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Il silenzio e’ complicità. Ora siamo tutti criminali di guerra

di Joe Mowrey - 10/01/2009


 

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In risposta all’attuale brutale attacco a Gaza effettuato da Israele, un ben noto provider si e’ fatto promotore presso i suoi clienti - a distanza - di una petizione per l’urgente firma di un accordo di cessate il fuoco, e a prima vista il suo sembrerebbe un nobile tentativo. La compagnia che egli dirige opera per la comunita’ progressista e dona una parte dei suoi onorari a una vasta schiera di organizzazioni progressiste. Si potrebbe osservare che tale compagnia agisce di conserva con un noto cartello bancario internazionale per fornire ai suoi clienti i servizi delle carte di credito, ma cio’ che invece e’ piu’ interessante notare e’ che il genere di linguaggio col quale essa presenta la sua petizione sostiene circa la situazione di Gaza – intenzionalmente o no – la solita tesi sionista.

In primo luogo vi compare il punto di vista – arcinoto – che "il conflitto politico e storico che e’ la causa di questa violenza e’ vecchio di secoli e fin troppo complicato da spiegare…". Dovremmo credere, insomma, che la situazione della Palestina e’ talmente complessa che il cittadino medio non puo’ essere infastidito per fargliela capire, cosicche’ l’unica cosa ragionevole che dovrebbe fare sarebbe quella di accettare la versione che i mezzi di informazione gli ammanniscono come un sano boccone.

In realta’ il conflitto all’origine di questa violenza non e’ affatto vecchio di secoli, ne’ e’ troppo complesso da spiegare. Prima del 1900 ebrei e palestinesi vissero insieme in Palestina per generazioni senza mai arrivare agli attuali estremi livelli di odio e di violenza. Fu con l’avvento del Sionismo - ossia del movimento politico che vorrebbe estendere a tutta la Palestina storica l’insediamento di uno stato ebraico – che le tensioni cominciarono a crescere. I capi del movimento sionista cercarono di impossessarsi di pezzi sempre piu’ grossi di quella che essi consideravano la cosiddetta "terra promessa" (ossia assegnata loro da Dio) finche’ nel 1947-48 la violenta "pulizia etnica" effettuata dalle milizie sioniste per scacciare i palestinesi dalla loro madrepatria, e la creazione dello stato giudaico di Israele, dettero inizio al vero e proprio conflitto.

Da allora Israele ha accelerato la sua aggressione continuando a impadronirsi di sempre nuovo territorio palestinese attraverso insediamenti illegali nella zona occidentale del paese. Ha inoltre rifiutato di conformarsi alla Risoluzione 194 delle Nazioni Unite che garantisce ai palestinesi il diritto a ritornare nelle terre tolte loro nel 1947-48 a causa della guerra, oppure ad un congruo compenso. Fra l’altro, in conseguenza di quella guerra e di quella del 1967, Israele si espanse ben oltre i confini assegnatile dall’originaria partizione della Palestina, e cio’ in violazione sia delle Convenzioni di Ginevra sia dei termini che il piano originario di partizione delle Nazioni Unite aveva stabilito fin da quando esso venne concepito.

