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L'abitudine e l'Uomo nuovo

di Nando Dicè - 14/01/2009

Fonte: rinascitacampania

 
Volendo svegliare le coscienze di un popolo si incontra un gran nemico: L'abitudine. Brutta bestia l'abitudine, fa sembrare normale ciò che normale non è. E con questo ti pone in posizione di relativa contraddizione. Il primo nemico di un uomo libero è l’uomo abituato. Quello abituato ad essere disoccupato, bistrattato, umiliato, emigrato, separato dai propri cari, dai propri affetti e che considera tutto ciò normale.

Come una normale complicazione essere nato al sud, un semplice incidente nel percorso della vita. Questa contraddizione è comunque apparente e al limite comprensibile. Si mutua come esempio l'inconsapevole Malcom X, nel dimostrare che la sua lotta, non era una pura astrazione razziale dei negri contro i bianchi ma era la giusta rivendicazione di un popolo colonizzato nei confronti di un popolo imperialista. Nei paesi confederati del sud America, uniti dalla volontà di conservare lo schiavismo, molto prima che a Lincoln (possessore di schiavi) si facesse capire che un uomo libero produceva di più e costava di meno di uno schiavo, c'erano stati altri tentativi di liberare gli schiavi. Tentativi condotti non da uomini bianchi ma da schiavi consapevoli di essere tali e decisi a ribellarsi. Cosa che ci fa capire che c'erano due tipi di schiavi uno che aveva conosciuto la libertà e che quindi cercava di riconquistarla e l'altro che era nato schiavo, che era vissuto in cattività e che per abitudine considerava normale la sua vita da schiavo. Considerava normali le frustrate, il lavoro durissimo, le umiliazioni, l'essere trattato da animale e anche quando il padrone giaceva nel letto con la sua donna, anche questo faceva parte dell'essere schiavo e per lui non esistevano altre strade, altre vite. Capitava che il principale nemico dello schiavo che rivendicava la sua natura di uomo libero, non era il padrone ma, sembra assurdo dirlo, era l'altro schiavo. Inutili i tentativi di far capire allo schiavo rassegnato che tutto ciò non era scritto nel suo destino, che tutto questo non era una normale complicazione di chi era nato nero. Ma che il tutto era, sì colpa del sistema, ma anche il frutto della sua rassegnazione. I "Briganti" che conobbero la libertà e non l’assuefazione allo “schiavismo”, furono massacrati dai piemontesi che per 15 anni misero tutto il loro impegno nel perseguitare gli ultimi difensori del sud, allo stesso tempo uomini nati liberi e memoria storica della libertà del popolo. E che per i primi 5 anni conservarono 120.000 armati in pianta stabile temendo che il nostro popolo li cacciasse a calci nel sedere. Oggi siamo abituati a celebrare il “rito” delle elezioni che hanno come unico scopo quello di giustificare con un “consenso formale” il potere di farci del male delle oligarchie economiche imperanti. Ma l'esempio dei briganti non può essere dimenticato e mentre tutto intorno fumano le rovine delle ideologie il vero sud si rialza ed il ricordo degli uomini liberi ci servirà di nuovo. A chi, se non a chi ha conservato almeno la dignità e la speranza di essere liberi potrà fare appello il nostro popolo? Per trasformare la rassegnazione in speranza non pecore stanche ci vogliono ma uomini nuovi, nuovi Briganti. Con il Sud troppa gente si riempie la bocca ma contemporaneamente...le sole proprie tasche.