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L'esoterismo

di Alberto De Luca - 02/02/2009

Originariamente, avremmo dovuto recensire il quinto volume della collana Viridarium,  interamente dedicato alla storia delle dottrine dell’esoterismo occidentale e frutto della pubblicazione degli atti del convegno tenutosi a Venezia, presso la Fondazione Giorgio Cini dal 29 al 30 ottobre 2007, recante come titolo appunto “storie delle dottrine dell’esoterismo occidentale” (d’ora in poi sdeo).
Giorno dopo giorno, però, affioravano personalissimi dubbi e quesiti irrisolti attinenti alla tematica esoterismo, che, forse per eccessiva discrezione oppure timore, non avevano mai trovato modo di manifestarsi apertamente.
La combinazione di quella recensione e delle proprie istanze chiarificatrici hanno dunque determinato l’ampliamento della recensione stessa, che riguarderà ora tre testi anziché uno, nonché l’inserimento di alcune brevissime riflessioni sull’esoterismo. Riflessioni che in ogni caso non tenteranno di esaurire questo argomento anche perché, essendo personalmente privi di qualsiasi “esperienza di esoterismo”, si limiteranno unicamente all’exoterismo dell’esoterismo ossia all’aspetto esteriore dell’esoterismo, mutuando così una felicissima espressione di Mino Gabriele rintracciabile anche in sdeo.
Riteniamo, infatti, che la sostanza di un’esperienza spirituale rimanga de facto sempre incomunicabile ed inesprimibile. Ogni discorso su di essa, pertanto, finisce per stazionare al suo limite. Qualsiasi ragionamento sull’esoterismo, di conseguenza, è un’argomentazione meta-esoteristica ad eccezione di quei rari casi di effettiva illuminazione: ma anche qui come potremmo “riconoscere” l’illuminato se non lo fossimo pure noi?
Prima di continuare, è fondamentale ricordare l’etimologia ed il significato della parola esoterico, la quale deriva dal greco esoterikos con il senso di interiore, comparativo di dentro (eso oppure iso). Con questo aggettivo furono denominati i discepoli di Pitagora ammessi nell’interno della scuola, laddove vedevano il filosofo e ne ascoltavano le lezioni, contrariamente agli “esterni”, chiamati exotericos, esclusi da tutto ciò.
In linea generale, riteniamo che di fronte all’esoterismo si possano assumere due posizioni.
La prima lo interpreta in maniera critica in quanto tentativo di far sussistere una parte della tradizione a detrimento dell’altra sua parte. Questo si esplica nell’accettazione del mero lato esoterico (invisibile) su quello essoterico (visibile, exoterico). Questa sorta di particolare sclerotizzazione comporta un implicito rifiuto, se non addirittura avversione, verso tutto quanto si riferisca alla tradizione visibile. Rifiuto pertanto della ritualità, della morale e della dottrina nella convinzione di poterne fare a meno. Un atteggiamento che si rivela poco giudizioso proprio come quello di una persona claudicante che decida di rinunciare alle grucce che la sorreggono. In questo primo porsi innanzi all’esoterismo, la problematizzazione di quest’ultimo si accompagna però al riconoscimento di un necessaria compresenza all’interno della Realtà di lato esoterico e di uno essoterico.
L’altra posizione invece, contrariamente alla precedente, non operando alcuna differenziazione tra l’esoterismo e l’esoterico in quanto tale, li identifica per negarli ambedue. Il rifiuto è totale e l’orizzonte della Realtà è confinato in una sola dimensione, quella del visibile. Un estremismo pure questo che costringe la Realtà alla sua sola visibilità dunque, ma opposto al precedente che invece si limitava alla Realtà invisibile.
Alla recensione del libro curato da Alessandro Grossato, per noi vero e proprio “libro galeotto”, se ne sono aggiunte ora altre due, che riguardano l’illustre accademico Antoine Faivre. È solo una questione metodologica che ci porta ad iniziare da quest’ultimo.
