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Crisi: un capro espiatorio da indicare

di Paolo De Gregorio - 29/09/2009

 

In un sistema mediatico che ci riempie di bugie e soprattutto di omissioni, l’
unico modo per arrivare a qualche conclusione che si avvicina alla verità è la
deduzione.
Ci aiuta Tremonti che se la prende con le banche, che (lo ripete troppo
spesso) stanno strangolando le piccole imprese,negando crediti o praticando
tassi da usura.
Questo è anche vero, ma sà tanto di prefigurazione di un capro espiatorio per
una crisi che non è finita, che ha avuto origine sì nelle banche e nelle
istituzioni finanziarie, ma dove la politica è stata complice non esercitando
la vitale funzione di controllo, approvando la “deregulation” e tollerando gli
sproporzionati bonus che le banche hanno offerto ai manager perché facessero
profitti.
Non mi fiderei tanto di una situazione in cui il principale responsabile del
Tesoro indica i responsabili della crisi, presente e forse di quella futura,
mentre il capo comico che dirige la baracca secerne ottimismo da tutti i pori e
parla di crisi finita.

L’intera materia ci dovrebbe offrire anche un’altra deduzione: il superpotere
delle banche non è governato dalla politica, e l’assenza di banche statali che
svolgano una funzione calmieratrice e di sostegno alle piccole imprese lascia
in mani private un pericoloso monopolio.
E’ probabile che le banche abbiano capito, visto che hanno imponenti uffici
studi per fare indagini di mercato, che molte piccole imprese italiane non
hanno futuro in un mercato globale in cui nulla sarà come prima dopo questa
crisi, che spingerà le nazioni emergenti a entrare in ogni settore produttivo,
a costi infinitamente minori di quelli italiani.
Settori di eccellenza forse si salveranno, ma settori piccoli e arretrati
subiranno l’urto dei paesi emergenti e le banche non aiutano certo chi è
destinato a fallire.
Se questo è uno scenario possibile, peggio della peste, l’untore è messo all’
indice, sono le banche le responsabili, mentre la CASTA politica è innocente,
anzi ha indicato prima i responsabili e quindi è da assolvere.
La disoccupazione sarà il maggior flagello dei prossimi anni, sì anni, non
mesi, poiché quando perdi un segmento di mercato c’è subito un altro che lo
occupa e sarà quasi impossibile invertire la logica del liberismo e della
globalizzazione.

So di parlare al vento, ma l’unica strada sarebbe l’abbandono del mercato
globale e buttarsi a corpo morto sull’autosufficienza energetica (con il
solare) e sull’autosufficienza alimentare con una nuova agricoltura, non
industriale o di nicchia, ma legata al territorio e ai suoi bisogni, con
prodotti biologici e freschi a km zero.