Benche’ i mezzi d’informazione ne parlino raramente – seppure ne parlano – la vera cusa del conflitto esistente nella Palestina non sono ne’ i palestinesi ne’ gli ebrei, ma bensi’ la colonizzazione sionista della Palestina. Il Sionismo, che e’ una forma virulenta di nazionalismo, promuove in seno alla societa’ israeliana una cultura di esclusivita’ e di diritti: gli ebrei sono "il Popolo Eletto" che vive nella "Terra Promessa". Questo atteggiamento essenzialmente razzista crea un’atmosfera che legittimizza punizioni collettive e violazioni dei diritti umani contro i palestinesi per il solo fatto che essi non sono ebrei e che "le vite degli ebrei hanno piu’ valore di quelle dei palestinesi". Tale atteggiamento venne riassunto nella dichiarazione che il Rabbi israeliano di estrema destra Eliyah fece nell’Aprile 2008: "La vita di un ragazzo yeshiva [allievo della scuola rabbinica] vale piu’ della vita di mille arabi".
La meta dichiarata del sionismo e’ sempre stata, e continua ad essere, l’espulsione dei palestinesi dalla Palestina e la colonizzazione di tutto il loro paese, e non soltanto di quella zona di esso che attualmente costituisce lo stato di Israele. Questa non e’ una vana supposizione, ma un fatto. Nel suo libro La Pulizia Etnica della Palestina Ilan Pappe, uno storico ebreo israeliano, fa un ben documentato racconto del trasferimento, brutalmente orchestrato, dei palestinesi dalle loro terre e del progetto sistematico per la colonizzazione della Palestina attualmente in corso. A sostegno di questi fatti, Pappe fa uso degli stessi archivi israeliani. Quanto a quei filo-sionisti che ritengono che Pappe sia troppo "un ebreo che si auto-odia" (termine spesso usato per calunniare qualsiasi studioso ebreo che osi mettere allo scoperto l’oscuro sottofondo del movimento sionista), essi possono leggere sostanzialmente le stesse cose negli scritti di Benny Morris. Costui e’ un fervente storico sionista perfettamente al corrente di tutti i fatti della storia sionista, ma riassume i risultati dei suoi studi col dire che, in effetti, la pulizia etnica fu un male necessario, e che il suo solo rammarico era che Israele non avesse completato questo lavoro fin dal 1948.

La seconda e piu’ sottile stortura sostenuta a spada tratta dai promotori della petizione che sollecita il cessate il fuoco a Gaza e’ contenuta nella seguente dichiarazione: "Entrambe le parti in lotta continueranno ad agire come hanno sempre fatto, se penseranno che il mondo resti a guardare e consenta loro di farlo". Ebbene, lungo gli ultimi sessant’anni il mondo e’ rimasto a guardare ed ha permesso a Israele di colonizzare aggressivamente il territorio palestinese in violazione del diritto internazionale e delle Convenzioni di Ginevra. Ma cio’ che la dichiarazione sottintende e’ che il popolo palestinese, per opporsi con la resistenza alle azioni illegali di Israele, abbia bisogno del benestare della comunita’ internazionale. Sarebbe come se una famiglia estranea si stesse trasferendo nel salotto di casa vostra e voi aveste bisogno di un permesso per impedirglielo.

I racconti sionisti cercano di dipingere Israele come una vittima di una non provocata violenza palestinese. Ma la resistenza palestinese alla colonizzazione della loro terra da parte di Israele e’ un diritto riconosciuto dalle leggi internazionali. La tesi – ampiamente accettata e sbandierata a gran voce – che "Israele ha diritto di difendersi" altro non e’ che un grottesco travisamento di quanto dice la legge, proprio come il caso citato sopra di chi abbisognasse di un permesso per cacciare un estraneo da casa sua. Secondo le leggi internazionali Israele non ha alcun diritto di "difendere" la sua pulizia etnica e la sua illegale occupazione della Palestina. L’attacco di Gaza, come pure ogni azione di Israele contro una resistenza palestinese - violenta o non violenta - non e’ un atto di autodifesa, bensi’ un atto di aggressione contro un movimento di resistenza legittimo. Israele non sta difendendo sé stessa, sta difendendo la sua illegale occupazione del territorio palestinese.

Da un punto di vista strettamente morale e’ assurdo far credere che il mostruoso assalto lanciato contro il popolo di Gaza, prigioniero e indifeso, dalla quarta potenza militare del mondo possa essere comunque giustificato dal lancio contro Israele di qualche primitivo razzo di fabbricazione domestica. A Gaza vive un milione e mezzo di persone che non hanno esercito ne’ marina ne’ aviazione, e piu’ di due terzi della popolazione e’ costituita da donne e bambini. Dopo aver avuto il coraggio, nel Gennaio 2006, di indire elezioni democratiche, i palestinesi hanno visto incarcerare e assassinare quelli che avevano eletto. Il governo che essi avevano formato venne tolto di mezzo da un colpo di forza amministrativo e sostituito nella zona ovest dal partito fantoccio Fatah. Quando il movimento di resistenza Hamas volle opporsi a questo colpo e pretese di assumere il governo per il quale era stato liberamente e onestamente prescelto, fu esso che venne considerato aggressore, e non quelli che lo avevano escluso dal potere. Ancora una volta le leggi vennero travisate ed usate per giustificare la demonizzazione del movimento Hamas.

