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Riaprire il fuoco. Baraghini, Bianciardi e la stampa alternativa

di a cura di Susanna Dolci - 08/01/2009

 

Premessa. Non sopporto le polemiche inutilmente sterili o meglio di conio puramente stolto. Le considero una feticista perdita di tempo. E siccome, almeno per me, la successione degli istanti è più preziosa di un diamante, cerco di evitarle come la peste nera. Eppure e poi mi succede di dover amaramente ricordare di recenti e mere controversie culturali mascherate da un certo bisticcio di rancido stampo politico-etico-ideologico-sociale che, in verità, non si rivela altro che essenza paludosa e mefitica come l’odore di un cadavere in decomposizione. Rivolgo, allora, il mio sguardo a ciò che veramente merita di essere contemplato, seguito, curato ed amato. Sia esso essere animato od altro. E l’altro sta a significare, in questo mio qui precipuo momento di riflessione, il libro, la cultura, l’editore, lo scrittore e lo scrivere nella scrittura. Prendo da uno degli scaffali della mia libreria alcuni volumetti. La casa della vita di Dante Gabriel Rossetti (non ho più le cartoline in allegato), baraghini1_fondo-magazinenumero 11 collana fiabesca, e leggo: «In quali sentieri quindi vagammo, e come lottammo A edificare con più saldi voti l’umile asilo…». Ed ancora, I ragazzi sognanti di Oskar Kokoschka, senso e visioni tra litografie e parole, numero 14, stessa collana fiabesca. Di Guillaume Apollinaire Il passante di Praga. Ali di Yukio Mishima, L’orologiaio di Gustav Meyrink («Nihil scire - omnia posse. Nulla saper - tutto poter»), Aforismi di Alda Merini e dell’indimenticabile e compianta Maria Teresa di Lascia, Compleanno. Tutti alle vecchie Millelire. Tutti editati dalla case editrice romana Stampa Alternativa. Rivoluzionaria, eretica, irriverente, geniale come Gutenberg e la nascita della stampa, l’editrice per eccellenza della controcultura giovanile e matura, essenziale nella sua grafica e formato e per le tasche di tutti i lettori, ha creato, dal 1969, un vero e proprio sconquasso nel babelico mondo della stampa libraria italiana. 18 collane, novità di calibro, approdi verso orizzonti lontani come distanti, invece, le beghe legali che la fecero chiudere nel 1976. Nel 1987 a Stampa Alternativa si abbina Nuovi Equilibri srl. Perché, si sa, due è meglio di uno. L’artefice, però, è sempre lo stesso: Marcello Baraghini [nella foto sopra a destra]. Eclettico, autorevole, polemico, «a proposito di se stesso, Baraghini trova calzante una frase dello scrittore e filosofo situazionista Guy Debord: «Sono riuscito a dispiacere universalmente e in maniera sempre nuova». Per lui «i libri devono davvero trasformarsi in gioco. Essere fisicamente dei giocattoli da smontare e maneggiare. Devono esplodere, eccitare, sorprendere il lettore, spiazzarlo con vesti improbabili». Nel 2007 nascono, dalla collaborazione con Ettore Bianciardi, «i Bianciardini, piccoli libri di sedici pagine ciascuno, ispirati dai racconti di Luciano Bianciardi, importante scrittore, saggista e giornalista italiano scomparso nel 1971, venduti alla cifra simbolica di un centesimo di euro, proseguono, come afferma lo stesso editore, portandola a compimento, la rivoluzione editoriale, culturale e di costume iniziata alla fine degli anni Ottanta dai Millelire». Tra le numerose iniziative, Stampa Alternativa ha anche combattuto la battaglia culturale dei Libri Puliti, contro lo strapotente dilagare dell’editoria a pagamento. Baraghini è, inoltre, il padre del Festival Internazionale della Letteratura Resistente di Pitigliano. Chi vi si scrive lo ha contattato per parlare con lui e poi con Ettore Bianciardi. Pensando che Baraghini sia un po’ come Ezra Pound. Pensando che Luciano Bianciardi resterà sempre un scrittore degno di nota. Come Danilo Dolci o Guido Morselli. O chi più, cari lettori, vi aggradi. Al di là delle sterili polemiche nella mia premessa iniziale che nelle ultime settimane non hanno porto giovamento alcuno. Soprattutto e sicuramente alla Cultura, quella senza paletti. Ringrazio con profonda stima e come da mia consuetudine Marcello ed Ettore per la loro piena disponibilità.

