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Non occorre scomodare Dante o Dostojevskij per scendere nei gironi infernali dell'anima umana

di Francesco Lamendola - 10/01/2009


 

Il 5 luglio del 2005, in Canada, una bionda signora trentacinquenne ha varcato, per sempre, i cancelli della prigione in cui era rimasta chiusa per dodici anni, riacquistando definitivamente la propria libertà, nonostante l'indignazione dell'opinione pubblica.
Stiamo parlando di Karla Homolka, il cui nome rimarrà indissolubilmente legato a quello di suo marito, Paul Bernardo - che sta invece scontando una condanna all'ergastolo - e a tre dei più efferati delitti sessuali degli ultimi decenni nei quali, pure, si collocano pagine veramente spaventose di cronaca nera.
Forse nemmeno Dante o Dostojevskij avrebbero potuto spingere la loro immaginazione fino ai livelli di perversione, irresponsabilità e crudeltà raggiunti da quella coppia infernale, in cui nessuno è riuscito a capire sino in fondo, neppure oggi, chi dei due sia stato il vero motore e la vera mente criminale. È già stato detto molte volte, ma viene facilmente dimenticato: la vita supera la fantasia, compresa quella forma di fantasia che è la letteratura.
Karla Homolka, figlia di immigrati cecoslovacchi, è nata il 4 maggio del 1970; fra il 1991 e il 1993, dunque quando aveva fra i ventuno e i ventitré anni, si è resa responsabile, insieme al marito, di tre delitti atroci, quali raramente se ne vedono perfino nel cinema noir di serie B. Tre ragazze giovanissime - Leslie Mahaffy, Kristen French e Tammy Homolka, quest'ultima sorella minore di Karla (particolare quasi intollerabile) sono state uccise dopo essere state stuprate ripetutamente e sottoposte a ogni sorta di sevizie, anche se la corte ha ritenuto che a uccidere sia stato solo l'uomo. In ogni caso, Karla era consenziente; aiutava Bernardo nei rapimenti, negli stupri, nelle sevizie; lo assisteva nel drogare le vittime, onde rendere più facili le cose al compagno (come avvenne anche con la sorellina); su richiesta di lui, praticava atti osceni sul corpo delle vittime; le filmava durante le torture e le violenze.
Anch'ella veniva spesso maltrattata, insultata e picchiata, per quanto non sia chiaro fino a che punto quelle pratiche fossero da lei incoraggiate, almeno in un primo tempo, se è vero che, all'inizio del loro rapporto, ella si presentò all'uomo (che aveva già stuprato ben 13 ragazze, facendola sempre franca) offrendogli un paio di manette e dicendogli: .«Sono pazza di te, tu sei un vero uomo, bello e perverso; sarò tua per sempre, fa' di me quello che vuoi».

Si ha l'impressione, studiando la vita di questa donna la quale a 14 anni giocava ancora accanitamente con le Barbie e che, in un certo senso, ha voluto essere una super Barbie anche nella vita, non riuscendo più a distinguere fra realtà e gioco (e sia pure un gioco sempre più tremendo), che, a un certo punto, qualche cosa abbia smesso di funzionare per il verso giusto.
L'ombra del satanismo o, quanto meno, di una filosofia cruda e distruttiva, si è posata presto su questa ragazza giovane, sana, bella e decisamente intelligente, accompagnandola sino all'incontro fatale con un ragazzo altrettanto bello e intelligente, nel corso del quale i due, invece di aiutarsi a far emergere la loro parte migliore, si sono aizzati a vicenda a dare sfogo ai loro impulsi più torbidi, alle loro voglie più brutali e innominabili.
Ha scritto la psichiatra e sessuologa americana Linda G. Stunell, autrice del libro «Donne criminali» (titolo originale: «Out of Control», 2007; traduzione italiana di Ilaria Beltramme, Roma, Newton Compton Editori, 2008, pp. 104-105):

