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Scontro delle civiltà? Barack Obama tra Bibbia, Corano e Talmud

di Bernardo Quagliotti De Bellis - 06/07/2009

 
 


La Bibbia è il libro dei cristiani; il Corano è un libro poetico e profetico dei musulmani; il Talmud è un libro d’insegnamenti e di saggezza del giudaismo. Nonostante i loro costumi e religioni siano diversi tra loro, inseguono la pace e l’amore tra gli uomini.

Tali principi hanno fatto in modo che il presidente Barack Obama impiegasse recentemente nei suoi discorsi in Medio Oriente alcune frasi dei summenzionati libri sacri dei musulmani, giudei e cristiani, facendo appello alla pace universale con lo scopo di costruire “il mondo che cerchiamo, qualcosa che non si può raggiungere senza un nuovo inizio”.

Una voce di vicinanza all’Islam

Nella visita a Riad(Arabia Saudita) - dove in un lapsus linguae ha manifestato la sua fede musulmana - ha confessato il suo credo cristiano, aprendo in questa maniera il suo codice geopolitico di “universalizzazione dei rapporti internazionali”, elogiando il luogo in cui era nato l’Islam per poi discorrere in maniera approfondita sull’inevitabile pace tra israeliani e palestinesi, così come i necessari sforzi diplomatici che si devono concretare per evitare che l’Iran continui la sua campagna nucleare.
L’Arabia Saudita è stata solo una delle tappe del percorso di Obama verso il Cairo, luogo in cui il mandatario americano ha pronunciato il promesso discorso che aveva dichiarato nella sua campagna elettorale e che si era prefissato come principale e unico motivo quello di offrire un nuova certezza – molto diversa a quella del suo predecessore George W. Bush – riguardo ai rapporti, fino allora controversi, tra gli Stati Uniti e gli 1.500 milioni di musulmani di tutto il mondo.
Tanto a Nuova Delhi – davanti a un attento auditorio di giovani musulmani – quanto davanti al Parlamento della Turchia, il presidente americano è stato esplicito ed enfatico nel suo messaggio di riconciliazione con il popolo musulmano. È stato sincero – il mondo internazionale così auspica che sia – nel manifestare: “Il rapporto degli Stati Uniti con il mondo islamico non può né si deve basare mai in un contrasto con Al Qaeda”; su un altro piano, ha offerto al presidente Abdul Gül il pieno appoggio per l’inserimento della Turchia nell’Unione Europea, considerando opportuno che un paese così strategico serva da ponte tra il mondo islamico e quello occidentale.

Il discorso di Obama nel Cairo


L’Università del Cairo è diventata uno scenario ancora più importante del plenum delle Nazioni Unite nell’analizzare il complesso tema Oriente-Occidente, argomento che il presidente americano ha esposto con realismo, principio di tolleranza, democrazia e pace, con lo scopo di raggiungere – di là di discussi e non condivisi inconvenienti -, la società occidentale.

In molti si domandano in che modo forgiare questo nuovo inizio, poiché ci sono molta paura e sfiducia; ma bisogna metterci una pietra sopra, perché diversamente non avanzeremo”.

Ha anche posto l'accento su argomenti concernenti la difesa dei diritti umani; la libertà di espressione; la fiducia nello Stato di Diritto; l’equa amministrazione della giustizia; dando risalto ai diritti della donna, considerando che queste devono avere le stesse opportunità degli uomini per essere uguali.
All’accomiatarsi dalla riunione dell’Università del Cairo, Obama ha espresso con profondo senso di convivenza: “Come il sacro Corano ci dice, sii conscio dell’esistenza di Dio e dì sempre la verità. Ciò è quello che ho intenzione di fare, dichiarare sempre la verità, umile di fronte al compito che ci aspetta”.
La risposta del pubblico è stata chiara e spontanea. I giovani arabi partecipanti, all’acclamare insistentemente a Barack Obama, hanno recuperato la perduta fede nei confronti della giustizia, dell’educazione e del progresso. Il recente discorso del presidente americano tende a minimizzare le idee di Samuel P. Huntington riguardo La lotta delle civiltà poiché, sebbene la suddetta tesi si sia basata nel divenire della storia a partire, principalmente, dalla creazione delle Nazioni-Stato, come conseguenza politica della pace di Westfalia (1618-1648), continuando con i fatti che motivarono la Rivoluzione francese (1789) e, sotto un aspetto più olistico, verso la fine delle guerre tra i prìncipi con l’avvio degli scontri tra i popoli, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, i processi di modernizzazione economica e i cambiamenti sociali nel mondo stanno separando alle persone dalle identità locali durevoli.
Questa riflessione mi porta a riflettere che la divisione del mondo in primo, secondo, terzo e persino quarto posto non è più così importante. Esistono delle varianti tra le medesime civiltà: l’europea e l’americana, ad esempio; quest’ultima e quella iberoamericana; l’islamica con il suo profilo arabo, turco e malese; quella cinese con la giapponese.
Vale la pena fare notare che nei nostri giorni i processi di modernizzazione tanto economica quanto tecnologica e culturale e, per tanto, sociale che si espandono per il mondo, stanno allontanando le persone dalle identità locali.
Una delle teorie che ha perso forza è stata quella espressa qualche tempo fa da Francis Fukuyama e concernente la Fine della Storia, stimolata dallo sgretolamento dei regimi dell’Europa Orientale e dalla perestrojka di Gorbaciov. Questi avvenimenti significavano per Fukuyama “inserire l’ultimo chiodo nella bara dell’alternativa marxista-leninista alla democrazia liberale”. Politicamente formulava l’esistenza del neoliberismo come uno stato omogeneo universale, al pari di come lo concepiva il filosofo russo Kojeve, discepolo di Hegel. Tutto è rimasto sepolto nel passato.

