono soltanto cento mesi se vogliamo avere una probabilità molto ragionevole di evitare un cambiamento climatico fuori controllo.

Il precedente capo scientifico del governo britannico, Sir David King, ha dichiarato che accettando un completo accordo globale per mantenere i livelli di anidride carbonica (CO2), presente nell’atmosfera, al di sotto di 450 parti per milione (ppm), esiste una probabilità del 50% che le temperature aumentino di oltre 2°C e del 20% che salgano di oltre 3,5°C.

«La mia percezione è che se arriviamo ad un aumento di 4°C è molto probabile che si cominci a vedere un incremento senza controllo» ha detto King.

Stabilendo dei valori approssimativi, l’atmosfera è arrivata a contenere 275 ppm di CO2.

Attualmente, il pianeta ne ha 387 ppm e questa cifra aumenta quasi di 2 ppm ogni anno. È il valore più alto registrato nella storia del nostro pianeta.
«Se l’umanità vuole preservare un pianeta simile a quello in cui si svilupparono le civiltà e in cui la vita sulla Terra si è adattata, l’evidenza paleoclimatica e il cambiamento climatico in corso consigliano di ridurre la CO2 dai suoi attuali 385 ppm a un massimo di 350 ppm» (James Hansen della NASA, primo scienziato che diede informazioni sul cambiamento climatico quasi vent’anni fa).

E ciò forse anche senza tener conto dell’NF3 [trifuoruro di azoto] (prodotto dalla fabbricazione di televisori a schermo piatto), un gas con effetto serra più potente della CO2 (come lo sono il metano, i CFC, l’SF6, ecc…).

Recentemente Michael Pather e la sua squadra hanno messo in guardia circa un aggiornamento dei loro calcoli realizzato per l’IPCC [Intergovernmental Panel on Climate Ch’ange: (foro intergovernativo sul mutamento climatico], secondo cui l’NF3 (gas non incluso nel Protocollo di Kyoto) sta aumentando la sua presenza nell’atmosfera e potrebbe divenire una causa significativa di alterazione radioattiva.

Con l’attuale ritmo di deforestazione, tutte le foreste tropicali sul globo saranno estinte nel 2090. E un modello sostiene che all’Amazzonia rimangono 50 anni e che più del 50% della Foresta della Papua-Nuova Guinea (la terza più grande del mondo) può consumarsi entro il 2021.

Il deserto del Sahara avanza con una velocità di 45 km all’anno. In Nigeria, il deserto invade centinaia di chilometri quadrati all’anno.

In Spagna, la siccità estrema minaccia il 37% del territorio nazionale e il Governo ci impiega cinque anni per approvare il Programma di Azione Nazionale di Lotta contro la Desertificazione (e questo senza un budget), iniziativa che dal 2003 era nelle mani dell’esecutivo, quando la siccità metteva in pericolo il 31% della superficie nazionale. Oggi, come dicevo, il rischio è al 37%.

L’acidificazione degli oceani è fuori da ogni discussione. Questi assorbono l’incremento di CO2, danneggiando il loro pH. La NASA ha fornito il dato che nel nord dell’Oceano Pacifico le concentrazioni di fitoplancton, produttore di ossigeno, sono più basse del 30% rispetto agli anni ottanta.

La massa vegetale del pianeta era almeno due volte quella attuale, pertanto le fonti di produzione di ossigeno a livello globale sono state ridotte di un 50%. E i grandi filtranti oceanici diminuiscono il loro rendimento a tappe forzate.

Il riscaldamento globale ha aperto la rotta marittima che circonda il Polo Nord. Gli esperti parlano di un Artide completamente libero dal ghiaccio tra il 2030 e il 2050. Per Carlos Duarte, presidente della società americana di Oceanografia e regista delle campagne del CSIC nell’Artide, i passaggi potrebbero diventare “mare blu” d’estate soltanto tra un decennio. Duarte assicura che il cambiamento climatico ha portato l’Artide in “una spirale negativa irreversibile”. “Si è perso lo storico manto di ghiaccio, antico migliaia di anni, che non si recupererà più”, assicura Duarte. Questo manto aveva svariati metri di spessore e al suo posto ora c’è un sottile manto di appena qualche centimetro.