Marcello Baraghini chi è o, almeno, chi sente di essere? Amato? Odiato?

Un “costruttore di incertezze”, che quando fanno comodo vengono esaltate, non così in caso contrario. Per questo sono amato o odiato. Sono un vero rompicoglioni, e recidivo.

 

Stampa Alternativa nasce nel 1969. Poi cosa, tra alterne vicende?

Poi? Milioni di copie di libri di qualità, popolari, critici, resistenti, inossidabili. E poi? Polemiche a non finire Denunce, galera, sequestri, latitanza (per me) e rinascita, più di una. D’altronde a prendere di petto il regime, cattocomunista prima, comunista-berlusconiano poi, senza rispetto o ossequio per nessuno non poteva che andar così.

 

Parliamo delle collane di Stampa Alternativa. Quale o quali preferisci?

L’ultima nata, chiamata “i bianciardini”, dalle costole della mitica Millelire. Non perché le altre siano meno meritevoli, ma perché quest’ultima porta a compimento un progetto iniziato appunto nel 1969. Ed è l’arma finale, per affermare il primato del lettore, della sua intelligenza e della sua autonomia su tutto il resto.

 

Cos’è la Cultura per Baraghini? Nuda e cruda o con fronzoli ed infiniti appellativi? E quanto sia positiva e/o negativa una certa presenza ideologica e politica?

Per me, la cultura vera è quella popolare, ossia la cultura media dell’umanità: non mi interessano gli eruditi, i sapienti, non servono al mondo; al mondo serve che i frutti dell’ingegno e del pensiero umano siano a disposizione di tutti. Solo innalzando il livello medio di cultura dell’umanità si potrà garantire l’uguaglianza e da questa la giustizia e la pace nel mondo. Io ho sempre lottato e lavorato per la cultura popolare e continuerò a farlo, per esempio con i Millelire prima e poi, ora, con i bianciardini, per citare soltanto due delle sfide estreme in questa direzione.

La presenza dell’ideologia in letteratura è, in una certa misura inevitabile e di per sé non dannosa. Lo diventa quando spinge al settarismo, allo squadrismo; soprattutto allorché si oppone al libero confronto delle idee, all’analisi e alla valutazione delle idee altrui, anche se queste sono diametralmente opposte alle tue. Dare voce a chi non ce l’ha: questa è sempre stata la mia intenzione. Tant’è che il primo titolo della collana Eretica, a metà degli anni ‘90 è stato “Diario di un pedofilo”, e subito dopo ho fatto “Rebibbia Rapsody” di Valerio Fioravanti, proprio lui, lo stragista fascista.

 

Ed invece cos’è un libro, a tuo avviso. E quali i suoi usi ed abusi?

Il libro è, dai tempi di Gutenberg, il principale e quasi unico mezzo di diffusione della cultura, ed è quindi di importanza strategica per essa. Però il libro, fin da quei tempi, è anche un bene di consumo, e pertanto deve ubbidire alla catena del profitto. Ciò ha conseguenze drammatiche oggi: la catena della distribuzione libraria, dal promotore, al distributore, al libraio, è talmente pesante che il prezzo del libro è gonfiato a dismisura e diviene via via sempre meno accessibile al lettore. Il quale lettore piano piano smette di comprare i libri, perché non se lo può permettere o anche perché non accetta di far parte di questo sistema di sfruttamento. Allora la cultura che ha nel libro il suo quasi unico mezzo di diffusione, si inaridisce e pian piano si spegne, assieme al desiderio di uguaglianza, giustizia e pace. Noi vogliamo fondare una editoria slegata dal profitto, dalla catena distributiva, dal codice a barre, fondata solo sulla passione e sulla solidarietà, primo passo i bianciardini

 

Un tuo pensiero sul lettore. Carnefice o vittima?

