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Il Popolo Lakota. Il cielo, gli Dei, i Rituali sulle grandi pianure

di Annalisa Ronchi - 09/09/2009

Fonte: racine

Hau kola! Ciao Amico!

Noi li conosciamo con il termine Sioux, il quale deriva da una parola Ojibwe, "nadouessioux" che significa "piccoli serpenti" o "nemici". Questa usanza riflette le spesso ostili relazioni che intercorrevano tra gli Ojibwe (Anishinaabe, anche conosciuti come Chippewa) e i Sioux. Si ritiene che il popolo Sioux fosse l’abitante originario dell’area del Minnesota, vivendo di agricoltura e di caccia, e che furono costretti verso sud dagli Ojibwe quando questi migrarono verso ovest seguendo il traffico delle pellicce.
Altri antropologi, basandosi sui modelli linguistici, hanno suggerito che i Sioux vivessero originariamente nell’area medioatlantica della costa est dell’America del nord.
La parola che i Sioux usavano per indicare sé stessi è Lakota. Lakota è derivato dal verbo lakolya, "essere amichevole" o "indiano amichevole". La nazione Lakota si divide in tre distinti gruppi culturali e linguistici.
Il gruppo a est parla il dialetto Dakota, quello al centro parla Nakota e quello a ovest parla il dialetto Lakota. Questo vocabolo è diventato il nome comune per quelle popolazioni. Questi raggruppamenti linguistici sono anche conosciuti con i loro nomi comuni, Santee, Yankton e Teton. I quattro gruppi Santee, i due gruppi Yankton e i Teton sono compresi nei "sette fuochi del consiglio".
La lettera greca h (eta) è usata nella traslitterazione del Lakota per indicare le vocali nasali.
Il nome Teton deriva da Titoh wah, che significa "vivere in comunità".
Sia la visione del mondo, sia la profonda spiritualità dei Lakota, è riassumibile in una sola frase: Mitakuye Oyasin cioè "tutto è mio parente". Queste due parole, nella lingua Lakota, insegnano l’origine unica di esseri e cose, la loro interconnessione e l’interdipendenza, su tutti i livelli della Creazione, sul piano spirituale come su quello materiale, Mondo Manifesto e Mondo Non Manifesto. Tutto proviene da Wakan Tanka, dal Grande Spirito, il Macrocosmo e il Microcosmo, Luce – Tenebra, Maschile – Femminile. Le dualità e le dicotomie sono alla base della vita, sotto ogni forma.
All’interno della cornice Lakota, il mondo fisico è la manifestazione visibile del mondo invisibile, spirituale.
Il paesaggio visibile è saturato di simboliche rappresentazioni dell’invisibile. Il distinguerle è possibile perché tutte le cose condividono lo stesso wakan, la stessa essenza sacra, e tutte le cose in definitiva si uniscono in una totalità spirituale conosciuta come Wakantanka. Dato che i simboli visibili parlano di invisibili verità, e dato che Wakantanka è connesso a tutte le cose, identificare i simboli è un imperativo nella visione del mondo dei Lakota.
 