Antoine Faivre è l’autore di due testi che sono stati definiti “manuali di esoterismo”, la cui estrema comprensibilità ne ha decretato il successo anche a livello accademico. Questi testi ampiamente documentati, pur se privi di un rigoroso impianto di note esplicative, fotografano l’esoterismo nella sua pletora fenomenica. Il primo di essi s’intitola “L’esoterismo”,  l’altro invece “Esoterismo e Tradizione”.
Nel primo di questi, l’autore elabora ed offre al lettore una definizione scientifica dell’esoterismo, superando, non senza qualche difficoltà, quella che potrebbe essere una contraddizione in termini, ovvero quella di voler parlare scientificamente di un oggetto che è per antonomasia anti-scientifico.
Faivre lo denota essenzialmente come una “forma di pensiero” caratterizzata dalla compresenza di sei elementi fondamentali, la cui distribuzione è variabile a seconda del contesto storico. Sostanzialmente l’autore pensa l’esoterismo in modo intellettuale e lo ritiene avulso da qualsiasi aspetto operativo quasi fosse solo una ideologia, senza però mai motivare questa sua convinzione, che lentamente assurge ad una specie di dogma.
Gli elementi fondamentali della definizione di esoterismo, indicati da Faivre, si dividono in due parti: intrinseci e secondari. In realtà questi elementi sono il precipitato delle varie correnti animanti la galassia dell’esoterismo, tutte presenti eccetto una, la Massoneria che non viene mai presa in considerazione dallo studioso francese. Un fatto questo abbastanza curioso e certamente da comprendere alla luce dell’esperienze personali dello stesso studioso.
Fanno parte degli elementi intrinseci “le corrispondenze”, ossia l’esistenza di corrispondenze simboliche e reali tra tutte le parti dell’universo - visibile ed invisibile – che soppiantano i principi di non contraddizione e del terzo escluso, la “Natura viva”, vale a dire la “magia naturalis” che reca la conoscenza delle reti di simpatie ed antipatie unenti le cose della Natura e l’applicazione concreta di tali conoscenze, “l’immaginazione e le mediazioni”, che sono riassumibili nell’importanza accordata all’iniziatore alla conoscenza (guru, Maestro), ed infine “l’esperienza della trasmutazione”, a significare la conoscenza illuminata mutuata soprattutto dall’alchimia e dalla teosofia.
A questi fattori vanno aggiunti quelli definiti prima come secondari, ovvero “la pratica della concordanza”, che è quella tendenza a stabilire denominatori comuni tra due o più tradizioni diverse, e “la trasmissione”, vale a dire l’importanza accordata alla regolarità nella trasmissione degli insegnamenti dell’esoterismo.
In questo elenco, forzatamente da noi condensato in poche frasi, se è facile rinvenire in filigrana le “branche” dell’esoterismo, dalla magia alla teosofia passando per l’alchimia, manca però la “segretezza”, una nozione che rinvia alla gravitas della stessa conoscenza e che forse sarebbe dovuta figurare tra gli elementi intrinseci dell’esoterismo. Un’assenza notata del resto anche da un’altro degli accademici che si occupano di questa materia, vale a dire Marco Pasi, il quale, denunciandola apertamente, ne ha limitato pure il senso al solo concetto di “non proferibilità”, senza però anche lui argomentarlo all’interno di sdeo.
Le prime pagine di “L’esoterismo” sono perciò fondamentali per poter inscrivere l’impostazione dell’autore all’interno di quei due possibili atteggiamenti assumibili di fronte all’esoterismo e già esposti all’inizio di questo breve scritto.
Il riconoscimento della debolezza lessicale del termine esoterismo, causa nel tempo di innumerevoli interpretazioni o mistificazioni, anticipa la precisazione del senso in base al quale esso sarà trattato da Faivre: l’esoterismo non avrà il senso del “segreto” e nemmeno del “luogo spirituale”, ambiti questi attinenti invece all’aggettivo esoterico e conformanti anche l’ambito religioso tout court.