«Ben presto i ragazzi avevano cominciato a girare intorno a Karla come un branco di lupi affamati intorno a una preda. Era una elle ragazze più carine del liceo Winston Churchill e, oltre ad avere un viso e un corpo che non sarebbero stati male nel telefilm "Baywatch", Karla era piuttosto sveglia, vantando un quoziente intellettivo superiore ala media dei suoi compagni di scuola. In più, cantava nel coro, frequentava corsi di danza, di ginnastica e di pattinaggio artistico, anche se in seguito, dopo un improvviso e radicale cambiamento, Karla decise di abbandonare quest'aria da "perfettina" in favore di un'estetica dark con le sue suggestioni stregonesche, demoniache, maledette e mortifere.
Proprio come tutte le adolescenti, Karla si ribellava all'autorità dei genitori soprattutto trasformando il suo aspetto esteriore. Per questo si tinse i capelli di un blu acceso e gettò alle ortiche i suoi vestiti femminili e alla moda per un look decisamente più estremo. Per completare la sua immagine punk, infine, adottò anche una filosofia di vita adeguata: "Brutto è bello", "Fotti il prossimo" e "Fanculo tutto" diventarono così i suoi slogan preferiti… Anche in merito alla religione Karla maturò alcune idee ben precise: "Dio non esiste… ma esiste il Diavolo: il Male che si è sparso nel mondo e che la gente adora". Film horror come "Venerdì 13" si trasformarono nel "Verbo" della ragazza, il sangue e l'immaginario splatter divennero la sua fissazione nuova di zecca. Un giorno confessò a un'amica: "Sai che mi piacerebbe fare? Vorrei dipingere dei puntini sul corpo di qualcuno, poi vorrei giocare a unirli con un coltello e alla fine vorrei spargerci sopra dell'aceto".
Karla attirava gli sguardi con il suo aspetto punkeggiante e la sua passione per l'occulto, ma probabilmente avrebbe destato la stessa attenzione se avesse indossato  una maglietta con su scritto: "Guardatemi, sono diversa".
Karla in fondo non era troppo diversa da ogni altra adolescente vittima delle mode, l'unica diversità con il resto delle sue coetanee stava nel fatto che la ragazza tendeva a esagerare.  Che fossero le Barbie, il punk, l'occulto, le perversioni sessuali o l'omicidio, Karla esagerava in ogni cosa facesse.
Iona Brindle ricordò di aver notato delle strane cicatrici circolari colorate di smalto per le unghie sulle braccia di Karla. Una volta Karla diede a Iona un libro, "Michele Remembers", sulla storia vera di una ragazza vittima di abusi sessuali nell'ambiente dei satanisti. Nel libro aveva scritto: "C'è sempre qualcosa in più da dire". Un'altra volta, invece, mostrò a un'altra amica dei tagli superficiali sui polsi che si era procurata con un coltello: "Ho cercato di uccidermi", le aveva confidato, "certe volte non voglio più vivere".»

Un occhio un po' esperto avrebbe forse potuto vedere già allora, in questi comportamenti estremi,  oscillanti fra la violenza estrovertita e quella introvertita, i sintomi di qualcosa più preoccupante di una normale crisi adolescenziale. Ma la famiglia di Karla era già piena di problemi, di difficoltà economiche, mentre il padre si attaccava spesso e volentieri alla bottiglia e non vedeva affatto o, se vedeva, non sapeva né poteva intervenire.
È in questo modo che le tendenze masochiste, ma anche sadiche, già presenti nella ragazza e che si esprimevano attraverso la solita coreografia dark, ebbero modo di crescere e di raggiungere il punto di non ritorno allorché ella conobbe il suo futuro marito, durante un viaggio di lavoro, nel 1987, quando aveva solo diciassette anni; mentre lui, nato nel 1964, ne aveva ventitré.
Nessuno ha mai potuto stabilire con certezza - né, ormai, potrà farlo, dato che Homolka non potrà più essere processata per quei delitti - se fu lei a istigare Paul Bernardo sulla via del male (che egli, peraltro, stava già percorrendo da solo, visto che era un insospettabile stupratore seriale) o se avvenne il contrario; oppure, ancora, se entrambi esercitarono un malefico influsso reciproco, cosa che appare la più probabile, anche se è impossibile sapere chi esercitò la funzione direttiva. In questo tipo di coppie "diaboliche", infatti, vi è sempre una personalità dominante ed una subalterna; esse non si trovano mai su un piano di parità volitiva ed emozionale.
Sappiamo soltanto che, durante il rapimento e le sevizie di una delle vittime, l'uomo, a un certo punto, lasciò sola quest'ultima con Karla e, incredibilmente, si assentò per andare a comprare delle pizze. Se Karla avesse voluto fuggire e aiutare la ragazzina sequestrata a mettersi in salvo, materialmente avrebbe potuto farlo; ma non lo fece. In seguito, in tribunale, sostenne di non averne avuto il coraggio, perché temeva di essere sorpresa e uccisa da Bernardo.
Nemmeno in seguito, quando, a causa dei frequenti pestaggi subiti dal marito, Karla deciderà di lasciarlo e di fuggire presso dei parenti, ella andrà a denunciarlo alla polizia. La sua collaborazione con la giustizia è stata tardiva e l'iniziativa non è partita da lei, ma da una sua parente che aveva intuito la terribile verità; ella, però, è stata abbastanza abile da presentarsi agli inquirenti accompagnata da un avvocato e da patteggiare una pena assai mite (dodici anni di prigione, ma con la prospettiva della libertà vigilata dopo i primi tre, se si fosse comportata bene) in cambio di circostanziati elementi di accusa nei confronti del marito, che solo allora  - nel 1993 - stava per essere arrestato.
Per farsi un'idea del livello di degradazione morale cui era giunta nel corso del rapporto con Bernardo, valga l'episodio che condusse alla morte di sua sorella, Tammy, mentre i due si trovavano in casa dei genitori di lei ed erano seduti in salotto a guardare la televisione insieme alla ragazzina: Karla non esitò ad assecondare l'uomo in tutte le sue richieste, anche le più ripugnanti, per compiacerlo e ottenerne l'approvazione.
Anche se, in quel caso, la morte della sorellina fu dovuta a circostanze accidentale (mentre le altre due adolescenti furono strangolate con la precisa intenzione di mettere a tacere delle possibili accusatrici), non si può non rimanere impietriti davanti al tipo di legame che doveva essersi creato fra queste due personalità malefiche e al fatto che esse non si fecero alcuno scrupolo di ricorrere alle azioni più turpi per inseguire la propria soddisfazione e il proprio piacere.
Pare che Bernardo avesse messo gli occhi sulla giovane Tammy e che avesse chiesto a Karla di aiutarlo nei suoi disegni perché, avendo trovato che quest'ultima non era più vergine quando  si era  fidanzata con lui, egli pretendeva da lei una sorta di "risarcimento", che doveva consistere, appunto, nel rendergli possibile di poter abusare della ragazzina.