«Sii aperto ad ogni cosa che vedi, perché Wakantanka parla attraverso le cose» è un ritornello comune, anche oggi.
La fede religiosa di un Lakota non è in un Dio come tale. È un misterioso e intangibile qualcosa del quale essi sono solo un’incarnazione, che in vario grado e misura è in accordo con l’immaginario dell’adoratore.
Il grande oggetto della loro adorazione, qualunque sia il mezzo scelto, è il Ta-koo Wak-kon che è sovranaturale e misterioso. Nessuna parola può essere usata per far comprendere pienamente il termine Wakan. Esso comprende tutto il mistero, la potenza segreta, e la divinità. Tutta la vita è Wakan. Così lo è anche la potenza esibita, come lo spirare del vento o le nuvole che riversano la pioggia.
La Terra, i quattro venti, il Sole, la Luna, le stelle, le rocce, l’acqua, i vari animali, sono tutti esponenti di una misteriosa vita e della potenza che circondano i Lakota. Tale misteriosa forza è Wakantanka. Esso non è solo, infatti un gran numero di deità è sparso nello spazio e alcune di loro si trovano più in alto di altre nella scala della potenza. La loro idea di Grande Spirito appare essere quella di un creatore del mondo e di una esistenza al di là di ogni tempo, ma dopo aver creato l’universo e tutto ciò che esiste Egli è rimasto in silenzio e da allora ha perso ogni interesse per gli affari di questo pianeta.
La serie degli dei quindi inizia con Wakantanka, il Grande Mistero, poi abbiamo i sedici Dei (Tobtob) raggruppati in gruppi di quattro a seconda della potenza. I wakan superiori sono Wi (il Sole), Skan (il cielo), Maka (la Terra), Inyan (la roccia). A questi sono associati Hanwi (la Luna) creata da Wi per essere la sua compagna, Tate (il vento) creato da Skan per essere la sua compagna, Wohpe (Stella Caduta) compagno di Maka, Wakinyan (l’essere tuonante o alato) creato da Inyan. I wakan minori sono Tatanka, il Bisonte, Hununpa (il doppio, contemporaneamente orso e uomo), Tatetob, i quattro venti) e Yumni, il turbine.
Per finire "quelli che sono somiglianti ai wakan": Nagi, l’ombra, Niya, il respiro, Sicun, la forza, Nagila, ciò che è simile all’ombra.
Wakantanka è sopra tutto, in tutto e attraverso tutto. Wakantanka è tradotto come Grande Mistero o, meno accuratamente, il Grande Spirito poiché Tanka significa grande. Nel linguaggio di ogni giorno il Lakota può usare la parola creatore o dio ma durante le cerimonie i termini più formali sono: Tunkasila Wakantanka (Nonno Wakantanka), Ate Wakantanka (Padre Wakantanka), o può utilizzare vari aspetti di Wakantanka per descriverlo, come Wanbli Gleska (Aquila chiazzata), o Unci Maka (Nonna Terra).
I quattro venti sono Eya (Ovest), Yata (Nord), Yanpa (est), Okaga (sud), e ognuno di loro risiede nelle quattro direzioni alle quali sono rivolte le preghiere durante i rituali. Essi sono i messaggeri di Skan o Taku-Skanskan e i loro movimenti nel tempo mitologico stabiliscono le divisioni spaziali e temporali nell’universo.
Il popolo Lakota non possedeva un sistema di scrittura prima del contatto con le comunità europee e di conseguenza non esisteva nessun sistema calendariale o alcuna ricostruzione lineare del passato. Però hanno registrato, attraverso ideogrammi, il conteggio degli inverni e gli eventi significativi accaduti all’interno delle stagioni invernali, tutto ciò a completamento della tradizionale trasmissione orale.
Il loro anno (inverno) cominciava con la prima nevicata e terminava con il disgelo primaverile. Esisteva all’interno dei gruppi una sorta di custode tribale del computo del tempo e degli eventi, un vero e proprio archivio vivente della tribù, il quale annotava ogni inverno trascorso con un pittogramma e alcune tacche in una pelle conciata, tutti dispositivi mnemonici per ricordare gli eventi più significativi dell’anno. Il lavoro del custode era di ricordarsi di ogni anno e di ogni avvenimento, come: «quello fu l’inverno in cui abbiamo visto il Bisonte macchiato di viola», o qualcosa del genere. Von Del Chamberlain ha scoperto che queste pelli contengono molto spesso dati astronomici significativi. In un campione di circa 200 inverni raccolto da differenti tribù, ha affermato di avere trovato le annotazioni pittografiche di almeno 17 eventi astronomici, compreso eclissi solari e lunari, palle di fuoco, meteoriti, comete e una osservazione dello sciame delle Leonidi. Ovviamente il custode ha registrato soltanto i fenomeni eccezionali, unici, così da meglio identificare un anno particolare.
I Lakota distinguevano tra meteoriti e comete. Due pelli della collezione della State Historical Society of North Dakota mostrano la raffigurazione di comete, compresa la cometa di Halley del 1910, e quegli anni sono ricordati come "il tempo in cui i bambini ebbero il morbillo e una brillante cometa apparve nel cielo. Il 20 settembre 1822 un brillante meteorite sfavillò attraverso il cielo.   Una coppia Lakota che vide l’evento chiamò, alcuni mesi più tardi, il loro nuovo nato Nuvola Rossa (Mahpiya Luta). Questo è il solo esempio di un meteorite solitario che ha impressionato questo popolo. Nel novembre del 1833 le meteore Leonidi hanno offerto uno spettacolo incredibile, si stima che la pioggia di stelle cadenti sia stata tra le 100.000 e le 240.000 unità all’ora.
I Lakota si erano resi conto che le eclissi erano un evento ricorrente, ma sembra che non credessero che ci fosse un qualunque tipo di regolarità o di periodicità delle spettacolari eclissi totali di Sole e Luna.
La ragione per la quale soltanto poche comete compaiono nei conteggi d’inverno è che i Lakota credevano che l’apparizione di tale fenomeno fosse ricorrente e prevedibile. L’interesse insistente agli eventi transitori probabilmente è collegato alla credenza che tali cose sono collegate alla natura wakan o incomprensibile della natura del cosmo. Per il Lakota tutto ciò che non si comportava allo stesso modo delle altre cose era wakan. Un Heyoka, il clown sacro, era wakan perché faceva tutto in senso ironico e in modo inverso, differente da tutti gli altri. I pianeti erano wakan a causa del modo di vagare tra le altre stelle. La stella polare era wakan perché tutte le stelle girano mentre lei resta immota nella stessa posizione. Gli eventi cosmici spettacolari registrati sono similmente wakan, perché inattesi e drammatici. Infine, il Lakota non era molto interessato ai fenomeni ricorrenti perché, come cacciatori nomadi non necessitavano di un calendario. Stimavano i mesi (letteralmente con "il passare di nuove lune") e le stagioni ma l’evento annuale primario era quando il numero dei bisonti raggiungeva il picco.
Ma il fatto che l’astronomia era importante per il Lakota si può chiaramente percepire dalle iscrizioni che si trovano sui loro manufatti. Molti sono i manufatti connessi con la religione del Ballo del Fantasma, definita anche "movimento etnico di rivitalizzazione", fondata dal profeta Wovoka.
Nel rituale del Ballo del Fantasma, la "stella del mattino" è stata identificata con il Messia: era nella "stella gialla" che credevano di guardare chi, tra i danzatori, cadeva in trance. Essa è stilizzata in una croce maltese su molte camicie indossate dai danzatori. Altre camicie riportano spesso immagini che descrivono stelle, lune, soli e comete. La Stella del Mattino Venere, rappresenta la luce della conoscenza che si contrappone all’oscurità dell’ignoranza.
Il Lakota, alla ricerca della visione, ha spesso usato uno speciale scudo decorato. Forme e disegni di questi scudi sono stati progettati per offrire protezione e guida. Molti di questi scudi contengono immagini del cielo descriventi solitamente il Sole, le Pleiadi, il Piccolo Carro, Castore e Polluce, la Stella Polare e la Stella del mattino (Venere).
Tali disegni erano spesso posizionati in modo tale che chi cercava la visione mettesse a fuoco, si concentrasse osservando le zone centrali dello scudo, proprio dove si trovavano tali elementi astronomici.
Anche gli Heyoca o clown sacri spesso coprivano il loro corpo con speciali disegni. A volte tali disegni simboleggiavano il caos puro. Altre volte contenevano cose che erano deliberati insulti contro i nemici della tribù. Molto spesso essi rappresentavano un particolare punto o un disegno a zigzag che si suppone indicassero la luce del lampo o il tuono che erano i marchi di fabbrica di Wakinyan, l’Uccello del Tuono, (si è supposto che per trasformarsi in Heyoka bisognasse essere spaventati a morte da un tuono). Ma particolarmente interessante per gli etnoastronomi era il loro frequente uso del Sole e della Luna, oppure della stella del mattino e della sera, tutto per riflettere sul loro corpo la loro natura opposta, contraria.
