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Svezia: un paese verde speranza

di Elisabeth Zoja - 24/07/2009

Dal primo luglio al 31 dicembre la presidenza europea è nella mani della Svezia. Dal punto di vista ambientale si tratta di un paese-modello che prevede tasse sulle emissioni di carbonio e che sfrutta molto le energie rinnovabili in previsione di una indipendenza dal petrolio… Un esempio planetario di ecosostenibilità.


 

 

bandiera svedese europea
Dal primo luglio al 31 dicembre la presidenza europea è nella mani della Svezia. Dal punto di vista ambientale si tratta di un paese-modello, esempio planetario di ecosostenibilità
Dopo la presidenza europea del negazionista climatico Vaclav Klaus, la leadership cambia completamente di segno. Durante la seconda metà del 2009 è la verde Svezia a presiedere l’UE. Si tratta di un paese-modello, soprattutto per quel che riguarda le energie rinnovabili. Rispetto al continente che la circonda, infatti, la nazione scandinava è ‘avanti’ di più di 11 anni: l’obiettivo fissato dall’Unione prevede di raggiungere il 20% delle energie da fonti rinnovabili entro il 2020, ma la Svezia si trova già oggi al 25%, programmando di far aumentare la percentuale al 50% nei prossimi undici anni.

 

L’innovazione che la Svezia vorrebbe suggerirci è però un’altra: la tassa sulle emissioni di CO2. La carbon tax, di cui si parla ormai da anni, in Svezia esiste da quasi 20 anni. Dal 1991 le emissioni di CO2 sono scese del 9%, mentre la crescita economica è stata del 48%. Oltre a far diminuire le emissioni di gas serra - “che sennò sarebbero aumentate del 20% dal ’91 ad oggi”, sottolinea Susanne Akerfeldt consigliere al ministero delle finanze - la tassa sul carbonio porta ogni anno 1,4 miliardi di euro allo stato svedese.

 

fredrik reinfeldt primo ministro svedese
Fredrik Reinfeldt, primo ministro svedese, adesso alla presidenza del Consiglio Europeo
Anche se le emissioni di CO2 diminuiscono le cifre che lo stato incassa rimangono le stesse poiché la tassa aumenta. Se al suo primo giorno essa comportava 27 euro per ogni tonnellata di CO2 emessa, oggi ne richiede 108. “Ma pensiamo ancora che la tassa sul carbonio sia troppo debole in Svezia”, afferma Anders Groenvall, portavoce dell’Associazione di Protezione dell’Ambiente.

 

Quel che potrebbe sembrare solo un sogno svedese è stato realizzato in Danimarca, Finlandia e Slovenia. Anche la Francia vorrebbe sperimentare la carbon tax fra qualche anno. E gli altri? Stoccolma non può e non vuole imporla a nessuno e assicura che “non si tratterebbe di una tassa europea. Ogni paese gestirebbe la propria tassa.”

Non è un caso se oggi gli svedesi si trovano tra gli abitanti europei a produrre meno CO2 in assoluto: ognuno di loro ne emette 6,7 tonnellate all’anno, contro le 9,3 tonnellate dell’abitante europeo medio.

“Se non vogliono perdere la concorrenza internazionale, è necessario che le industrie colpite dalla tassa trovino delle alternative”, spiega Torbjoern Spector, esperto di fiscalità dell’energia. La Svezia si è quindi già da anni rivolta ad energie pulite e rinnovabili, così da dipendere sempre meno dal petrolio. Qualche anno fa il governo socialdemocratico ne aveva addirittura proposto l’indipendenza entro il 2020. Quello attuale di centro-destra non ha (ancora) ripreso l’idea.

Come potrebbe però, un paese ricco e moderno come la Svezia, rinunciare completamente al petrolio?

Già oggi le centrali idroelettriche e nucleari svedesi producono quasi la totalità dell’elettricità necessaria. In più, Svezia e Finlandia sono i paesi che oggi fanno il maggior utilizzo di combustibili non fossili ottenuti da fonti rinnovabili. Si tratta principalmente di biomassa, ma anche di etanolo, metano, agrocarburanti e rifiuti, i quali sono tutti esonerati dalla carbon tax.

 


La nazione scandinava è ‘avanti’ di più di 11 anni: l’obiettivo fissato dall’Unione prevede di raggiungere il 20% delle energie da fonti rinnovabili entro il 2020, ma la Svezia si trova già oggi al 25%
Ciò ha promosso i sistemi di riscaldamento a base di rifiuti e biomasse, per cui le case che si riscaldano a petrolio sono ormai poche. Questo è stato possibile grazie anche all’ottimo isolamento termico degli edifici che non richiedono molto riscaldamento.

 

Nonostante in Svezia il sole si veda poco, già da decenni qui si investe nell’energia solare che rende soprattutto nelle lunghissime giornate estive. Inoltre, il paese ha 110 stazioni eoliche e conta di costruirne molte altre. Investe anche nella ricerca per energia di correnti e maree, data l’abbondanza di coste, fiumi e laghi.

Grazie a questa diversificazione e abbondanza di energie rinnovabili il paese conta di ridurre le emissioni di gas serra del 40% entro il 2020. Dall’UE, che ha previsto una riduzione del 20% entro la stessa data, la Svezia non pretende lo stesso, ma una via di mezzo senz'altro sì. Solo un accordo per la riduzione del 30% delle emissioni...