Davanti a fatti del genere, che superano in brutalità perfino i film dell'orrore - il cui proliferare, nella cosiddetta società del benessere, vorrà pur dire qualcosa, così come la continua esibizione di armi e di uccisioni premeditate in migliaia di film e programmi televisivi - non si può non rimanere profondamente pensosi davanti al mistero quasi insondabile degli abissi di malvagità di cui è capace il cuore umano, pur di realizzare il proprio soddisfacimento o di non vedersi privato di ciò che considera indispensabile alla propria felicità.
Perché una donna come Karla, che avrebbe potuto aspirare ad essere amata da qualsiasi uomo normale, si sia legata a un sadici violento come il suo futuro marito, e sia giunta a partecipare a torture ed omicidi ai danni di ragazzine indifese (tra le quali la sua stessa sorella), pur di non rischiare di contrariarlo e di perderlo, questo è uno di quegli enigmi che travalicano la sfera psicologica e ci proiettano direttamente al centro di un grande, antichissimo problema filosofico: quello sulla matura del Male.
Se il Male fosse solamente mancanza di bene, come pensava Sant'Agostino (e sia pure sotto l'urgenza della polemica antimanichea), riuscirebbe difficile - anche se non impossibile - spiegare fatti del genere. Riesce difficile, infatti, capacitarsi che, pur di non perdere quello che sembra un bene (ma che non è tale), una persona dalle tendenze normali arrivi a commettere volontariamente, di più, che arrivi a commettere volonterosamente atti come quelli di cui sopra, che consistono in una malvagità cosciente ed esplicita.
Certo, qui è coinvolta la problematica dei valori, nel senso che abbiamo tratteggiato nel precedente articolo «Azione, scopo e valore definiscono il senso della nostra vita» (consultabile sempre sul sito di Arianna Editrice).
Dal momento che le azioni umane sono dirette a uno scopo e dal momento che gli scopi sono determinati da una scala di valori, è evidente che, perché una persona giunga a scivolare entro tali tenebrosi abissi di Male, vuol dire che il suo baricentro valoriale, già da tempo, era completamente deviato e che essa doveva essere pervenuta ad un radicale sovvertimento delle nozioni fondamentali del giusto e dell'ingiusto, del lecito e dell'illecito, del bene e del male.
Un grande mistero, certo.
Una cosa è certa: la violenza diffusa nella società contemporanea al livello della stampa, della televisione, del cinema, della musica leggera e della rete informatica, contribuisce ad esasperare le pulsioni distruttive esistenti nell'animo umano e a inibire le barriere della coscienza e della volontà. Per non parlare dell'esempio negativo fornito dalla guerra, anche se presentata come legittima e giusta, perché in essa non solo vengono a galla, ma trovano sfogo e, in certa misura, vengono incoraggiate le tendenze sadiche e violente presenti in ognuno di noi (si pensi alle immagini dei torturati e dei torturatori del tristemente celebre carcere americano di Abu Grahib, in Iraq, nel periodo successivo alla Seconda Guerra del Golfo).
Anche se tutta la violenza diffusa dai mezzi d'informazione è non solo causa, ma anche effetto di una generale caduta delle barriere morali e di un profondo degrado della coscienza etica collettiva, ciò non toglie che è irrealistico puntare a una riduzione della violenza concreta esistente nella società, se non viene posto un freno al dilagare di quella virtuale.

Per fortuna, nel profondo del cuore umano non vi sono soltanto abissi di male, ma anche di bene; e questa è l'altra faccia della medaglia del grande mistero chiamato uomo.
Bisogna avere dunque il coraggio morale e l'onestà intellettuale di desistere dalla odierna, dissennata esaltazione degli impulsi distruttivi presenti nell'animo umano e tornare a proporre al pubblico, e specialmente ai giovani, dei modelli morali positivi.
Ne abbiamo già parlato nell'articolo «Parliamo ai giovani di mille cose superflue ma non parliamo più loro del Bene e del Male» (sempre sul sito di Arianna).
Quanti altri giovani, quanti adolescenti vivono una fase di grave confusione morale, come quella che attraversò Karla Homolka, e, invece di vedere attorno a sé degli esempi positivi da parte degli adulti, assistono ad una generale esaltazione delle forze malefiche, che non solo risponde a precisi interessi economici, ma che è tollerata e perfino assecondata anche da molti sedicenti intellettuali e uomini di cultura?