L’impostazione di questo “esoterologo” - il neologismo è dello stesso Faivre - si manifesta chiaramente denotando l’assenza di qualsiasi implicazione di tipo “religionista” nell’esoterismo e collocandolo al di fuori dell’ambito semantico della religione in senso lato. Una convinzione che è cifra anche di una distanza intellettuale intercorrente tra il francese e l’esperienza del “circolo di Eranos”.
Partendo da questi presupposti, l’autore vaglia il suo oggetto solo in maniera fenomenica, adottando così una prospettiva di stampo storicistico, che implicitamente negherà al suo stesso oggetto una propria vita passata. L’esoterismo, per Faivre, non è mai esistito prima, perché etimologicamente moderno, e quindi non può essere nemmeno una parodia dell’esoterico, dato che non avendo un prius quam non è possibile scorgervi alcun decadimento.
L’esito scontato, anche se ben dissimulato, è quello di negare esistenza a tutto ciò che è esoterico e per farlo, si inizia dall’esoterismo.
La seconda parte del volume è dedicata, invece, al censimento di tutta le pletora esoterica moderna, comunicando così indirettamente (o forse no) lo stato effimero di molte delle esperienze dell’esoterismo, che appare alla fine uno spazio libero in cui tutto e tutti possono inserirsi, dai millantati guru ed upaguru fino ai novelli templari, detentori ognuno di una propria definizione del termine esoterismo che caratterizzano, dilatandone o restringendone il campo semantico a seconda delle proprie esigenze.
Nell’altro suo libro, “Esoterismo e Tradizione”, l’attenzione di Faivre mira piuttosto a distinguere tra un “tradizionalismo” per cui l’esoterismo è un sistema chiuso, esposto dunque al rischio di divenire dogmatico ed autoreferenziale, ed un’altro che presenta solo un “interesse esoterico per le tradizioni ed i simboli, presentandosi come metodo più che verità.
Nella fattispecie, l’interesse critico dell’autore si rivolge soprattutto a quella corrente dell’esoterismo denominata in inglese perennialism, che egli stesso connota come esacerbazione della “pratica della concordanza”. È un dato di fatto però che questa corrente sia l’unica, tra le altre appartenenti al milieu esoterista, ad includere naturalmente (e normalmente) anche un aspetto essoterico e quindi a distanziarsi da quella estremizzazione dell’invisibile segnalata all’inizio.
Il libro curato da Alessandro Grossato, “Forme e correnti dell’esoterismo occidentale”, si caratterizza, già dalla sua copertina, per una scelta minuziosa dei dettagli e per un controllo mirato delle parole, quasi ad intuire il versante esposto in cui si sta avventurando. La struttura espositiva del libro risulta estremamente logica e funzionale, annunciandone una prima parte tipicamente “dottrinale” ed un’altra prettamente storica. Nella prima, all’introduzione di Alessandro Grossato, riassuntiva delle tappe che hanno portato alla nascita dello studio universitario dell’esoterismo, succede così l’esposizione della definizione scientifica di esoterismo avanzata da Antoine Faivre e già considerata in precedenza. L’empreunt storicista del libro, che si dipana attraverso un preciso itinerario cronologico, inizia pertanto con Kocku von Stuckrad, che affronta la tematica inerente la concezione della sapienza in Occidente nel periodo che si estende dalla tarda antichità fino al XIII secolo. Francesco Zambon, invece, ricava eventuali ricorrenze simboliche a partire dai primi Padri della Chiesa fino ai romanzi medievali del Graal, mentre Nicholas Goodrick-Clarke propone nuove interpretazioni sulla vita spirituale di Raimondo Lullo. Moshé Idel riferisce sull’influenza della Kabbalah ebraica in Italia nel XVI secolo e Jean-Pierre Brach introduce il lettore all’aritmologia rinascimentale, laddove Joscelyn Godwin si sofferma sul legame simbolico intercorrente tra astronomia e musica nell’opera di Keplero e di Kircher. Wouter Hanegraaff sviluppa, viceversa, la propria interessante teoria in merito alla derivazione protestante dell’esoterismo moderno. Mino Gabriele ed Agostino De Rosa illustrano, a loro volta, le orme lasciate dall’esoterismo nel campo delle arti figurative. A Jean-Pierre Laurant viene dato modo di riepilogare un capitolo poco conosciuto della storia intellettuale dell’Ottocento europeo, la cui importanza non va assolutamente trascurata e Thomas Hakl descrive la particolare figura di Franz Sättler. Infine, Marco Pasi problematizza in maniera diversa la definizione teorica dell’esoterismo.