Al Polo Nord, la perdita di ghiaccio ha raggiunto un record la scorsa estate; la sua superficie si è ridotta a 4,2 milioni di chilometri quadrati. Quest’estate 2008 sembra che stia causando meno disastri, nonostante il fatto che il 10 agosto, il ghiaccio occupasse 6,5 milioni di chilometri quadrati, e avesse perso milioni di chilometri soltanto in un mese, secondo il NSDIC (Centro Nazionale per la Neve e il Ghiaccio di Boulder).

Ma di fronte a questi dati nel Polo Nord, che sono tragici per quasi tutti i cittadini del pianeta, i nostri commercianti globali e i loro governi hanno un comportamento molto positivo; lo scorso maggio, i rappresentanti dei governi degli USA e del Canada si sono riuniti in un vertice con Danimarca, Norvegia e Russia per trattare un’eventuale ripartizione che si pensa molto vantaggiosa. Il disgelo facilita l’accesso a enormi giacimenti vergini di gas e petrolio, così come rotte commerciali per l’Artide che porteranno sostanziosi benefici.

Questi dati, connessi con quelli dei grandi nuclei urbani, hanno conseguenze sulla salute umana di milioni di cittadini in tutto il mondo, a causa di una diminuzione del 50% di ossigeno disponibile che stanno sperimentando le grandi città nei Paesi sviluppati e in via di sviluppo.

Poco tempo fa le Nazioni Unite hanno riconosciuto il cambiamento climatico come un argomento di maggiore importanza rispetto ai diritti umani. Ciò dimostra la rilevanza che questo tema ha raggiunto nelle sfere internazionali, ma non perché lo dicono gli alti Commissari e Dirigenti delle Nazioni Unite con i loro salari elevati, grandi auto sanguisughe di benzina, numerosi voli emissari di CO2 (un volo regolare di andata e ritorno a Santiago del Cile dalla Spagna emette più di sei tonnellate di CO2 per passeggero, per fare un esempio), o trattamenti del corpo diplomatico con carissimi soggiorni (tutto ciò pagato con soldi pubblici) e un dettagliato eccetera, ma perché lo dicono i 25 milioni di rifugiati climatici che si calcolano esistano oggi. Non dimentichiamo che al presente – e non tra due o tre decenni – sono una realtà devastanti inondazioni, siccità, fame, piaghe, malattie e spostamenti obbligati dovuti ad avvenimenti climatici.

E il livello di decisioni che queste istituzioni stanno prendendo di fronte ai disastri ambientali è semplicemente ridicolo. Da allora nulla corrisponde a tutta l’ostentazione di grandi dichiarazioni, di importantissimi incontri di alto livello e di un'infinita vetrina, che certamente non vengono gratis né economicamente né ecologicamente parlando.

Nella problematica del clima, l’industria politica e mediatica dirigono l’attenzione verso le persone, generando tra i cittadini sensi di colpa e responsabilità in contraddizione all’irresponsabilità degli agenti energetici, industriali e politici. Per volume, negligenza e affari, sono gli autentici leader del maltrattamento atmosferico.

Sorgono iniziative, fortunatamente rifiutate per il momento, come quella di un gruppo di parlamentari del Regno Unito che hanno proposto una tessera a punti mediante la quale sarebbero sanzionati i cittadini che oltrepassassero un limite di emissioni prestabilito.

Ed effettivamente come segnala Raquel Montón, responsabile della campagna di Cambiamento Climatico di Greenpeace, «non è una questione di caricare sulle spalle dei cittadini tutta la responsabilità delle emissioni che si generano con la produzione e consumo di beni o di energia. E in più, che io possa andare al lavoro a piedi o con trasporto pubblico non inquinante e così ridurre le tracce di carbonio non dipende soltanto da me, ma da amministrazioni e imprese che devono mettere i mezzi perché io lo possa fare», «per ogni grammo di emissione per abitante c’è un cementificio, un fabbricante di mangimi, una cartiera o un’impresa di allevamento. Se questi riducessero le loro tracce di carbonio, ridurebbero anche quelle del cittadino».