La Stella Polare compare raramente sui manufatti Lakota, ma sempre in maniera rimarchevole. Come il Sole, fa parte dei Misteri Superiori. I Lakota chiamano Polaris Wichapi Owanjila ovvero "la stella che si leva in piedi sempre nello stesso posto". Affermavano che le altre stelle stanno eseguendo una danza circolare intorno ad essa per renderle omaggio. Il Lakota sostiene che la Stella Polare, e ciò che le accade intorno, sono l’emblema di tutto il creato che si muove intorno a Wakan Tanka. La stella compare spesso in cima all’asse del mondo, proprio come accade sugli alberi di Natale oggi.
Altri oggetti di uso quotidiano sono stati decorati con immagini astronomiche, dai mocassini ai tipì. Un problema che complica questa ricerca è che le immagini utilizzate per rappresentare stelle, aurore boreali o stelle cadenti, sono croci, losanghe, circoli e triangoli, molto diversi dalle immagini occidentali a cinque o sei punte alle quali siamo abituati.
Studiando il complesso pantheon dei Lakota, si possono individuare alcune loro idee riguardo il cosmo.
Esistono molti miti interessanti che sono usati per spiegare la loro idea riguardo il cosmo, come è accaduto anche in molte altre culture. Gli antichi uomini saggi Lakota hanno detto che tutti i corpi celesti influenzano la vita sulla Terra, e il destino della vita individuale è per tutto il tempo sotto il dominio del Sole, della Luna e delle stelle.
Le stelle erano considerate simultaneamente come parti di Skan, il cielo, oltre a genti sovrannaturali.
La controparte di Wi, il Sole, era Hanwi, la Luna, il cui nome significa letteralmente "il Sole di notte".
Wohpe, la loro figlia, era la Donna Bisonte Bianco, una figura importantissima per il popolo Lakota.
La Donna Bisonte Bianco donò ai Lakota la Pipa del Vitello Sacro, e con essa tutto ciò che dava significato alla vita. Il popolo aveva vagato sulla Terra per innumerevoli generazioni fin da quando era emerso dal mondo sotterraneo nelle nebbie dell'antichità. Ma sono divenuti veri Lakota soltanto con la prodigiosa apparizione della Donna Bisonte Bianco.
Dalla preistoria fino a oggi (l'ultima apparizione della Donna Bisonte pare risalga al 1970) l'emergere dal nulla di questa fantastica creatura segnala per i Lakota un periodo di grandi e profondi cambiamenti che al principio sembrano riguardare la vita di singole persone, ma poi travolgono i destini collettivi, rivelandosi a volte benefici, altre volte quasi apocalittici. Una recente profezia annuncia l'imminente ritorno di Wohpe "in compagnia di una donna bianca". Non è la prima volta che viene fatta una simile profezia. Essa sembra significare che la solidarietà tra donne di razze diverse è il segnale più importante di cambiamenti profondi della nostra storia.
Le donne Lakota erano potenti e molto rispettate dagli uomini. Questo era basato sulla relazione tra le donne e Donna Bisonte Bianco. Nella tradizionale società matriarcale Lakota, le donne erano le proprietarie e comandavano sui tipì e sulle proprietà del campo. Esse possedevano poteri superiori agli uomini, davano la vita, raccoglievano il cibo ed allevavano i figli seguendo le "quattro grandi virtù della vita": fermezza, generosità, coraggio e saggezza.
Ed ecco la narrazione del primo incontro tra il popolo Lakota e Donna Bisonte Bianco.
Tanto tempo fa, due bei giovani Lakota erano stati scelti dalla loro tribù per scoprire dove erano i bisonti. Mentre gli uomini stavano attraversando il territorio dei bisonti, hanno visto qualcuno in lontananza che camminava verso di loro.
Poiché erano sempre cauti per paura dei nemici, si nascosero dietro alcuni cespugli ed attesero. Ormai la figura era giunta sul pendio. Con loro sorpresa, la figura che camminava verso loro era una donna. Infatti il Grande Spirito Wakan Tanka aveva mandato sulla Terra la dea Whope a donare agli uomini la pipa sacra.
Dopo essersi avvicinata, si fermò e li guardò. Avevano capito che poteva vederli, anche dove erano nascosti. Il suo braccio destro portava qualcosa che assomigliava ad un bastone in un mazzetto di erbe. Il suo viso era bello.
Uno degli uomini disse, «È la più bella che io abbia visto mai. Desidero che sia mia moglie.»
Ma l'altro uomo ha risposto: «Come puoi avere un tal pensiero? È straordinariamente bella e santa, molto più di una persona comune.»
Anche se lontana, la donna li sentì parlare. Così disse: «Venite. Che cosa desiderate?»
L' uomo che aveva parlato per primo andò fino a lei e pose le sue mani su di lei. Immediatamente, da qualche luogo lì sopra, venne una tromba d'aria. Allora si alzò una foschia, che coprì per un attimo l' uomo e la donna. Quando la foschia svanì, l'altro uomo vide ancora la donna con il fascio sul suo braccio. Ma il suo amico era un mucchio di ossa ai suoi piedi.
L' uomo si levò in piedi silenzioso per la paura di quel prodigio. Allora la bella donna disse a lui: «Io appartengo al popolo  del bisonte. Sono stata mandata su questa Terra per parlare con il tuo  popolo. Tu adesso dovrai compiere una missione molto importante. Devi  andare dal tuo capo e dirgli di costruire una tenda la cui porta deve guardare  a est. Sul posto d'onore dovrà cospargere della salvia e dietro la buca per il fuoco dovrà sistemare un teschio di bisonte. All'alba arriverò al villaggio.»
Tutto fu predisposto secondo quanto era stato richiesto dalla dea Whope che  puntuale all'alba fece la sua apparizione al villaggio accolta da una grande  folla. Portava un cannello nella mano destra ed un fornello rosso da pipa nella sinistra, i doni erano avvolti in fasci di salvia. Tolse il fascio di piante dal regalo che stava trasportando. Il regalo era una pipa fatta di pietra rossa. Su essa era intagliato il profilo molto piccolo di un vitello di Bisonte. Entrò nel tipì e sedutasi al posto d'onore disse che il Grande Spirito era  molto contento dei Lakota, che li considerava fedeli e riverenti e che, pertanto,  erano stati prescelti per ricevere la pipa che lei aveva portato per il bene di tutta l'umanità.
Dette la pipa a Toro Che Cammina In Piedi e gli insegnò le preghiere che doveva recitare. «Quando pregate il Grande Spirito, dovete utilizzare questa pipa durante la cerimonia. Quando siete affamati, togliete la pipa dal suo imballaggio e ponetela così all'aria. Allora i bisonti verranno dove gli uomini potranno cacciarli ed uccidere facilmente. Così i bambini, gli uomini e le donne mangeranno e saranno felici.»
La donna bella gli disse anche come la gente dovrebbe comportarsi per vivere pacificamente insieme. Gli insegnò le preghiere che dovevano dire quando si rivolgevano alla loro madre Terra. Gli spiegò inoltre come dovevano decorarsi per le cerimonie.
«La Terra,» aveva detto, «è vostra madre. Così, per le cerimonie speciali, vi decorerete come la vostra Terra: di nero e di rosso, di marrone e di bianco. Questi sono anche i colori del Bisonte. Soprattutto ricordatevi che questa è una pipa della pace. La fumerete prima di tutte le cerimonie. La fumerete prima di fare i trattati. Introdurrà pensieri pacifici nelle vostre menti. Se la userete per pregare il Grande Spirito e la madre Terra sarete sicuri di ricevere i doni che chiederete.»
Rimase al villaggio quattro giorni e prima di partire accese la pipa,  la offrì al cielo, alla Terra, ai quattro venti, ne fumò una boccata e poi  la passò al capo. Infine, uscì dalla tenda mentre tutto il villaggio era lì  a guardarla; fuori dell' apertura del cerchio si fermò per un istante e toccò la Terra. In un istante si trasformò in un vitello di Bisonte nero. Toccò ancora la Terra ed allora prese la forma di un vitello di Bisonte rosso. Una terza volta toccò la Terra e diventò un vitello marrone. La quarta ed ultima volta si trasformò in un candido vitello di Bisonte, bianco, senza una macchia. Allora camminò verso il nord e sparì lontano, sopra una collina.
Toro Che Cammina In Piedi conservò la pipa della pace con attenzione. Chiamava a raccolta tutti i bambini del villaggio e sciolto il fascio che avvolgeva la pipa ripeteva le lezioni che a lui erano state insegnate dalla donna. E la usò nelle preghiere ed in altre cerimonie fino a che non ebbe più di cento anni.
Quando diventò debole, fece una grande festa. Durante questa festa dette la pipa e gli insegnamenti ad un uomo degno. Allo stesso modo la pipa è stata passata di generazione in generazione. «Finché la pipa sarà utilizzata,» la donna bella aveva detto, «la vostra gente vivrà e sarà felice. Non appena sarà dimenticata, la gente perirà.»
 

