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Il mistero dei soci delle banche: "ci sono" o "ci fanno"?

di Marco Saba - 13/05/2009

Fonte: leconomistamascherato.blogspot



In altri articoli e libri mi sono occupato di descrivere come le banche
nascondono l'utile reale, la rendita monetaria effettiva, derivante dalla
creazione del denaro dal nulla a danno della società in generale. Ho
denunciato come il denaro così creato viene distribuito prestandolo al
pubblico e creando titoli fittizi di presunzione di debiti relativi ad
interessi che non trovano corrispondenza in denaro realmente esistente,
cosicché l'intero meccanismo rappresenta un sistema di espropriazione
perpetua ed illegale dei beni reali degli pseudo-debitori per
l'impossibilità matematica di assolvere - nell'aggregato - alle obbligazioni
derivanti dai contratti. Contratti legalmente nulli, quindi. Ho manifestato
tutta la mia perplessità nei confronti della magistratura che dimentica di
indagare a fondo questi fenomeni che comportano tutta una serie di delitti
accessori che culminano nell'autoriciclaggio, delitto per la verità
quest'ultimo non ancora previsto dalla legge. Ho fatto pazientemente ed
inutilmente rilevare che è assurdo che l'utile derivante dalla effettiva
rendita monetaria venga nascosto nel bilancio all'interno delle passività,
creando una somma doppia di irregolarità: primo, perché non è messo
all'attivo da cui scompare; secondo, perché mettendolo al passivo diminuisce
artificialmente gli utili reali. A nulla è servito descrivere poi come
regolarmente le banche intrattengono conti correnti segreti presso
meccanismi internazionali di compensazione, come è emerso da una commissione
parlamentare francese antiriciclaggio, attraverso i quali è facile
ipotizzare il meccanismo principale dell'occultamento degli enormi capitali
illeciti che finiscono invariabilmente nei cosiddetti paradisi fiscali. Ma
niente. L'omertà che ancora oggi avvolge l'ambiente circostante e tutta la
questione è impressionante. Il 27 aprile 2009 abbiamo partecipato ad una
trasmissione di un'ora su ODEON TV per denunciare pubblicamente il
meccanismo della riserva frazionaria e del signoraggio: ho parlato di alto
tradimento relativamente al Trattato di Maastricht, della necessità di una
operazione "banche pulite" da parte della magistratura, sia per punire i
responsabili all'interno delle banche che per restituire fiducia - da parte
della clientela - verso il sistema bancario, una volta emendato dalle cose
guaste. La mattina dopo scoppiò lo scandalo dei derivati e la procura
ambrosiana sequestrò mezzo miliardo di euro, a quattro banche di primaria
importanza, con l'Operazione Fures della Guardia di Finanza. In un paese
normale si sarebbe sentita un'eco di questi avvenimenti, invece... silenzio
perfetto, come se nulla fosse accaduto. Anche i media italiani si vede che
avevano ben altro a cui pensare, stranamente, visto che la “questione
banche” da mesi occupa le cronache quotidiane in gran parte del mondo. Ma la
domanda indiretta che pone il titolo è un'altra: se le banche si appropriano
di queste cifre favolose, a chi vanno questi soldi? Abbiamo visto a chi
vengono sottratti: alla comunità come potere d'acquisto e al suo organo di
rappresentanza, lo stato, tramite l'evasione fiscale. Ma chi li prende? Ora,
è evidente che se i bilanci sono falsi, questi soldi non li vedono nemmeno i
soci stessi delle banche, perché, a logica, contabilmente "non esistono".
Per esclusione, eliminerei anche i dipendenti di rango inferiore degli
istituti bancari, benchè siano correi dell'appropriazione indebita e del
riciclaggio a cominciare dal semplice cassiere. Non rimane che il livello
alto: quello del management. La direzione strategica delle banche: questi
non possono non sapere. I soci però – premetto che quelle che seguono sono
mie considerazioni inedite - non saranno tutti ingenui. Diciamo che ci
saranno almeno due categorie: la A (i soci che "ci fanno") e la B (i soci
che "ci sono"). Nella categoria A, quella più striminzita, metteremo i soci
delle banche che percepiranno di nascosto un qualche corrispettivo sia per
l'utile che non viene redistribuito coi dividendi di fine d'anno che per il
loro silenzio. E questi sono appunto i soci che “ci fanno”. Nella categoria
B metteremo - immagino - la maggioranza dei soci che si accontentano
dell'utile dichiarato e che non hanno ancora capito come funziona
l'ambaradàn. E' proprio quest'ultima categoria di soci, quelli che “ci
sono”, che potrebbe andare ad aggiungersi - facendo massa critica - a quei
movimenti di consumatori che sempre più, almeno su internet, fanno sentire
la loro voce su questo tema. Questi azionisti di categoria B hanno un doppio
interesse a fare chiarezza. Anche perché se venisse dichiarato - non sia mai
- che la ipotetica banca in questione è un'associazione di stampo mafioso, i
soci verrebbero tutti chiamati a rispondere in solido! Fu forse per questo
che un raffinatissimo professore di Pavia – sedicente antimafioso, per
motivi familiari - escogitò il meccanismo delle fondazioni bancarie?
Chissà... Certo è che i soci delle banche della seconda categoria ci stanno
rimettendo parecchio ed in vari sensi: forse è meglio fare come
quell'oncologo che non dice ai pazienti che hanno ormai poche settimane di
vita? O non è meglio invece avvertirli prima che sia troppo tardi, per poter
organizzare una “exit-strategy”? Questi poveri azionisti “vengo anch'io no
tu no” meritano comunque tutta la nostra attenzione perché qualcosa mi dice
che c'è da farsi delle grasse risate, senza nemmeno prendere a prestito i
soldi per pagare il biglietto! D'altra parte, alzi la mano chi non si è
divertito un mondo a vedere come la gente si è bevuta l'ultimo mega-bluff
delle banche, ovvero la manfrina che avrebbero bisogno di soldi dallo stato,
quando sono le uniche imprese – le uniche! - che possono creare “depositi”
dal nulla semplicemente scrivendoli nel computer come noi quando inviamo gli
sms?