Continuano a consegnare foreste vergini alle imprese, privatizzando aree protette e zone ecologicamente fragili, aumentando i benefici per l’industria e gli inquinatori. L’industria pubblicitaria continua ad alimentare giornalmente i modelli di consumo e disequilibrio vitale sia nei Paesi divoratori d’energia sia in quelli che aspirano ad aumentare i loro tassi di CO2. Sono i cittadini che decidono questi modelli di persuasione? Ovviamente no. Si permette a qualche politico di andare in tv a parlare di tasse ai grandi profitti delle compagnie energetiche? No.

I giri di Madonna producono 440 tonnellate di CO2 in quattro mesi e quelli dei Red Hot Chili Peppers 220 tonnellate in mezzo anno, principalmente derivate dalle emissioni dei loro viaggi in aerei privati. Ciononostante, esistono canali specifici di tv dedicati alla musica, la cui finalità fondamentale è quella di trasmettere ai giovani questo modello di ozio. Inquini quello che inquini: dà soldi e questi vogliono soldi a qualunque costo.

Il consumo di energia per la casa, quello che produciamo noi esseri umani per avere un po’ di comfort (non per lucro) dopo secoli di sviluppo è responsabile soltanto del 27% delle emissioni di CO2. Questo 27% che vogliono convertire nel motore del disastro non è il restante 73%, proveniente da una dinamica energetica di un bruciare combustibili fossili che tecnologicamente è da decenni che è obsoleta e che avrebbe potuto essere sostituita già da molto tempo.

Questo 27% è metabolizzato dal nostro ecosistema vivente senza alcun tipo di danno o costo paragonato a ciò che stiamo vivendo.

A questo proposito il Massachusetts Institute of Tecnology (MIT) ce l’ha fatta con la rottura della molecola dell’acqua, che ha bisogno di una minor energia di quella fornita successivamente dall’idrogeno. Secondo ciò che hanno pubblicato su Science, Daniel Nocera e Matthew Kanan hanno scoperto un sistema che ne facilita il processo. Si tratta di aggiungere dei catalizzatori (sostanzialmente, fosfati, una sostanza abbondante sulla Terra, e cobalto) all’acqua prima di applicare degli elettrodi per romperla (è quello che si conosce come “elettrolisi”). Così, la reazione chimica risulta energeticamente favorevole: si consuma di meno a ottenere l’idrogeno che a bruciarlo. Inoltre, affinché tutto sia più pulito, hanno utilizzato energia solare per l’elettrolisi. In questo modo, tutto il ciclo diventa un processo più pulito e meno inquinante.

Sono i cittadini che stanno decidendo il ritardo che si sta producendo per interesse economico dei capi malati del petrolio sull’introduzione di una fonte di energia molto più pulita come l’idrogeno? Ovviamente no.

Sorprendentemente e cinicamente, in materia di idrogeno tutto si scoprirà tra tre anni. Quando molti danni ambientali sono annunciati dai principali esperti come irreversibili.

Il pericoloso scenario che si sta disegnando non ha i cittadini come principali responsabili, ma grandi proprietari internazionali e un sottogruppo politico che protegge e ammortizza le reazioni pubbliche che stanno sorgendo in tutto il mondo.

È importante che il cittadino democratico (colui che vede ridotta la sua partecipazione politica a una presenza alle urne con una media di sedici occasioni in vita sua. Sedici occasioni in tutta la vita) non permetta che gli stravolgano le cose in questa materia. Qui c’è una percentuale minima della popolazione, una elite che non è elite, la quale più che mai sta mostrando il tipo di sottoprodotto con cui sono fabbricati.

E tale è quel sottoprodotto con cui sono fabbricati che il suddetto scenario che si avvicina lentamente è interpretato come una straordinaria opportunità di affari in un settore come quello agricolo, che umanamente dovrebbe suscitare certe sensibilità. Con un futuro clima avverso e un’alimentazione mondiale danneggiata (a un livello molto al di sopra di quello attuale) si preparano il terreno.

Decodificato già il genoma del riso da parte della Compagnia Syngenta, l’immensa maggioranza delle licenze dello stesso saranno in possesso soltanto di alcune multinazionali. La Monsanto è riuscita a posizionarsi come la compagnia internazionale che è proprietaria del maggiore monopolio di sementi nella storia dell’agricoltura. È, a sua volta, padrona dell’80% degli agrotransgenici esistenti, come la maggior firma globale di molte varietà di sementi, controllando con la Syngenta e la Dupont-Pioneer il 47% del mercato internazionale di sementi commerciali.

