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Architetture in terra

di alisei.org - 03/04/2006

Fonte: alisei.org

 

 

 

San, dettaglio della moschea

San, dettaglio della moschea

Vitalità di una tradizione

Ai tempi nostri parlare di architettura in terra sembra un anacronismo, eppure passata la frenesia delle costruzioni in calcestruzzo molti architetti sono alla ricerca di nuovi mezzi di espressione meglio inseriti nell’ambiente naturale, più economici e più idonei dal punto di vista della salute ed è così che è stata riscoperta l’architettura in terra.
Per architettura in terra s’intendono varie tecniche costruttive, dal pisé, la terra compattata entro casseforme di legno, al mattone essiccato al sole o compattato secondo le tecniche più recenti.
Si tratta di una tecnica nota fin dalla più remota antichità che continua ad essere utilizzata in tutte le parti del mondo. Ne abbiamo esempi in Cina, in India, in Africa, in America e in Europa. Nello Yemen esistono dei veri grattacieli costruiti in terra, negli Stati Uniti vari architetti hanno costruito ville e quartieri residenziali nel Nuovo Messico, a San Paolo del Brasile alcuni quartieri popolari sono stati ricostruiti con tale sistema, in Egitto l’architetto Hassan Faty è stato uno dei precursori della riscoperta dell’architettura in terra.
I vantaggi di tale sistema di costruzione sono la facile reperibilità del materiale, il basso costo della lavorazione, che consente inoltre un notevole risparmio energetico rispetto ai mattoni cotti, l’ottimo isolamento termico (le case in terra sono fresche d’estate e calde d’inverno), la relativa facilità della messa in opera qualora non si costruisca in altezza, che consentirebbe l’autocostruzione, e l’ottima integrazione nell’ambiente naturale.
Da parte degli svantaggi vi è la necessità di un manutenzione regolare nelle regioni caratterizzate da una notevole piovosità, ovviabile tramite l’uso di intonaci contenenti una percentuale di cemento, e lo spessore delle pareti, che però contribuisce all’isolamento.
Questa esposizione, nel presentare un esempio di tale architettura che ha dimostrato una straordinaria vitalità nei secoli, intende aprire una riflessione su questo tema. L’architettura in terra potrebbe essere una delle soluzioni alternative alle bidonville che caratterizzano molte città del terzo mondo oltre a prestarsi ad una revisione in chiave ecologica delle tecniche costruttive e del modo di abitare.

L’architettura dell'antico Sudan

Sin dalla più remota antichità viaggiatori ed esploratori sono stati sorpresi dalla presenza di un’architettura urbana e monumentale nella regione dell’Africa occidentale nota a quei tempi con il nome di Bilad al-Sudan, la terra dei popoli neri. Attualmente tale territorio si estende in vari stati africani, Mali, Burkina Faso, sud della Mauritania, nord della Costa d’Avorio e del Ghana.
Nel passato le varie aree che compongono questo territorio hanno avuto una matrice culturale comune legata al destino dei popoli Mandé, la cui diffusione è stata favorita dalla nascita di vasti regni ed imperi e dallo sviluppo delle correnti commerciali.
In realtà il deserto del Sahara non ha potuto impedire che si formassero intensi legami di scambio con il mondo mediterraneo. Attraverso le piste sahariane giungevano nel Sudan merci di ogni genere che venivano trasportate ovunque attraverso il corso del fiume Niger. Il commercio favorì l’influenza culturale dell’Islam, che per lungo tempo rimase limitata agli insediamenti urbani, mentre nel resto del paese predominavano le religioni animiste.
L’influenza del commercio con il mondo mediterraneo, la nascita di una classe di mercanti agiati e lo sviluppo di strutture politiche furono i fattori che contribuirono alla fioritura di questa architettura a carattere urbano e monumentale. Non abbiamo prove che ci permettano di stabilire se queste forme preesistessero ai primi contatti con il mondo esterno, ma secondo le fonti dell’anno mille che ci danno notizia delle città del Sudan, all’epoca avevano già dimensioni notevoli. Si presume che Kumbi Saleh, la capitale del regno del Ghana avesse 30.000 abitanti all’epoca del suo massimo splendore; era attraversata da grandi strade che convergevano in una piazza al centro e gli edifici a pianta rettangolare presentavano forme piuttosto elaborate.
Nel corso del tempo questa architettura si è diffusa lungo le vie commerciali percorse dai mercanti Diula fino alle foreste del sud e lungo il corso del fiume Niger. I due esempi principali sono la casa e la moschea poiché non rimangono resti dei palazzi abitati dai sovrani. Le forme hanno subito un’evoluzione nel tempo e hanno avuto un periodo di grande sviluppo intorno al 1500 e all’inizio del secolo.
A causa della fragilità del materiale utilizzato nella costruzione, un impasto di terra e paglia di miglio denominato banco, utilizzato sotto forma di mattoni essiccati al sole, non rimangono resti di costruzioni molto antiche. La più antica è la moschea Sankore di Tumbuctu che risale al 1300.
La tradizione dell’architettura sudanese è rimasta molto viva e ancorata nelle abitudini delle popolazioni. Questa vitalità ha permesso a questa architettura di resistere alla penetrazione dell’architettura coloniale e di continuare ad affermarsi come la principale tecnica di costruzione nel Delta interno del Niger e nelle aree limitrofe.
Se da un lato l’attività di costruzione continua e si rinnova, anche se con forme più sobrie e semplici, molti degli edifici tradizionali più elaborati sono in pericolo a causa della mancanza di una manutenzione adeguata e del fatto che la vita nei villaggi sta cambiando rapidamente per cui hanno perduto la loro funzione originaria.

Owa, casa
Owa, casa

Il villaggio di Kolenze'
Il villaggio di Kolenze'

Interno di abitazione
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