Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Evviva la finanza

Evviva la finanza

di F. D’Attanasio - 20/10/2009

 

E’ oramai del tutto evidente come, al di là delle chiacchiere, ci sia una chiara incapacità ad

affrontare seriamente la crisi economica. Ma ciò riguarda in maniera particolare le classi dirigenti, o

presunte tali, dell’area euro-atlantica, giacché in molti altri paesi – in particolare i nuovi protagonisti

da poco affacciatisi sulla scena internazionale – seppur certe difficoltà siano comunque presenti, vi

è la presenza di una classe politica realmente dirigente che lascia ben sperare. In realtà quelli che,

sotto questo punto di vista, sono messi peggio di tutti, sono proprio i paesi della UE, i quali pur

avendo attualmente ancora un gap economico e tecnologico a proprio favore (rispetto proprio a

questi ultimi), di grosso rilievo, sembrano avviati su un crinale di autentico declino. La causa, come

abbiamo ripetuto milioni di volte, risiede proprio nell’inettitudine e servilismo di chi, pur ancora

detenendo il potere politico, è assolutamente incapace di realmente governare. Ma tutto ciò, se in

parte è vero nel paese che ancora detiene lo scettro – saldamente all’interno della propria area di

influenza, ma in maniera sempre più traballante a livello mondiale – è del tutto chiaro, come alla

luce del sole, proprio in Europa.

La UE con i suoi vari organismi si sta rilevando ogni giorno che passa un’autentica camicia di

forza, una pletora di burocrati che con la scusa di evanescenti quanto inaccettabili principi di

“giusta” concorrenza e libero mercato, impone determinate scelte ai vari paesi membri, scelte che

per gli stessi si rivelano essere del tutto dannose. L’ultimo episodio riguarda la Opel come descritto

da G.P. (“L’Italia contro tutti”), ma ne potremmo citare a iosa ed è sicuramente da rimarcare come

c’è chi (inutile dire: i soliti ambienti anglo-americani) vorrebbe mettere a capo della BCE, quel che

può essere definito, senza timore di essere smentiti, un vero Quisling, cioè Draghi, che dopo aver

semi-distrutto l’Italia (in buona compagnia dei vari Ciampi, Amato, Prodi e di tutta la grande

finanza molto vicina alla sinistra) vorrebbe chiudere la sua onorata carriera a definitivamente

annientare l’Europa, per porla definitivamente in ginocchio davanti ai suoi mandanti. A proposito,

possibile che quelli (soprattutto la sinistra al gran completo con il suo ceto intellettuale veramente

“illuminato”) che si riempiono continuamente la bocca con il concetto di democrazia, non hanno

assolutamente niente da dire a proposito del Trattato di Lisbona, in particolare delle modalità di

ratifica dello stesso? O per loro, come al solito, il vero problema è rappresentato da Berlusconi e dal

suo presunto tentativo di costruire ed imporre agli italiani una pericolosissima dittatura? Dubito

fortemente che tutta la genia, al seguito degli ascari della sinistra istituzionale, sia in grado di

capire, oggi, a livello politico, la vera posta in gioco.

Ma torno alla questione delle varie soluzioni della crisi economica. Una notizia molto

interessante che leggo da
Libero di Venerdì scorso ( in un articolo di Lorenzo Dilena); nel periodo

luglio-settembre l’americana Goldman Sachs (una delle più potenti banche al mondo) ha

quadruplicato i profitti netti rispetto allo stesso periodo 2008, così che il presidente ed

amministratore delegato della stessa, insieme ai suoi colleghi, potranno assegnarsi ben 5,35 miliardi

di dollari tramite stipendi e bonus. Da gennaio a settembre compensi e bonus del “banchieri d’oro”

ammontano a 16,7 miliardi, più del doppio dei 7,4 miliardi di utili netti a disposizione degli

azionisti. Gran parte degli introiti arrivano dal trading, cioè dalla compravendita di strumenti

finanziari, facilitata dall’aver a disposizione una gran massa di liquidità a buon mercato messa a

disposizione dalle varie autorità monetarie. Ma “di tutto questo, perciò, più che ai banchieri della

Goldman, bisognerebbe chiederne conto alle autorità. A quelle monetarie e soprattutto a quelle

politiche, che da mesi – a cominciare da Obama – cianciano di riforme del sistema finanziario senza

concludere nulla. Comprensibile, allora, che le grandi banche continuino come prima. Anzi meglio

di prima.” Ma come farebbero i vari governi per recuperare quel che hanno investito nella

spazzatura finanziaria, che si tratti di bad bank, come ad esempio nel caso di Irlanda e Germania, o

di elargizioni dirette – per un valore complessivo di 700 miliardi di dollari – come nel caso degli

USA? Ce lo spiega Claudio Antonelli su
Libero dello stesso giorno: con i titoli di Stato a lungo

termine, come i buoni trentennali, che sono andati a ruba sia in Italia che in Germania, ma chi li

compra? Le stesse banche che solo un anno fa hanno messo in tasca gli aiuti di Stato, ma non certo

per guadagnarci, dato che, secondo Antonelli, essendo la svalutazione certa (almeno un 7% l’anno,

stando bassi, il che significa un 210% alla scadenza) fra massimo tre anni se ne sbarazzeranno,

facendoli circolare tra la clientela. “Come dire, per ora si può stare sulle obbligazioni governative,

ma poi chi le tiene fra tre anni comincia a perdere e perdere. E senz’altro le banche si

dimenticheranno di dire al cliente medio che i Btp trentennali di oggi saranno da vendere fra due e

tre anni. E così tornano i conti. Le perdite dei subprime e degli altri titoli tossici che oggi sono nelle

casse pubbliche sotto altro nome e sotto altra forma torneranno ai cittadini contribuenti. E intanto

con le obbligazioni a 30 anni i governi coprono la spesa pubblica.”