Il rituale della Sacra Pipa

La Chanupa o Chanunpa è l’oggetto sacro per eccellenza tra tutti i popoli nativi ed è così anche per i Lakota.
La Sacra Pipa è costituita da due parti: la prima è Ihupo = cannello (detto anche Sinte = coda), la seconda è Pahu = fornello.
Il cannello generalmente è fatto di legno d’acero, mentre il fornello principalmente è di catlinite, Inyan – Sha, una pietra rossa reperibile in un unico posto, nel Minnesota. Le due parti, quando la Pipa non è fumata, sono conservate separatamente. Sono singolarmente avvolte in stoffa rossa e così posti in una borsa di pelle finemente decorata con aculei di porcospino o ricamata con perline.
La Pipa Sacra, come insegnò Wohpe, è il più sacro e il più potente strumento di preghiera colmo di profondi significati e simboli.
Il cannello, fatto di pietra rossa rappresenta la carne viva e il sangue coagulato di Madre Terra: è il principio femminile, l’elemento Terra, Madre Terra e tutte le creature da essa generate e nutrite.
La miscela di tabacco e di altre erbe e cortecce – kinnikinik o chanshasha – alludono alla vita vegetale, all’elemento acqua di cui si nutrono le piante, e naturalmente la loro accensione é la simbolica presenza dell’elemento fuoco. Durante il riempimento del fornello si prega e si invitano gli Spiriti delle Quattro Direzioni insieme al Padre Cielo e Madre Terra. Naturalmente il fumo, portando verso il cielo le preghiere, è il tratto d’unione tra l’uomo e la sfera divina.
L’atto d’unire le due parti e di pregare fumando la Pipa è l’azione simbolica che rappresenta l’unione degli opposti, del maschile al femminile, il Cielo alla Terra, ed è la dimostrazione della consapevolezza dell’origine unica di tutti gli esseri e cose esistenti, dell’Universo intero. La comprensione profonda della stretta connessione e interdipendenza tra il mondo manifesto e non manifesto.
Nella cosmologia Lakota esiste una suddivisione in quattro parti di ogni cosa: quattro colori (rosso, verde, blu, giallo), quattro misteri superiori (Sole, cielo, Terra, roccia), quattro classi di dei (superiori, associati, subordinati, spiriti), quattro elementi nel cielo (Sole, Luna, cielo, stelle), quattro partizioni del tempo (giorno, notte, mese, anno), e quattro venti corrispondenti ai quattro punti cardinali.
Tutto ciò è simboleggiato dalla croce all’interno di un cerchio, il cerchio sacro che rappresenta la totalità del popolo.
Chi usa la sacra Pipa si volge a est durante l’alba e verso ovest al crepuscolo.
Il Sole è stato riconosciuto come uno dei più grandi regolatori divini dei Lakota..
Anche la disposizione degli oggetti all’interno delle tende rispecchia le loro credenze: la parte est dei tipì simboleggiano la sorgente di luce, il sud la morte e il percorso dello spirito, l’ovest oscurità e l’Uccello del Tuono, il nord il sentiero degli antenati.
I Lakota affermano di vedere nella Luna il volto di una donna che sta mescolando il contenuto di una caldaia posta sul fuoco. La Luna è collegata esplicitamente al ciclo mensile femminile, alla gravidanza e alla fertilità.
In più, per i Lakota i punti cardinali sono 6, infatti ai quattro che conosciamo si aggiungono lo zenit e il nadir solari.
Le Black Hills, o Paha Sapa in lingua Lakota, sono un’area geografica di estrema bellezza situata tra gli stati del Sud Dakota e del Wyoming,  rappresentano sicuramente il luogo più sacro per le nazioni delle praterie, ed i Lakota pensano a loro come al centro della loro Terra. Al loro interno si trova la caverna dalla quale, secondo uno dei miti della Creazione Lakota, il popolo dei Sette Fuochi emerse sulla faccia della Terra: Wakama Ognaka Icante (il Cuore di tutto cio’che esiste), l’ombelico del mondo Lakota, essi spesso dicono «Le Black Hills sono la casa del nostro cuore, e il cuore della nostra casa». Anticamente i Lakota collegavano alcune costellazioni a luoghi precisi che fanno parte dell’area delle Paha Sapa. Tali collegamenti costituivano i passaggi di un ciclo rituale annuale della durata di tre mesi (dall’equinozio di primavera al solstizio d’inverno) culminante nel rito collettivo della Danza del Sole. Questo ciclo rituale era un qualcosa di estrema importanza per la concezione Lakota del mondo, quello della contemplazione tra cielo e Terra. Il ciclo rituale, compiuto da un gruppo di devoti scelti fra tutte le bande Lakota, faceva coincidere  i propri spostamenti sulla Terra con gli spostamenti compiuti dal Sole nel cielo: realizzando così  la credenza  di Albert  White Hat  un anziano di Rosebud «ciò che è nei cieli è sulla Terra, e ciò che è sulla Terra è nei cieli».
Il ciclo aveva inizio verso la fine dell’inverno, quando le bande vaganti nella prateria erano accampate in Sud Dakota e in Nebraska. Era questo il momento di raccogliere la salvia, quando il Sole si trovava in corrispondenza della costellazione detta Cansasa Ipsuye (corteccia di salice secca). Nel linguaggio degli uomini sacri questo termine indicava il cucchiaio di legno utilizzato per raccogliere dal fuoco i tizzoni ardenti con i quali accendere la Pipa: la fine dell’inverno corrispondeva quindi all’inizio dell’anno cerimoniale e all’accensione della Pipa cosmica, rispecchiata sulla Terra dalla cerimonia della Pipa tra i Lakota. Era in questo modo che l’intera Creazione celebrava il ritorno primaverile alla vita.
Il secondo ciclo era detto Yate Iwakicipi (Salutare il ritorno dei Tuoni) e si svolgeva nel primo periodo primaverile. I devoti si trasferivano su Harney Peak, la cima più alta delle Black Hills, la sede degli Esseri del Tuono (Wakinyan), mentre il Sole si trovava in corrispondenza delle Pleiadi, chiamate dai Lakota Wicincala Sakowin, (Sette Piccole Ragazze).
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La leggenda narra che un giorno una banda Lakota si trovasse accampata in prossimità di Ghost Butte. Ogni giorno un’aquila rossa scendeva dal cielo, rapiva una giovane e la portava sulla cima della montagna per ucciderla. Il settimo giorno, Stella Caduta, figura mitica portatrice di luce e consapevolezza, arrivò in soccorso dei Lakota uccidendo l’aquila e ponendo in cielo le sette ragazze rapite. Fu così che da quel giorno si diede origine alla costellazione delle Pleiadi.
A metà maggio il gruppo di devoti si spostava nel centro spirituale delle Paha Sapa, una collina spoglia, e precisamente quando il Sole faceva ingresso nella costellazione detta Pista di Corsa (Ki  Inyanka Ocanku) o Cerchio Sacro (Cangleska Wakan).
La leggenda legata  a questa costellazione narra della gara di corsa che gli animali a quattro zampe indissero un giorno contro gli animali a due zampe intorno alle Colline Nere, delimitandone così i confini naturali e causando così l’originarsi della valle di Terra rossa che tuttora ne definisce la forma. Qui si compiva la cerimonia chiamata Salutare il Ritorno in Pace di tutta la Vita (Okislataya Wowahwala).