Prendono posizione mentre favoriscono una crisi climatica che sperano apporti loro grandi guadagni.

Questo lasciar passare gli anni in un apparente clima di normalità e “non fare niente” orchestrato da organismi internazionali sia pubblici che privati senza dubbio si interromperà secondo le previsioni.

Un’importante interruzione abbiamo potuto sperimentarla in Europa nell’estate del 2003 in cui:

in Francia morirono 14802 persone tra l’1 e il 15 agosto. Ospedali colmi. Dimissioni del direttore generale della sanità, Lucien Abenhaïm. Il presidente della Repubblica, Jacques Chirac, pronunciò dichiarazioni sulla situazione dopo la fine della crisi, quando tornò dalle vacanze. Negò la responsabilità dell’esecutivo nella tragedia e colpevolizzò i cittadini per mancanza di solidarietà. Il mondo medico rispose in forma generale rifiutando la sua semplificazione e la mancanza di responsabilità;
in Spagna, il Centro Nacional de Epidemología constatò la morte di circa 6500 persone, attribuibile al caldo;
n Portogallo, si calcola che l’onda di calore provocò la morte di 1316 persone tra gli ultimi giorni di luglio e il 12 agosto;
in Italia, il numero di morti, annunciato dall’Istituto di Statistica il 27 giugno 2005, fu di oltre 20 mila tra giugno e settembre 2003.

Gli effetti della siccità che accompagnarono quest’onda di calore colpirono 100 milioni di europei.

Dopo tutto ciò, le autorità raccomandarono l’uso di aria condizionata e le vendite di questi apparecchi si impennarono in tutta Europa (insieme alle emissioni di CO2 che provocano).

Nelle prossime “interruzioni climatiche”, corporazioni e politici, come se non avessero nulla a che vedere con la problematica, si comporteranno da pompieri in un incendio di cui essi sono i principali piromani. Annunceranno misure inopportune e, come Chirac, responsabilizzeranno i cittadini mentre essi guadagnano tutti i soldi che possono guadagnare, inquinando con questi tutto ciò che possono inquinare.

È altamente raccomandabile che i cittadini rispondano quanto prima.

Juan Luís Rodríguez è psicologo, specialista in Psicologia Clinica e della Salute. Ex consulente nei Gabinetti del Consiglio per gli Affari Sociali e di quello per l’Uguaglianza e il Benestare Sociale della Giunta dell’Andalusia. Collaboratore di Attac Sevilla, e articolista nei mezzi digitali indipendenti.
Fonte: www.rebelion.org
Link
28.08.08

Traduzione per www.comedonchisciotte.org di SABRINA VECCHIARELLI

Fonti:

- Hansen, James, et al. Target Atmospheric CO2: Where Should Humanity Aim? Submitted April 7, 2008. NASA climate scientist James Hansen's paper about the 350ppm target.
- Hansen, James, et al. Target Atmospheric CO2: Supporting Material. Submitted April 7, 2008.
- http://www.agu.org/pubs/crossref/2008/2008GL034542.shtml
- http://ukpress.google.com/article/ALeqM5g8SJWmcfItpFiGY9psP3taAQT_uA
- http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/1406567.stm
- http://www.dailymail.co.uk/news/worldnews/article-1023590/Worlds-largest-rain-forest-disappear-years.html
- http://www.yubanet.com/cgi-bin/artman/exec/view.cgi/31/62235
- http://www.unep.org/geo/GDOutlook/
- http://www.gsfc.nasa.gov/topstory/20020801plankton.html
- http://www.elpais.com/articulo/sociedad/desierto/avanza/Espana/elpepisoc/20080820elpepisoc_3/Tes
- http://www.elpais.com/articulo/sociedad/calentamiento/abre/ruta/maritima/bordea/Polo/Norte/elpepisoc/20080821elpepisoc_2/Tes
- http://www.elpais.com/articulo/sociedad/huella/CO2/nos/averguenza/elpepisoc/20080821elpepisoc_1/Tes
- http://www.elpais.com/articulo/sociedad/cerca/hidrogeno/combustible/elpepisoc/20080812elpepisoc_4/Tes
-
http://es.wikipedia.org/wiki/Ola_de_calor_europea_de_2003