Vittima, certamente molto più vittima, per le ragioni esposte sopra. Ma talvolta anche carnefice di se stesso, quando accetta senza fiatare il sistema. Prendi per esempio la storia degli editori a pagamento, una lotta che io e Ettore conduciamo da tempo e che ci ha portato anche nelle aule di tribunali (con nostra vittoria però, e con una sentenza modello). Molti, giovani o meno giovani, vogliono pubblicare i loro libri nel cassetto; siccome gli editori tradizionali si guardano bene dal rischiare i loro soldi per esordienti che non danno nessuna garanzia, si rivolgono ai cosiddetti editori a pagamento, di fatto dei semplici stampatori, che ad un prezzo esoso (dai 3000 ai 10.000 euro) stampano qualche centinaio di copie dei libri di questi incauti e glieli spediscono a casa. Gli autori credono in tal modo di aver pubblicato, ma in effetti hanno solo stampato, ed a caro prezzo, il loro libro Eppoi bisogna dire che il lettore medio, incalzato frastornato e alla fine lobotomizzato dai mezzi di comunicazione di massa, non solo legge molto poco, ma è obbligato a leggere le porcherie dei divi televisivi. Sta perdendo insomma il gusto di leggere e tutto si sta sbriciolando in quel calderone mediatico che è la società iperconsumistica odierna.

 

E sull’editoria italiana? E quali le differenze con l’industria libraria europea o mondiale di maggiore spicco? Qual’è, a tuo avviso, il Paese che “rispetta” gli editori, i libri, i lettori e gli autori?

Il problema dell’editoria, schiacciata dalla catena del profitto della distribuzione, non è migliore in altri paesi. Peccato che in Italia, qualche decennio fa la situazione fosse invece molto favorevole, quando a capo delle grosse case editrici c’erano i veri padroni, capitani d’industria che, non solo amavano appassionatamente il loro mestiere, ma sapevano prendersi le loro responsabilità e i loro rischi, investendo i loro soldi. Parlo insomma di Arnoldo Mondadori, di Angelo Rizzoli, di Giulio Einaudi, di Gian Giacomo Feltrinelli, di Valentino Bompiani. Oggi invece comandano i marketing manager, molto attenti al loro stipendio ed ai loro bonus, e che pertanto non ci pensano neanche a scommettere su qualità e progetto, ma preferiscono puntare o su traduzioni di best seller esteri o sui soliti scrittori (scrittori?) della televisione.

 

Cosa a proposito delle famigerate polemiche culturali ed ideologiche della cosiddetta “sinistra” e “destra” che hanno toccato anche la tua persona? Per me sterili, noiose, spesso fuori luogo nello spazio e nel tempo. Si potrebbero mettere a tacere, una tantum, così per far scomparire questa tediosa dicotomia?

Se ti riferisci alla recente polemica per una mia presenza a Casa Pound, si è trattato di una vera e propria intimidazione squadrista. Tutto nasce dal fatto che un ottimo giornalista, Francesco Borgonovo, di Libero, ci chiede il permesso di pubblicare un capitolo dell’ultimo libro da noi pubblicato di Luciano Bianciardi e lo riporta integrale su due pagine del suo giornale, corredato da una scarna biografia. Immediatamente qualcuno, dalle retrovie culturali e politiche di una sinistra allo sfascio critica la cosa definendo Libero un giornale fascista, non degno di parlare di Bianciardi, chissà poi perché. Replico, sul nostro blog, che parlare di Bianciardi è sempre utile e affermo che per farlo sono disposto ad andare anche dai “fascisti” di Casa Pound, qualora me lo chiedano e mi garantiscano di farmi parlare liberamente. Casa Pound accetta e mi invita, io accetto l’invito e si scatena l’inferno. Io e Ettore siamo sommersi di offese, sarcasmo, ci definiscono due fascisti, due vecchi rincoglioniti e via dicendo. Ma il peggio è che si passa anche alle minacce, ai boicottaggi, alle promesse di violenza anche e soprattutto verso la casa editrice e i suoi collaboratori, che spaventati mi chiedono di non andare. Stretto da questo ricatto cedo, con rabbia, e non vado a Casa Pound, sentendomi, come scrivo sul blog “un po’ meno libero”, o forse, ragionandoci ora, ancor più libero.

 

Leo Longanesi, Luciano Bianciardi, i Bianciardini, “Non leggete i libri, fateveli raccontare”. A te la parola…

Longanesi e Bianciardi sono due scrittori opposti, ma molto simili. Avevano una visione politica e sociale completamente diversa, ma tutti e due erano fondamentalmente antiborghesi. Tutti e due criticavano al borghesia italiana del dopoguerra, una critica da destra quella di Leo, una critica da sinistra quella di Luciano. E poi tutti e due erano liberi pensatori, che non si piegarono mai alle mode ed alle convenienze e per questo hanno avuto molta più fortuna da morti che da vivi. Anche se, però, la fortuna da morti è molto strana, perché specialmente con Bianciardi molti tendono a fargli dire delle cose che lui mai pensò, alcuni lo vogliono iscrivere a qualche partito, il loro ovviamente, ma Bianciardi, come Longanesi non si fa irreggimentare da nessuna parte. Lo avesse voluto, da vivo, oggi sarebbe autore più famoso e celebrato.