In questa cerimonia si versava l’acqua sul terreno per offrire da bere alle piante, si davano  lingue di bisonte in pasto agli animali carnivori e si spargevano semi per gli uccelli. Anche i gruppi di  Lakota  che in quel periodo si trovavano lontani dalle Black Hills eseguivano riti analoghi, pregando e digiunando, ponendosi così in sintonia con il pieno ritorno della vita,  e preparandosi così per la grande celebrazione della Danza del Sole.
Durante il ciclo rituale appena descritto il nome di tre luoghi geografici mutava Mato Tipila Paha diveniva Pte He Gi (Corno del Bisonte Grigio); Inyan Kaga, una collina nella parte occidentale delle Black Hills , dove i devoti raccoglievano pietre da utilizzare nelle capanne sudatorie della Danza del Sole diventava  Pte Sa Sapa (Corno del Bisonte Nero); Bear Butte, infine, (il luogo dove la tribù intera si recava dopo la Danza del Sole per tenere il consiglio generale e trattare i grandi temi di interesse comune) diventava Pte Pute Ya , "il Naso del Bisonte". Questi tre siti venivano così a formare un  triangolo geografico "spiritualmente vivo".
Devil’s Tower,  situata nello Wyoming sudorientale è una conformazione di roccia rossa ed  ha un aspetto particolare, riveste una certa importanza tra i Lakota, questa montagna sacra si erge solitaria in un panorama quasi completamente piatto di praterie e macchie di pini. Era qui a  La Casa dell’Orso (Mato Tipila Paha ) che avveniva la Danza del Sole, ed era qui che nei tempi antichi tutte le bande Lakota si davano appuntamento nell’estate per partecipare alla più grande celebrazione religiosa, politica e sociale della loro nazione. Secondo i Lakota, Mato Tipila Paha è collegata all’omonima costellazione.
Per quanto riguarda la determinazione della data intorno a cui i Lakota migrarono nelle pianure settentrionali del continente, questo ciclo rituale depone decisamente a favore della tradizione Lakota. Goodman, infatti basandosi su precisi calcoli astronomici, afferma che l’origine delle costellazioni Lakota collegate a particolari conformazioni rocciose delle Black Hills e probabilmente anche l’origine della Danza del Sole come punto culminante di tale ciclo cerimoniale annuale, non possono calcolarsi a meno di 2.800 anni fa (precisamente tra il 1616 e l’896 avanti Cristo).
Goodman effettua un calcolo relativo alla posizione del Sole ai giorni nostri e confrontandola con quella attribuita all’astro nei rituali legati alle Black Hills, trova una certa differenza rispetto alla posizione del Sole considerata nei miti Lakota. Calcolando  lo spostamento del Sole, e moltiplicando gli anni terrestri con i gradi, ottiene un risultato di 3.600 anni (1616 a.c.) come data di origine nei concetti Lakota che legano quelle costellazioni ad alcuni siti nelle Black Hills. Approssimando i gradi terrestri ottiene una data che corrisponde all’896 a.c. Questa data si scontra pesantemente con gli antropologi che concedono non più di tre-quattrocento anni di età alla Danza del Sole. Ma Frank Fools Crow, (scomparso da pochi anni) uno dei più grandi leader Lakota degli ultimi tempi, affermava: «so che la maggior parte degli studiosi non indiani non sarà d’accordo con questa data della venuta di Donna  Bisonte Bianco, dato che essi dicono che i Sioux e la Pipa giunsero sulle pianure appena dopo l’anno 1700 d.C. Ma  da ragazzo mi venne insegnato, e mi è stato confermato in visione, che piccole spedizioni di caccia effettuavano viaggi verso ovest fino ad arrivare addirittura sulle Montagne Rocciose molto tempo prima che l’intera nostra nazione migrasse nella Terra del bisonte, e che fu durante uno di questi viaggi che la Sacra Pipa Bisonte Bianco e le istruzioni per il suo utilizzo durante le preghiere ci vennero date. Le sette cerimonie sacre tribali che prevedono l’uso della Pipa ci vennero date e furono praticate dopo che l’intera nazione Lakota  si fu trasferita sulle pianure, e, molti, molti anni dopo la prima apparizione di Donna Bisonte Bianco».
Le stelle sono il woniya di Wakan Tanka cioè "il sacro respiro del Grande Spirito". Le costellazioni sono l’espressione della sacralità di Wakantanka e della venerabilità delle sue parole, delle quali gli specifici significati sono trasmessi tramite storie e cerimonie della tradizione orale. È Skan che assegna lo spirito delle stelle in ogni persona alla nascita, ed è alle stelle che ognuno torna dopo la morte.
Le stelle non si curano della Terra o di qualcosa d’altro. Non hanno nulla a che fare con l’umanità. A volte esse scendono nel mondo così come qualche volta i Lakota salgono da loro.
Le stelle sono state create da Skan per essere la sua compagnia, i suoi messaggeri e per diffondere la luce sulla Terra. Skan ha creato le stelle dal nagila o "spirito delle acque" e le ha disposte sulla sua cupola blu. Ma le stelle non avevano una direzione così Skan fissò una stella e la nominò "capo" e dalla sua posizione stabile questa stella può così comandare su tutte le altre così che tutte sanno dove andare e nessuna si può perdere. La stella è la Stella del Nord, la nostra Stella Polare.
Le interazioni tra i mondi celeste e terrestre sono comuni nelle mitologie di vari popoli.
L’ eroe soprannaturale, Stella Caduta, era il figlio della Stella del Nord e di una donna Lakota. Stella Caduta era membro del Maghpia Oyate o Popolo della Nuvola ed è uno speciale protettore del popolo Lakota. Sua madre viveva con la Stella del Nord ma cadde sulla Terra quando fece l’errore di cercare di estirpare una pianta che cresceva nel mondo delle nuvole. Ora la Stella del Nord si erge in immobile solitudine con nel cuore la perdita della sua amata fanciulla Lakota. Tupun Shawin (la ragazza con la guancia rossa) fu trovata morente da un gruppo di cacciatori subito dopo la caduta. I ragazzi non sapevano se lei fosse uno spirito o una donna e così la lasciarono sola ma non vollero abbandonare il bambino senza aiuto, così lo portarono al villaggio. Il misterioso bimbo fu chiamato Stella Caduta e fu affidato ad una donna sola e sterile del villaggio. Egli maturò molto rapidamente e divenne conscio del suo speciale destino. Disse agli abitanti del villaggio che era il figlio di una stella brillante del cielo, poi avvertì la madre adottiva che sarebbe ritornato dal padre. Ora lui è là, che veglia sui Lakota, il popolo che l’ha adottato.
I Lakota chiamano la Via Lattea Wanaghi Tachanku o "sentiero degli spiriti". Era "il sentiero che tutti i Lakota devono prendere quando la morte li sorprende". Essi arrivano nel punto in cui la Via Lattea sembra spezzata, in realtà qui c’è un grande arbitro che sta in piedi e decide del destino futuro di tutti. Coloro che hanno vissuto una vita immorale sono forzati a dirigersi in quella parte della Via Lattea che termina con una nebulosa e qui a turbinare nello spazio per sempre. Quanti hanno tenuto un contegno decoroso nella vita, devono seguire l’altra strada, quella per Wanaghiyata, la casa promessa alle anime dei defunti.