Per peggiorare le cose, Israele, nel tentativo di costringere i palestinesi di Gaza ad abbandonare i rappresentanti da loro liberamente eletti, hanno tenuto Gaza sotto assedio (con l’aiuto della comunita’ internazionale) per gran parte degli ultimi tre anni, privandoli di molte delle cose piu’ necessarie alla vita, finanche di carta, matite, testi scolastici e fazzoletti di carta. Recentemente Israele ha aggiunto alla lista dei divieti di importazione anche le scarpe e i vestiti, sostenendo che il movimento Hamas potrebbe usarli per farne uniformi militari. E questo nonostante il fatto che Israele giustifichi spesso l’uccisione di civili a Gaza asserendo che i miliziani dello Hamas non sono distinguibili dai civili perche’… non portano uniformi militari!

Il principale impianto elettrogeno di Gaza e’ stato bombardato, limitando gravemente cosi’ la fornitura di energia elettrica necessaria per servizi idrici e fognature, a parte l’ovvio uso domestico quotidiano. La fornitura di combustibile e’ stata limitata, l’importazione di cemento ridotta, impedendo cosi’ di riparare i fabbricati civili. L’aeronautica israeliana ha usato gli aerei a reazione F-16 fornitile dagli Stati Uniti per eseguire su Gaza frequenti voli a bassa quota a velocita’ supersonica generando micidiali rombi supersonici i quali, come affermato a Gaza dal settore della Sanita’ per le Malattie Mentali e dai Medici dei Diritti Umani, "stanno provocando gravi conseguenze sui bambini della citta’, fra cui stati di ansieta’, panico, paura, turbe di concentrazione, e compromissione dell’attivita’ scolastica". Si sospetta anche che tali rombi supersonici provochino aborti alle puerpere palestinesi.

Questi sono soltanto alcuni pochi esempi della guerra di punizione collettiva e di terrore che e’ stata scatenata contro la popolazione civile di Gaza. Tale tattica si e’ andata intensificando negli ultimi tre anni, culminando nelle ultime sei settimane nella quasi completa privazione di commestibili, medicine, energia elettrica e gasolio per il milione e mezzo di abitanti di Gaza. Figuriamoci quindi come potrebbe lo Hamas impegnarsi in una resistenza contro Israele.

Questo retroscena della devastazione di Gaza viene completamente ignorato dai mezzi d’informazione americani associati, e anche da gran parte di quelli cosiddetti progressisti. E’ come se la storia fosse cominciata solo qualche mese fa. A un tratto quei pazzi terroristi hanno cominciato a lanciar razzi su Israele senza un motivo al mondo. Come osano? A questa affermazione, pero’, nessuno obietta nulla. I cosiddetti mezzi di informazione alternativi si strappano i capelli e sono in grande agitazione per la sproporzionata reazione di Israele, e si mostrano colpiti dalle sofferenze del popolo palestinese, ma poco si parla del fatto che i miliziani palestinesi hanno realmente un motivo per lanciare razzi su Israele.

Negli ultimi sessant’anni Israele non ha mai fatto uno sforzo sincero per evitare conflitti coi palestinesi. Al contrario, questi conflitti sono stati continuamente attizzati allo scopo di facilitare e legittimare la colonizzazione della Palestina. A parte la continua vuota retorica di Israele che afferma di volere un partner in condizioni di pace, sin dal 1967, ossia da quando ebbe inizio la campagna di insediamento illegale, non vi e’ stato un solo governo israeliano che non abbia aumentato i suoi insediamenti della zona occidentale. E tutto cio’ in diretta violazione delle Convenzioni di Ginevra, per non parlare dei molti cosiddetti accordi susseguitisi negli anni e nei quali Israele prometteva di porre fine all’espansione dei suoi insediamenti.

In sintesi, Israele sta colonizzando la Palestina. Questa e’ la meta che i suoi fondatori sionisti hanno sempre inteso raggiungere, e da questo progetto il regime attuale non intende discostarsi. Tutte le altre rivendicazioni del governo israeliano sono soltanto astuzie e bugie. E questa frode e’ stata perpetrata con l’appoggio e l’incoraggiamento di tutti i governi americani succedutisi dal 1947 in poi; infatti nessuna delle attuali aggressioni illegali di Israele avrebbe potuto aver luogo senza l’approvazione degli Stati Uniti e senza il massiccio aiuto militare da loro fornito.