Il grande accordo mondiale

L’agenda del presidente Barack Obama è composta da svariati temi. Dai dialoghi strategici con dirigenti di spicco di Cina-India-Brasile-Sudafrica (il nuovo accordo quadripartito); da Parigi fino a Tokio; da Pechino fino a Corea del Sud, passando per quella del Nord; da Nuova Delhi fino al Cairo, senza tralasciare il tema Palestina-Israele-Pakistan; tutti punti fondamentali nell’agenda internazionale che, come osservava l’ex presidente, generale Eisenhower, “se un problema non trova soluzione, bisogna ingrandirlo”.
Il ragionamento è quello che gli Stati Uniti, di fronte a tutte le sfide elencate, devono affrontare un’unica strategia coerente nel suo insieme, molto diversa da quella adottata dal precedente governo di George W. Bush e che si era caratterizzata da un forte squilibrio. Il nuovo presidente è conscio di dover fare delle concessioni ad alcuni paesi fondamentali, attraverso i quali dovrà incorporare altri per il raggiungimento dell’obiettivo che si era proposto: UN GRANDE ACCORDO MONDIALE, accordo che dovrà contenere una serie di trattati dove si determinino riforme positive di istituzioni mondiali come le Nazioni Unite, le istituzioni di Bretton Woods, i rapporti di Washington con l’area iberoamericana; la creazione di un fondo globale per lo sviluppo delle nuove energie non lesive all’ambiente e al clima e tanti altri argomenti come quelli accennati sulla sicurezza mondiale, il commercio equilibrato, lo sfruttamento razionale delle risorse, ecc., ecc.
Il viaggio realizzato dal presidente Barack Obama è stato molto ben accolto dall’uditorio musulmano nella conferenza dell’Università del Cairo, così come il dialogo intrapreso con le più alte autorità dell’Arabia Saudita e della Turchia. In sintesi: il presidente americano, in apparenza, ha cercato di porre fine all’antagonismo tra Islam e Occidente. Come ebbe a segnalare la Segretaria di Stato, Hillary Clinton: “Adesso bisogna fare in modo che tutto questo diventi realtà”.
La migliore strategia indica che Washington deve risolvere i problemi più incalzanti, senza emarginarne altri, anche se sono minori. Ci sono i soliti temi di come analizzare e risolvere l’instabilità in Iraq e in Afganistan, il grave problema con il suo “socio Israele” e il popolo palestinese. Ma nell’agenda figura, da qualche tempo, il tema delle due Coree, il ritiro delle truppe dall’Iraq, la stabilità del Kossovo e, più vicino alla sua zona d’influenza, l’Ibero America che ha appena dato un passo trascendentale –finalmente- con l’istituzione di una vera Organizzazione degli Stati Americani, senza esclusioni.
La società mondiale attende che si compia la sentenza del presidente Barack Obama, il quale ha difeso: “La convivenza tra progresso umano e tradizione”.

(traduzione dallo spagnolo di V. Paglione)
Per un'analisi dettagliata sul discorso di Obama al Cairo si veda anche:

Obama si sta trasformando in un Dick Cheney
di Paul Craig Roberts

Obama alla riscossa: La controffensiva unipolare
di Alessandro Lattanzio

Il discorso di Al-Azhar: Obama e i secondi fini della mano tesa ai musulmani
di Thierry Meyssan