Il legame tra Stella Caduta e le credenze sull’aldilà si trova nella costellazione conosciuta con il nome di Nape, "la Mano", che consiste nella cintura di Orione, nella Spada di Orione più le stelle Rigel e b Eridanus (Cursa). La cintura di Orione è il polso, la spada di Orione è il pollice, Rigel rappresenta il dito indice e Cursa raffigura il mignolo. Questa costellazione è correlata con "il capo che perse la sua mano". In tale leggenda, questo capo era egoista e il suo egoismo lo portò ad interrompere il ciclo cosmico. Dato che la continuità della vita dipende dall’autosacrificio del capo e che questi si rifiutò di offrire sé stesso (il suo sangue durante la danza del Sole), si rese necessario l’intervento divino. Così Wakinyan, l’Uccello del Tuono gli strappò la mano.
La figlia del capo si offrì come moglie a Stella Caduta se lui avesse recuperato la mano del padre. Stella Caduta riuscì in questa impresa, sconfisse Uccello del Tuono e Inktomi e la sposò.
Stella Caduta rappresenta per i Lakota il nuovo (il nuovo capo, il nuovo anno…) ed il figlio raffigura la Terra rinnovata in primavera.
Oltre a "Pista di Corsa" i Lakota guardavano un altro importante gruppo di stelle intorno al periodo del solstizio invernale. Sebbene essi non osservassero il solstizio invernale di per sé stesso (era normalmente troppo freddo nelle Pianure per stare fuori tutta la notte a scrutare il cielo), queste stelle e questi asterismi furono notati proprio in quel periodo:
Wichapi Owanjila, la Stella polare – a (alfa) nell’Orsa minore, una supergigante gialla distante 700 anni luce; Wichakihuyapa, il Grande Carro, asterisma compreso nella costellazione dell’Orsa maggiore; Mato Tipila, la Tana dell’Orso, la quale acclude Castore e Polluce, rispettivamente a (alfa) e b (beta) della costellazione dei Gemelli; Canshasha Inpusye, "la corteccia di salice secca" composta dal Triangolo insieme all’Ariete; Hehaka, l’Alce, con parti dei Pesci più altre stelle; Keya, la Tartaruga"; Zuzuecha , il Serpente, formato dalle stelle del Cane Maggiore unite a quelle della Colomba; Tayamni, il Bisonte, che include Sirio, Rigel e Aldebaran, Capella insieme al "luogo del fuoco" che comprendeva parti del Leone e dei Gemelli. E’ naturale che un popolo che era dipendente dal Bisonte (Tayamni) non poteva non creare una costellazione a lui dedicata. Era costituita dalle Pleiadi (Winchincala Sakowin o Tayamnipa) che rappresentano la testa dell’animale, seguite da Aldebaran insieme alla cintura di Orione (Tayamnichankahu), la colonna vertebrale, Betelgeuse e Rigel (Tayamnituchuhu), le costole, ed infine Sirio (Tayamnisinte) la coda.
È interessante notare come certe stelle, o gruppi di stelle, facessero parte di più costellazioni.
Arturo, a (alfa) della costellazione del Boote, una gigante rossa 24 volte più grande del Sole e distante 36 anni luce, è conosciuto con vari nomi, come Wichapi Sunkaku, il fratello più giovane della stella del mattino, od Oglechkutepi, il gioco delle frecce o ancora Ihuku Kigle, l’affondato. E Arturo è legato con una speciale relazione con Anpao Wichahapi, la stella dell’alba cioè Venere.
Osage girl at Powwow
Una costellazione a noi sconosciuta è Agleshka o la salamandra.
Le sette stelle del Grande Carro corrispondono alle sette stagioni della maturazione di una donna e ai sette fuochi del concilio Lakota.
Towin, lo spirito della donna blu che assiste le ostetriche nel loro lavoro, vive al centro del carro cioè il luogo dove possiamo trovare il foro dal quale la madre di Stella Caduta è precipitata. Questo asterisma porta l’acqua necessaria per la cerimonia della capanna sudatoria nel cielo e traghetta le essenze spirituali dei morti fino alla Via Lattea.
Fino a poco tempo fa, molti antropologi ritenevano che i Lakota non avessero alcuna conoscenza del cielo. Non consideravano il fatto che erano i discendenti dei popoli che avevano creato le ruote della medicina e non avevano capito il significato astronomico delle decorazioni e degli ornamenti sui costumi e sui manufatti perché non assomigliavano alle "nostre stelle". Le cose che saltavano subito agli occhi degli occidentali erano che i Lakota non avevano un calendario e non erano interessati nel calcolare precisamente i periodi in cui seminare e raccogliere, inoltre non avevano edificato monumenti caratterizzati da particolari allineamenti celesti, e che tutto quello che gli importava era l’osservazione
dell’andamento numerico della popolazione dei bisonti, che l’unica parte dell’anno che contavano era l’inverno, perché sulle pianure era il periodo in cui la caccia era sospesa per le condizioni meteorologiche molto avverse. Ma come altre società nomadi, i Lakota hanno usato le stelle come indicatore stradale durante gli spostamenti. E scegliendo di non costruire nulla, rimanendo quindi liberi nei loro movimenti, hanno utilizzato colline, rocce, oggetti naturali ben riconoscibili, come uno specchio terrestre dell’universo. Il Lakota ha imparato a conoscere il sacro ordine di tutte le cose del cielo e della Terra, e a distinguere il loro posto nel vasto universo. Attraverso l’attenta osservazione del mondo delle stelle essi sono arrivati a comprendere che il loro mondo era un riflesso microcosmico del mondo del cielo.