Questa e’ la storia dell’attuale conflitto che noi non abbiamo il permesso di ascoltare; e non gia’ perche’ non possiamo capirla per la sua complicazione, ma perche’ essa offenderebbe troppo la sensibilta’ di quelli che sostengono ciecamente Israele.

Mentre a Gaza si susseguono gli orrori, cosa potremmo noi fare? Possiamo solo dare al popolo di Gaza un aiuto materiale ed emozionale aiutando economicamente le organizzazioni assistenziali e parlando chiaro contro i crimini di guerra che cola’ vengono commessi, anche se poco si puo’ fare in questo breve lasso di tempo per migliorare la situazione. Gia’ abbiamo visto, dai tanti tentativi fatti per scongiurare la guerra in Irak, che per quante voci si levino a protestare il palcoscenico internazionale e’ gia’ preparato, e i soliti attori reciteranno sino alla fine la loro parte di questo disastro come fa comodo a loro, indipendentemente dai nostri sforzi per fermarli.

E che dire su quanto tutto questo durera’? La situazione e’ tremenda. I nostri discorsi pubblici sono una cornucopia di bugie, mistificazioni e dinieghi. I fatti vengono considerati irrilevanti. La realta’ viene capovolta e le parole hanno perso il loro significato. La violenza imperiale e coloniale viene definita legittima autodifesa. La resistenza a questa violenza viene definita terrorismo. Gli Stati Uniti e Israele, due delle piu’ celebri cosiddette democrazie, sono in realta’ nazioni-canaglie militarizzate impegnate in punizioni collettive, in torture, in guerre di aggressione, e in politiche estere criminali che disprezzano in modo flagrante persino i concetti piu’ basilari della lealta’ e dell’umana decenza.

Negli Stati Uniti la cosiddetta Sinistra ridimensiona via via tutte le successive atrocita’ che vengono o commesse o appoggiate dal nostro governo. Israele assale Gaza usando i nostri soldi e le nostre armi, e noi firmiamo una petizione che invoca la fine della violenza. Ogni quattro anni ci impegniamo in un vortice di attivismo politico e votiamo in elezioni truccate che non fanno altro che legittimizzare l’operato della cricca al comando.

Cio’ che invece dovremmo fare sarebbe boicottare queste elezioni truffaldine ed impegnarci un una azione decisa che promuova un sollevamento popolare contro l’esistente struttura che ci governa. Ci vuole un rivoluzione sociale non violenta che crei una struttura politica nuova, perche’ con quella attuale il perpetuarsi dell’impero e’ istituzionalmente preordinato. Agli americani viene permesso di mescolare le carte e distribuire una mano di tanto in tanto, ma sempre dallo stesso mazzo.

La situazione in Palestina, al pari di quella di molti altri violenti conflitti mondiali, non e’ altro che un sintomo del male che affligge l’impero americano. Gaza e’ soltanto un’altra scena sanguinaria nell’incubo imperiale di morte e di distruzione attualmente in corso. Se vogliamo fermare gli insensati massacri che stanno avvenendo a Gaza, in Irak, in Afghanistan, e in tanti altri luoghi, dobbiamo alzarci in piedi e dire no. E non soltanto a cio’ che viene fatto, ma alla fetida e inarrestabile macchina imperialista che lo fa, lo esporta e lo coltiva. Finche’ non distruggeremo questo ciclo di spaccio organizzato di potere e di militarismo violento rifiutando di parteciparvi, dovremo soltanto incolpare noi stessi della morte di tanti uomini, donne, e bambini innocenti che vengono colpiti dalle nostre bombe. Il loro sangue e’ sulle vostre mani e sulle mie. Ormai noi americani siamo tutti criminali di guerra.

Joe Mowrey e’ un attivista palestinese che si batte per i diritti umani e contro la guerra. Vive nel New Mexico (Stati Uniti), a Santa Fe, con sua moglie, anch’essa… criminale di guerra e tre cospiratori… canini. Puo’ essere contattato all’indirizzo:: jmowrey@ix.netcom.com.


Articolo originale (5 Gennaio 2009 ):
www.dissidentvoice.org/2009/01/silence-is-complicity/

Traduzione di Rolando M.