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Decrescita? Si’, ma… Se antieconomicista

di Andrea Marcon - 03/07/2009

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Negli ultimi tempi le teorie che ruotano intorno al concetto di Decrescita sembrano aver cominciato a conoscere un significativo, seppur ancor marginale, successo. Il termine inizia a trovare spazio e dignità in alcuni dibattiti pubblici, fa capolino tra le righe dei discorsi di qualche politico o conduttore televisivo, i testi che lo propagandano vantano discreti risultati in termini di vendita. Sono infine nate, anche in Italia, alcune associazioni e persino un partito (quello non manca mai…) che si proclamano portabandiera della Decrescita. Noi di Movimento Zero guardiamo con interesse e simpatia a tale fenomeno e annoveriamo autori come Latouche – oltre a De Benoist che di Decrescita si occupa e scrive da anni – tra i nostri punti di riferimento ideale.
Tuttavia, ritengo sia opportuno sgomberare il campo da alcuni equivoci onde evitare di essere confusi tra gli aderenti ad un progetto che mi sembra stia cominciando ad imboccare, perlomeno in alcuni dei suoi promotori, una strada dai contorni poco chiari e comunque a noi estranea.
“Se volevo andare a Torino e invece ho preso il treno per Roma, non mi basta rallentare il convoglio per arrivare a destinazione: devo scendere e cambiare treno”.
Con questa efficace metafora, Serge Latouche esprime bene la sua distanza tra i fautori del c.d. sviluppo sostenibile (da lui definito giustamente un ossimoro) e coloro che individuano invece nel concetto stesso di sviluppo un principio antitetico con il quale non è possibile scendere a compromessi. Non basta quindi, ci sembra voler dire l’autore francese, qualche aggiustatina al Sistema per raggiungere l’obiettivo Decrescita, occorre un radicale rovesciamento di valori e principi.
Su questo siamo perfettamente d’accordo, ma vorrei ben capire, al di là della metafora, quale sia la stazione dove si intende arrivare. Per fare ciò, però, occorre in primo luogo avere chiaro quale sia il Sistema che si vuole abbattere, perché soltanto individuando i presupposti sui quali si fonda una battaglia è possibile comprendere cosa si vuole costruire dopo aver distrutto. Il Nemico è forse il capitalismo, come pare di intuire anche guardando la velocità con la quale certa sinistra ansiosa di riciclaggio si è avvicinata alle teorie della Decrescita? Bene, non saremo certo noi a difendere un sistema economico e produttivo che disprezziamo e del quale sicuramente ci auguriamo la fine. Però riteniamo che il nocciolo del problema stia più a monte e risieda nell’industrialismo e ancor prima in quella prospettiva economicista del mondo e della Storia che ha relegato l’uomo a tubo digerente del Sistema. Su questo, almeno a leggere i suoi libri, pure Latouche ci pare d’accordo, anche se così non direi per molti dei suoi seguaci, più ansiosi di sostituire l’idrogeno al petrolio che di eliminare le automobili, tanto per intenderci.
Ma, se andiamo ancora più in là, credo che anche l’impianto ideologico di fondo disegnato da molti dei maitre a penser della Decrescita o che gli stessi comunque mantengono come impostazione di fondo, non sia conforme alla nostra visione della realtà. Combattere l’economicismo, infatti, per noi è la conseguenza logica di un processo che ha radici ancora più antiche e parte da una critica radicale, o quantomeno da una necessità di ampia revisione, dei valori illuministici e tecno-scientisti sui quali la Modernità si fonda. A noi non basta che l’uomo “decresca”, che torni frugale, parsimonioso, rispettoso della natura; noi vogliamo un Uomo autentico, pieno e vero, che possa recuperare in tutti gli spettri della sua esistenza i principi e le dimensioni che la Modernità ha cancellato: fiero, consapevole del proprio ruolo all’interno della società e del cosmo, rispettoso di un’Autorità che riconosce e dalla quale è a sua volta riconosciuto, parte integrante di una Comunità armonica ed equilibrata, rispettoso del Sacro e libero dalle schiavitù del denaro, del lavoro, della materia. Quest’Uomo, inevitabilmente, darà vita ad un mondo nel quale, rispetto a quello attuale, la decrescita economica sarà un dato di fatto, ma non rappresenterà la scelta primaria, l’obiettivo da raggiungere per poter mantenere inalterato tutto il resto; al contrario sarà la logica e naturale conseguenza di un processo dalle radici più profonde. Ecco, la mia paura è che la Decrescita diventi invece il centro e il fine della battaglia: l’ultimo, disperato, tentativo di salvare un mondo che è invece da rottamare.