Lo splendore umano deriva dalla luce
dell'azione altruista..
Le persone sono veramente umane
solo quando cercano di dedicare la vita
ai loro amici e ai loro simili

 

Daisaku Ikeda

 

 

Rituali Lakota

 

 

YUWIPI – IL RITO DELLA PIETRA SACRA

 

L’origine del Rito della Pietra Sacra risale alla notte dei tempi, prima dell’arrivo di Whopi, Donna Bisonte Bianco.
Questa cerimonia complessa è anche molto discussa a causa di alcuni fenomeni "paranormali" che si possono verificare durante il suo svolgimento.
Lo Yuwipi è celebrato dall’Uomo Yuwipi – Il Sognatore delle Pietre – uno sciamano specializzato nel ritrovare esseri e cose perdute. Opera con l’aiuto della divinità più antica dei Lakota, Tunka. Il suo intervento, durante questo rito, è invocato per una sua peculiarità. È onnisciente. È l’Essere più antico sulla Terra.
Come vuole la leggenda, Tunka cadde dal Cielo, sotto forma di Roccia, prima che il nostro globo fosse abitato da altri esseri viventi. È alla conoscenza di tutti i segreti, può dare indicazioni sul dove e come ritrovare persone disperse e oggetti perduti.
Tunka è la più intima essenza imperitura del Creatore, non creata, senza inizio né fine.
"Tutto ha una nascita e una morte, ma Tunka non è mai nato né mai morirà.
… Tunka è lo Spirito che cadde dal cielo. È una roccia. Conosce tutti i segreti. Ritrova ciò che è stato perduto."
 (R. Erdoes – Piangere per un Sogno – Ed. Xenia)
Nella lingua Lakota vi sono due termini di genere maschile per indicare la roccia, anche se nella traduzione italiana diventano di genere femmile:

INYAN = PIETRA - TUNKA = ROCCIA

Tunkashila = Nonno, è un altro modo per invocare Wakan Tanka.
Chi desidera sapere qualcosa riguardo ad una persona scomparsa o vuole ritrovare un oggetto perduto deve chiedere l’intervento dell’Uomo Yuwipi. La sua richiesta deve essere formale è accompagnata da una Pipa Sacra e dal preciso impegno verbale di provvedere all’allestimento del banchetto che segue il rito.
In una stanza, o in una tepee, i partecipanti e il richiedente si siedono in cerchio. Lo sciamano viene avvolto, dalla testa ai piedi, in una coperta che porta il disegno d’una stella. Dopo di che è legato con corde o con delle strisce di pelle, in modo da sembrare un grande bozzolo, e poi deposto, a faccia in giù, a terra, nel centro del cerchio. Si spengono le luci e nella completa oscurità si vedono saettare luci, volano pietre risplendenti, si odono suoni, canti e rumori. Alla fine della cerimonia, si riaccendono le luci e lo sciamano è completamente libero dal suo bozzolo e dai suoi legacci. A quel punto è pronto a riferire le informazioni ricevute da Tunka durante il suo viaggio sciamanico. Il tutto si conclude con il banchetto a base di carne di cane.

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HANBLECHEYA – RICERCA DELLA VISIONE

 

La Ricerca della Visione, propriamente Piangere per la Visione deriva da: hanble = visione o sogno e da cheya = piangere.
Questo rituale individuale, è praticato con differenti scopi. La prima Ricerca della Visione normalmente l’affrontavano i ragazzi alla soglia della pubertà, come un passaggio dall’infanzia all’età adulta, per trovare la propria identità, nome e direzione di vita. Spesso precedeva un’impresa di caccia o di guerra.
Tuttora s’intraprende una Hanblecheya per chiedere una visione chiarificatrice per la vita futura, per ottenere nuovi poteri spirituali, in vista di cambiamenti importanti o prima di affrontare prove molto difficoltose, come ad esempio La Sun Dance o La Danza degli Spiriti.
L’aspirante si reca da un uomo sacro o da colui che è autorizzato a condurre una Ricerca della Visione, fa la sua richiesta e indica il periodo che desidera rimanere in solitaria preghiera. L’Hanblecheya può avere una durata da uno a quattro giorni e notti completi. Per tutto il periodo l’aspirante non assume né cibo né acqua.
Prima d’affrontare questo rituale, l’aspirante si purifica partecipando a quattro Inipi. Sceglie il suo posto, prepara 405 offerte di tabacco, legate su un unico filo, che fungeranno da recinzione del suo cerchio sacro ove rimarrà per tutto il tempo da lui indicato.
Il giorno dell’inizio della Hanblecheya, l’aspirante si reca nella Capanna Sudatoria e riceve ulteriori indicazioni, prega per il buon esito dell’impresa e gli è dato dell’acqua da bere per l’ultima volta. Al termine della seconda porta esce e da quel momento non rivolge più né parola né sguardo verso niente e nessuno. Non appartiene più al mondo fisico, entra in se stesso e si rivolge totalmente al Mondo degli Spiriti. Viene accompagnato sul luogo da lui scelto è affidato al Grande Spirito. Lo si lascia solo per il periodo da lui indicato. Allo scadere del tempo lo si va a riprendere, entra nell’Inipi e a quel punto può iniziare a parlare e a raccontare la propria esperienza e riceve dell’acqua da bere.. Alla seconda apertura esce e così termina la sua Ricerca della Visione. Fuori dalla Capanna Sudatoria è rifocillato, dissetato e l’aspetta una piccola festa con scambi di doni.

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WIWANYAG WACHIPI – LA DANZA DEL SOLE

 

La Danza del Sole è la più solenne e importante cerimonia dei popoli delle pianure. È il rito più complesso e completo, che esprime nella sua totalità, mediante autosacrificio, la spiritualità dei Lakota.
Lakota Sioux Squaw
Fu ricevuto in visione, molto tempo dopo la venuta di Whopi, da Kablaya (Sparge, per alcuni traduttori, Colui che s’Estende per altri). Secondo alcuni studiosi, la pratica della Danza del Sole ebbe iniziò tra l’800 e il 1200 dell’Era Moderna.
Wiwanyag Whachipi, letteralmente tradotto significa: Danzare guardando il Sole.

WI = SOLE - WANYAG = GUARDARE - WACHIPI = DANZARE

La Danza del Sole richiede un preciso impegno formale per la durata di quattro anni. Questo impegno è un giuramento. I partecipanti, uomini e donne, devono avere quattro requisiti:

WACHANTOGNAKA = GENEROSITA’

WOOHITIKA = CORAGGIO

WOWACHINTANKA = FORZA D’ANIMO

WOKSAPE = INTEGRITA’ MORALE E SAGGEZZA

La cerimonia si svolge, ogni anno, per quattro anni, durante quattro giornate, più il giorno che la precede, Il Giorno dell’Albero. Per tutta la durata del rituale, i Danzatori, impegnati nella Danza dall’alba al tramonto, non assumono né cibo né acqua.
Ogni aspetto della spiritualità Lakota, ha due valenze, una fisica e una spirituale.
L’autosacrificio, il piercing rituale (foratura della carne, ndr) durante la Danza del Sole, oltre alle motivazioni, mai egoistiche, dei singoli danzatori, è praticato per rendere grazie al Creatore e alla Vita in ogni sua forma e espressione.
È molto interessante notare la somiglianza con il Sacrificio di Purusa delle tradizioni Vediche.
Nella cosmogenesi Lakota, un’Essere, Inyan, uno dei primi quattro emananti dal Grande Spirito, offrendo il proprio sangue, autosacrificandosi, creò Madre Terra profondendo in Essa i propri poteri. Una parte del suo sangue si solidificò diventando la crosta terrestre; il resto, fluendo formò i fiumi e le acque che delimitano le terre emerse.
Sul piano fisico, il danzatore maschio offre il proprio sangue e il proprio dolore per rendere grazie alla vita ricevuta dalla madre, per onorare le donne, portatrici, in ogni tempo, della vita futura e per ringraziare e guarire Madre Terra. Pur non essendo frequente, ma per motivi molto seri, vi sono delle danzatrici che si sottopongono pure al piercing rituale. Altrimenti, il sacrificio femminile si limita all’offerta di minuscoli lembi di pelle.
Nello svolgersi della lunga cerimonia della Danza del Sole, possono confluire in essa altri rituali, come ad esempio la Liberazione dello Spirito, la Foratura dei Lobi delle orecchie dei bambini e il rito dell’Emancipazione della Fanciulla.

