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Le banche? Meglio di Harry Houdini

di Nando Dicè - 05/10/2009

scuola_banche_fondo-magazineHarry Houdini è stato il più grande illusionista di tutti i tempi… dopo i banchieri, logicamente. Eppure, nonostante il furto sistematico del frutto del nostro lavoro, la gente non percepisce lo sfruttamento. Come mai? La risposta non è difficile: non è un illusione. La risposta è nella tecnica, nello sviluppo tecnologico. La tecnica, nelle mani dei banchieri, fa in modo che la gente produce cento, gli resta 10 e nessuno se ne accorge. Senza lo sviluppo tecnologico la gente produceva 50 e gliene restavano 5. Quindi se per il cittadino c’è stato comunque un vantaggio di 5, i maghi del liberismo, da 45 sono passati a godersi 90 del nostro lavoro. Gran parte di questa ricchezza viene spesa per il “controllo” delle nostre menti. Ma questa volta niente di originale…

L’idra liberale dalle due teste, ci ritenta. Qualcuno se la prende con gli omosessuali? E via con lo scontro destra - sinistra, come se nella storia mancassero esempi di omosessuali di destra. Scontri fra ragazzi? E via, comunisti contro anticomunisti, come se a quella età fosse necessario scomodare Marx e Mussolini per trovare una scusa per fare a botte. Atti di razzismo? E ridagli con fascismo e antifascismo, dimenticando che è a Sinistra nasce il razzismo biologico e che fior fiore di autori di sinistra sono stati dichiaratamente anti-semiti.

Ogni occasione, insomma, è buona per fermare il calendario e riportarlo indietro, a quando i giovani si scannavano e i politicanti facendo dei bei discorsi sulle loro bare, se la godevano.

Sì, ce la stanno mettendo tutta.  Eppure tutti sanno come va a finire. E’ una storia già scritta, un copione già noto, un remake ingiallito dal tempo: i cattivi maestri, guarda caso sempre figli del ‘68, sono li, dietro le quinte.

Ma questa volta non c’è la faranno.

La finanza comanda, il politico ubbidisce, il militante rischia, l’ideologia porta le energie al macero, il banchiere ride. Ecco la trama. Nessuna novità.

Non reciteremo la nostra parte: come dei veri sindacalisti rivoluzionari, andiamo in sciopero. Non timbreremo il cartellino nella fabbrica delle ideologie.

Oggi non è come nel ‘68, oggi conosciamo il signoraggio, conosciamo i veri macchinisti del vapore, sappiamo come agiscono, quando, perché. E sappiamo pure come vanno a finire le esperienze politiche degli estremisti. Come una ricetta stabilita, tanti si trasformano in borghesi, qualcuno diventa direttore di qualche giornale al soldo di quelli che contestavano, alcuni diventano deputati e pochi, irriducibili, vanno in galera.

Se “l’ozio è il padre dei vizi”, l’ozio mentale è il padre delle ideologie, belle pre-confezionate, con la loro mistica consolidata, con le loro bandiere bagnate dal sangue dei martiri. Tutto bello e pronto: prodotti surgelati e pronto al consumo, da dare in pasto a giovani militanti per giocare alla rivoluzione.

Poi, seguono, inevitabili, la delusione, l’inconcludenza e quindi il fanatismo che sostiene l’impossibile. In fondo è vero: il fanatismo “consiste nel raddoppiare gli sforzi quando si è dimenticato lo scopo”.

Lo scopo è chiaro: togliere da mano alla finanza internazionale il controllo delle nostre vite. Per farlo bisogna intraprendere strade nuove che, in quanto nuove, non si possono descrivere prima.

Se le conoscessimo, dove sarebbe la novità?

 

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