La distanza da posizioni cosiddette “religioniste”, ripetutamente rivendicata da molti degli studiosi citati, induce inevitabilmente a ritenere che la caratteristica fondamentale delle correnti esoteriche occidentali consista appunto nell’aver investito un dominio di speculazione che la teologia, a partire dalla fine del Medioevo, avrebbe abbandonato per farne un oggetto di riflessione meramente scientifica: la superiorità della cosmologia o della natura ad esempio.
L’angolatura da cui osservare l’oggetto “esoterismo” sarebbe, anche qui dunque, necessariamente storicistica e questo partendo da una definizione dell’oggetto stesso, che risulta però in fieri nonostante l’apporto prezioso di Faivre. Ritorna anche qui il paradosso, solo apparentemente risolto da quest’ultimo, di dover circoscrivere una “cosa” che fa dell’illimitatezza il suo “essere” ed il suo “manifestarsi”.
In questi interessantissimi libri ci pare manchi una disamina filologica del termine in esame. Non è sufficiente, infatti, denunciare la debolezza lessicale del termine esoterismo e poi subirlo passivamente quasi fosse un dato di fatto. Al contrario, sarebbe forse auspicabile uno studio più attento, anche se contenuto, che indaghi e riveli le motivazioni che hanno portato al conio di questo neologismo.
Questo è del resto ancora più necessario nell’ambito delle cosiddette scienze tradizionali, siano esse eminentemente “operative” oppure meta-esoteristiche, giacché in esso è ben ferma l’idea che l’azione del nominare stacchi e chiami alla vita una parte della Realtà.
È precisamente per questo che potremmo anche sostenere, seguendo Pasi in sdeo, che i fenomeni storici esistano indipendentemente dalle parole che l’uomo in genere (e gli studiosi in particolare) adopera per descriverli, ma parimenti dovremmo anche dissentire dall’idea che la parola, che si usa, sia una mera convenzione.
La filologia è dunque l’unica ad essere in grado di fornire l’initium di questo genere di ricerca. È vero infatti che solo a partire dall’etimo originale, specie di Ur-Wort, possiamo riconoscere gli sviluppi successivi, anche fenomenici, della parola in sé. Ma questo vale, ovviamente, solo per chi sia disposto a riconoscere la validità ed applicabilità del broccardo nomen est omen.
Possiamo notare allora come ciò che un tempo era “semplicemente” esoterico, ora sia divenuto una specie di pan-ideologia di stampo spiritualista, in ciò concordando con Faivre, e che questo sia sottolineato dal passaggio del termine in esame da un uso aggettivale (esoterico) a quello invece attuale, sostantivato (esoterismo).
Il termine esoterico, infatti, sta all’esoterismo, come l’idea, platonicamente parlando, sta all’ideologia – nel senso etimologico del termine. Ne deriviamo che l’esoterismo si avvicini molto di più alla “sclerotizzazione” dell’esoterico, che ad una serie di correnti storiche accomunate da una medesima “air de famille”, per dirla come Faivre.
Solo precisando quanto ora esposto, possiamo accettare la locuzione “forma di pensiero” quale connotazione principale dell’esoterismo, perché in questo caso l’autore avrebbe già provveduto a diversificare tra una parodia, l’esoterismo tout court e come tale essenzialmente moderno, ed una parte “concreta” della Realtà quantunque invisibile (esoterica), ma presente in ogni tradizione.
