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La fine dell' identità che iniziò al supermarket

di Gillo Dorfles - 01/09/2009


 

Q uando, attorno agli anni Cinquanta, entrai per la prima volta in un supermarket, a Los Angeles, accompagnato da amici del luogo, l' impatto che ne ebbi fu enorme: tutta quella favolosa mercanzia a portata di mano, tutti quei prodotti acquistabili in un solo locale! Solo alcuni anni dopo l' evento non fu più eccezionale anche da noi; ma, ovviamente, si accompagnò con la scomparsa - o almeno con la progressiva rarefazione - del negozio: del droghiere, dell' ortolano, del bottegaio. Per cui anche il nostro rapporto con gli stessi andò costantemente diminuendo e scomparendo: niente più consuetudine quasi familiare con il «padrone» del negozio; niente più essere trattati da «vecchi amici». Ma questo significava - e ancor più significa oggi, di ritorno in questa Milano dopo le vacanze - anche scomparsa di una «identità» dei singoli esercenti, ormai trascurati in seguito all' avvento dei supermercati; pertanto regrediti a un quasi totale anonimato. Quella dignitosa ambizione di «essere qualcuno» in base alla vastità della loro clientela, ora li relegava (e li relega) a una condizione di limbo anonimo. Mentre, d' altro canto, capita di sorprendere il commesso d' un qualsiasi emporio che si rivolge col tu a un cliente mai prima veduto, con una familiarità del tutto fittizia, anche se con l' unico vantaggio di aver superata la «barriera di classe» (almeno in apparenza). Eppure questo livellamento sociale (che a suo tempo mi aveva colpito negli Usa), non va di pari passo con un adeguamento della situazione culturale e sociale e significa ben poco per quanto riguarda una generalizzazione del costume, dell' educazione, del gusto. Ecco, soprattutto il gusto: ci illudiamo che la comprensione e la valutazione di opere d' arte, arredamenti, oggetti d' uso, stia per essere diffusa a tutta la popolazione, mentre piuttosto si direbbe che si stia addirittura restringendo. La «spersonalizzazione mercantile» si traduce anche in una spersonalizzazione del gusto massivo. Sicché, se da un lato assistiamo a una generalizzazione nei rapporti e negli atteggiamenti della popolazione, dall' altro assistiamo alla scomparsa inarrestabile della «individualità spontanea» del singolo. Naturalmente il fenomeno varia a seconda degli ambienti; ma già ora, in un medio centro urbano, sta scomparendo la personalità dell' abitante, scompare l' uso dei «nomignoli» un tempo così frequenti e spesso il cognome prevale sul nome in molti rapporti interindividuali. Quanto sopra, credo già spieghi la consuetudine statunitense (ma non solo) di sistemare sempre ben in vista il cartellino con nome e cognome a indicare chi sia l' impiegato, il commesso, il bancario... con il quale dobbiamo interloquire, dato che lo stesso ormai non possiede più una sua personale identità ed è costretto a costruirla per essere protetto dall' anonimato crescente. L' anonimato, una delle peggiori umiliazioni non solo per chi guarda con invidia rancorosa i mediocri divi mondani o politici in tv, i «grandi fratelli», i piccoli gerarchi, (senza rendersi conto di quanto fugace sia la loro notorietà), ma anche per tutti coloro che nelle sterminate conurbazioni, lontani dai villaggi o dalle città di provincia, sono immersi entro una massa oscura dalla quale cercano di divincolarsi - ed è già una delle poche scappatoie - a forza di telefonini e di vacui messaggi che, tuttavia, gli permettono di sentirsi rinfrancati di fronte alla massa anonima che li circonda.