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WANAGI YUHAPI – LA CUSTODIA DELLO SPIRITO

 

La Custodia dello Spirito : WANAGI = SPIRITO
YUHAPI = ESSI HANNO, CUSTODISCONO
Questo rituale è eseguito sia per evitare che l’anima di un morto vaghi senza meta sotto forma di fantasma sulla terra, sia per abituare i genitori all’idea della perdita di un figlio, ma anche per rispettare e mettere in grado d’adempiere ad un giuramento fatto dal defunto mentre era ancora in vita.
Durante la cerimonia, celebrata da un uomo sacro, al deceduto vengono tagliate alcune ciocche di capelli, queste sono poi avvolte in una stoffa rossa insieme ad alcune erbe sacre. Tale fagotto è conservato, o in una tepee appositamente costruita, o sull’altare, preparato a tale scopo, nella tenda o nella casa dei parenti o del custode.
Chi custodisce uno spirito ha il dovere di vivere in modo sacro, di non inquietarsi mai con nessuno e di condursi in modo irreprensibile. Normalmente, allo scadere dell’anno, oppure dopo avere in questa forma presenziato ed adempiuto ai propri doveri o a un giuramento, lo spirito del defunto viene liberato. Ad esempio, vi sono state persone, che hanno preso l’impegno per la Danza del Sole, decedute prima d’averla terminata, i loro fagotti, con le ciocche di capelli, sono poste ai piedi dell’Albero Sacro e, con la conclusione del quarto anno della Danza, i loro spiriti sono liberati. A questi spiriti, mentre li si libera, sono affidate delle preghiere da portare direttamente a Wakan Tanka..

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HUNKAPI E HUNKA LOWAPI

IL RITO DELL’IMPARENTAMENTO E DEL CONTARE GLI INVERNI

 

Hunkapi e Hunka Lowapi sono due rituali strettamente connessi tra loro. Contare gli Inverni era una cerimonia, ma anche un metodo molto pratico, adottato da quasi tutti i popoli Nativi Americani, di tradizione orale, per ricordare e tramandare gli eventi più eclatanti dell’anno. Su di una pelle di Bisonte si tracciavano dei simboli e dei disegni, una sorta di diario pittografico. Tali pelli erano conservate dai Cantastorie (Story – Teller) della tribù. Quei personaggi, generalmente anziani, ritualmente "leggendo" i disegni, narravano le gesta degli avi, spiegavano l’origine e le modalità delle cerimonie sacre e soprattutto insegnavano la storia della tribù ai giovani. Una di queste storie narra l’inizio del Rito dell’Imparentamento.
L’Uomo Sacro, Matoshila (Ragazzo Orso), in una visione, vide una nuova cerimonia durante la sua esecuzione il mais aveva un ruolo di rilievo. Tale pianta, all’epoca, era assolutamente sconosciuta ai Lakota. Matoshila partì per un lungo viaggio e fece ritorno a casa con delle pannocchie. Fece ciò senza sapere d’avere derubato una tribù fino ad allora nemica, gli Arikara.
Gli Arikara, rimasti senza le loro provviste invernali, mandarono dei messaggeri carichi di regali e molte trecce di tabacco. La Tribù di Matoshila accettò l’offerta di pace, restituì il mais celebrando, per la prima volta, il rito dell’Imparentamento.
Questa cerimonia, come dice Alce Nero nel suo libro "La Sacra Pipa" …
è per stabilire una parentela terrena che è il riflesso di quella parentela reale che esiste sempre tra l’uomo e Wakan Tanka: Come amiamo Wakan Tanka sopra ogni altro e prima di ogni altro, così dobbiamo amare anche i nostri simili e ad essi legarci con più stretti rapporti di parentela, anche se appartengono a un’altra nazione."

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ISHNATI AWICHALOWAM – CERIMONIA DELLA PUBERTA’

O DELL’EMANCIPAZIONE DELLA FANCIULLA

 

Questa cerimonia arrivò in visione all’Uomo Medicina Tatanka Hunkeshme (Bisonte Lento), molto tempo fa, in un periodo in cui i Nativi non conoscevano ancora l’atto barbarico, introdotto dai "civili" bianchi, di violare una donna.
Alla comparsa del suo primo Periodo della Luna, la fanciulla, deve essere resa consapevole dell’importanza e della sacralità del mutamento avvenuto in lei. Deve essere preparata ad affrontare la sua futura vita di donna e di madre, e ai suoi nuovi doveri. Il suo mutamento interiore e il suo cambiamento di status esigono anche profonde variazioni comportamentali nell’abbigliamento, nel modo di sedersi e persino nella foggia della pettinatura.
Il rituale si celebra alcuni giorni dopo il termine della comparsa del menarca. La giovane, dopo avere conservato in un fagotto il primo flusso mestruale, lo deve depositare nell’incavo d’un pruno selvatico, allo scopo di preservarlo dai cattivi influssi e per propiziarsi la fertilità.
Dopo la purificazione rituale nell’Inipi, e dopo avere affrontato una lunga e complessa serie di riti officiati per lei da un uomo o donna medicina, le si legano le mani con una lunga corda. Un capo di questo legaccio è tenuto dai genitori della ragazza che l’accompagnano così ad una festa celebrata per lei. Allora, alla presenza di tutta la tribù, la fanciulla recide la corda e si libera le mani. Da quel momento è da considerare una donna adulta e responsabile a tutti gli effetti.

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TAPA WANKA YAP – IL GIOCO DELLA PALLA

 

Il complesso gioco rituale del Lancio della Palla, come vuole la tradizione, arrivò in visione a un uomo medicina chiamato Waks Mani (Si Muove Camminando).
Al centro del campo da gioco quadrato vi è una fanciulla a rappresentare l’iniziale purezza e a ricordare la venuta di Donna Bisonte Bianco. La vergine lancia la Palla verso i quattro angoli ove si trovano i gruppi di partecipanti che lottano tra loro per poterla afferrare. Una volta presa, la si alza e la si presenta alle Quattro Direzioni, al Padre Cielo e alla Madre Terra. La Palla è di pelo di Bisonte dipinta con i quattro colori delle direzioni:

NERO = OVEST - ROSSO = NORD – GIALLO = EST – BIANCO = SUD

Sia il campo da g