 

Ettore Bianciardi [nella foto sotto a sinistra], ti chiedo di parlarci di tuo padre. Un tuo ritratto per l’uomo e lo scrittore che è stato. Un ricordo che tante antologie letterarie sembrano aver voluto cancellare. Così come tante case editrici.

Di mio padre non ti parlerò, non avrei molto da dire, Luciano Bianciardi non mi ha fatto da padre, lo ammetteva lui stesso. Ma posso parlare del Bianciardi scrittore, giornalista, traduttore, ma soprattutto mi piace parlare di Luciano Bianciardi uomo di cultura, perché in questo sta la sua ettoreeluciabianciardi_fondo-magazineeccezionalità, la sua lezione per i posteri. Luciano fu un uomo libero e come tale pagò, ed a carissimo prezzo, per tutta la sua vita. Non accettò i lacci e lacciuoli della vita dell’intellettuale in provincia e la provincia lo escluse e lo esclude ancora. Non accettò le regole e le convenzioni dell’industria editoriale anche se progressista e comunista come quella di Feltrinelli e ne fu cacciato e ridotto ai margini di quella società milanese che voleva conquistare. Non accettò di scrivere sui giornali sotto controllo e rifiutò il Corriere della Sera, scatenandosi in giornali non di prima fascia, anzi molto, molto laterali e instabili, come ABC, Executive, Playmen e Kent. Giornali per soli uomini, giornali che molti compravano e nascondevano, ma sui quali, tra un sequestro e l’altro, aveva piena libertà, e sui quali scrisse pagine ancor oggi memorabili. Luciano Bianciardi era un uomo che lottò sempre per la cultura popolare, e, insieme a Marcello, abbiamo ripreso questa lotta. Il nostro logo infatti è “Riaprire il fuoco”, dal titolo del suo ultimo romanzo. Oggi è un blog e sta per diventare anche casa editrice, una casa editrice molto nuova e diversa.

 

Una casa editrice diversa? Che cosa intendete fare?

Una casa editrice per la cultura popolare. L’esatto contrario delle case editrici attuali. La nostra sarà una casa editrice senza profitto, per la diffusione del libro senza profitto. Se il lettore vuole il testo elettronico lo avrà subito e completamente gratuito; se lo vuole stampato lo avrà al solo costo di stampa. Per questo rinunceremo alla catena distributiva attuale, i nostri libri non saranno nelle librerie, non avranno i codici a barre, ma saranno distribuiti dal circuito della passione e della solidarietà. Abbiamo già cominciato con i bianciardini e andremo avanti. Anche i contenuti saranno diversi, vogliamo riscoprire e far riscoprire ai lettori tesori della letteratura che sono stati dimenticati per far posto ai prodotti stereotipati dell’industria culturale odierna. Molti scrittori sono stati sepolti, fatti volutamente dimenticare, per esempio, tutto quel fiorire di letteratura che divampò in Italia fra le due guerre mondiali è stato sotterrato. Ne sono usciti solo alcuni intellettuali che hanno patteggiato con la cultura cattocomunista del dopoguerra e tuttora. Eppure all’epoca c’erano scrittori eccezionali, che valgono cento di quelli di oggi. Bene tra poco gli italiani li riscopriranno, e naturalmente saremo sommersi da critiche e da offese, ci daranno ancora dei fascisti, ma questo non ci preoccuperà, perché ci interessano quei lettori, molto più numerosi, che pensano e ragionano con la loro testa, non ottenebrata da cascami ideologici o settari.

 

Il web per imparare a conoscere Luciano Bianciardi. Ti prego di indicarci un sito…

Potremmo citare il nostro: www.riaprireilfuoco.org ma il modo migliore di conoscere Luciano Bianciardi è quello di leggere le sue opere, che noi cerchiamo di diffondere a prezzi veramente popolari e gratuitamente sul web. Dopodichè sia benvenuta ogni occasione di confronto e di discussione, sul nostro blog, sul vostro o ovunque si voglia parlare di Bianciardi in modo libero e senza pregiudizi di alcun tipo.