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Prove d'inflazione

di Romolo Gobbi - 01/09/2009

L'aumento del petrolio intorno ai 70 dollari al barile ha segnato il raddoppio del suo prezzo rispetto al marzo di quest'anno. Sono state date varie spiegazioni di questo aumento: la speranza dei petrolieri di una ripresa dell'economia; la crescente domanda di petrolio da parte dei paesi emergenti, Cina e India e, soprattutto, la politica dei paesi dell'OPEC, in accordo con la Russia di ridurre ulteriormente la produzione. I paesi OPEC, che estraggono il 35% del petrolio e la Russia, che ne produce un altro 11,5%, avevano già ridotto l'estrazione di 5 milioni di barili al giorno per mantenere alti i prezzi.
L'aumento del prezzo del petrolio ha anche un'altra spiegazione importante, la caduta del dollaro nei confronti dell'euro: "Secondo gli analisti, l'euro è in forte ascesa nei confronti del dollaro e potrebbe raggiungere quota 1,47 nelle prossime settimane, ai massimi da dicembre 2008". Infatti i petrolieri hanno aumentato il prezzo del petrolio "anche perché l'euro ieri ha guadagnato posizioni sul dollaro e dal momento che le materie prime, incluso il petrolio, si scambiano in dollari, la svalutazione della moneta americana provoca un incremento della quotazione del barile in dollari". La scelta di Obama di riconfermare il repubblicano Bernanke alla direzione della Federal Reserve potrà favorire la tendenza all'inflazione del dollaro, anche perché "esiste un potenziale consenso pro-inflazione" da parte dei debitori pubblici e privati USA e in particolare dello Stato americano, che ha raggiunto 1,8 trilioni di dollari di debito pubblico. La decisione di Obama di aumentare la spesa pubblica "ha contribuito alla creazione di una bolla di liquidità senza precedenti e se Bernanke non interverrà l'America potrà essere travolta da un'ondata di inflazione. La sua filosofia la conosciamo: meglio sostenere la crescita e l'occupazione a scapito dell'inflazione". Bernanke si troverà cioè "obbligato a sostenere la ripresa, continuando la politica monetaria espansiva dell'anno passato. In questo caso ci troveremo probabilmente ad affrontare tassi di inflazione che non si vedevano negli Stati Uniti da un pezzo".
Forse proprio per queste catastrofiche prospettive, Obama si è affrettato a convocare un vertice a due con la Cina, infatti: "La Cina oggi è il maggiore acquirente di obbligazioni americane, sia in buoni del tesoro che di titoli di aziende. Pechino teme però che la crisi economica prima o poi spinga Washington a svalutare drasticamente il dollaro, il che la renderebbe più povera". Non solo, ma la svalutazione del dollaro farebbe aumentare il prezzo delle merci cinesi e potenzialmente ne ridurrebbe la domanda. Secondo Henry Kissinger: "L'inflazione e la deflazione americana sono diventate per la Cina un incubo grave".
Il G2 di novembre tra Cina e USA affronterà i vari punti del contenzioso delle due potenze del nuovo ordine mondiale: "Si parlerà di ambiente, di energie rinnovabili, di sicurezza regionale e dei difficili dossier sul disarmo in Nord Corea, Pakistan, Afghanistan e Iran, delle forniture di armi a Taiwan, l'isola di fatto indipendente, e il futuro del dollaro". Infine, ma non meno importante, c'è la questione delle risorse petrolifere: "Le previsioni sono meno allegre e prefigurano un nuovo scenario di tensione internazionale, una competizione, perfino uno scontro tra la Cina e gli Stati Uniti per il controllo delle risorse petrolifere".