L’assenza di questo discernimento ci fa ritenere dunque che esso sia stato voluto dall’autore stesso e ciò per negare implicitamente l’esistenza all’interno di ogni forma tradizionale di due livelli, mutuamente comprendenti ed escludenti, che sono l’essoterico e l’esoterico.
Simile orientamento è rinvenibile anche nella maggior parte degli studiosi che compaiono nel volume curato da Alessandro Grossato, ciò che ci induce ad inserirli in quel secondo atteggiamento possibile di fronte all’esoterismo, abbozzato all’inizio dello scritto.
Libri, già detto, estremamente interessanti e ben congeniati, dai quale però riemergono i personalissimi dubbi in merito alla possibilità di collegare Ermete Trismegisto oppure Pitagora alle correnti esoteriste dell’Ottocento o del Novecento, proprio perché la mancanza di una forma essoterica di una tradizione rende “folkloristica” la sopravvivenza del suo lato esoterico sic et simpliciter. Di questa impossibilità di “essere esoterismo” senza una base visibile su cui innestarsi, si dovevano essere accorti sia Francesco Patrizi che Giordano Bruno, se è vero che questi intendevano ripristinare una “religione autentica fondata sugli scritti ermetici e sugli oracoli zoroastriani”.
Diverso sarebbe infatti ammettere che, per un principio di vasi comunicanti, gli arcana pitagorici ed ermetici, ad esempio, siano confluiti nel Cristianesimo o in un’altra tradizione e colà rielaborati e sopravvissuti. Un’affermazione pienamente condivisibile e dimostrabile, che però non viene presentata, a meno di sviste personali, in nessuno dei libri recensiti.
La particolare attenzione dedicata da Faivre alla corrente inglese denominata perennialism, ci permette di problematizzare il concetto stesso di “unità trascendente delle religioni”.
Assumere come incontrovertibile certezza che l’“unità trascendente delle religioni” unifichi solo determinate parti delle religioni (tradizioni), le parti esoteriche per la precisione, equivale a creare un “dogma”, che non convince perché tende ad idealizzare solo un aspetto della realtà misteriosa, vale a dire la sua parte esoterica. Quest’ultima, invece, non è niente di più che la constatazione oggettiva del ristretto numero di persone attratte dalla conoscenza del Mistero,  scarsità che dipende direttamente dai mezzi intellettuali e dalle grazie elargite in maniera diversa da uomo a uomo.
L’origine vedantina di questo concetto, che viene quindi calato come uno stampo nelle altre tradizioni, corrobora inoltre l’idea che il perennialism abbia adottato una metodologia riduzionistica per forgiare una specie di super-religione, ignorando, sembra, il materiale che già il Cristianesimo forniva.
Il concetto di “unità trascendente delle religioni”, dunque, è tanto più criticabile quanto più si fonda sulla scissione di un complesso dottrinario unitario in parti distinte, di cui solo ciò che è coerente con una astratta struttura idealtipica, determinata aprioristicamente, diviene ipso facto tradizionale.
Il problema ed il pericolo costituito dalla corrente perennialism starebbe tutto qui e non, viceversa, nel ritenere che esista “a monte” una comune origine divina, che in modi ed in tempi diversi si è manifestata formalmente in maniera diversa.
Siamo convinti che ognuno all’interno della propria tradizione di riferimento debba accettare l’insegnamento essoterico non come fosse la verità, ma come qualcosa dietro a cui si trova la verità (il lato esoterico che deve essere svelato), ecco perché risulta importante accettare e comprendere la Realtà in questi suoi due domini mutuamente includenti ed esclusivi.
All’osservanza delle regole ordinarie possiamo e dobbiamo, se ne siamo capaci, penetrare nel Mistero della nostra tradizione.
In conclusione, vorremmo formulare due domande aperte in merito ai libri ora recensiti: è possibile spiegare perché secondo Faivre, l’esoterismo si sarebbe costituito “alla fine del Medioevo”? L’utilizzo del sostantivo esoterismo non indica forse già una precisa volontà di secolarizzare ciò-che-è-esoterico?