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Fiat voluntas Marchionne

di Giovanni Petrosillo - 11/11/2009

L’articolo di Nicola Porro apparso su Il Giornale di ieri merita una menzione particolare. Il
giornalista non le manda a dire e sbatte in faccia all’Italia intera, perché essa possa finalmente aprire
gli occhi, la maniera indecente che hanno istituzioni e autorità politiche di genuflettersi dinanzi alla
Fiat, assecondando le sue pretese, tanto più intollerabili al cospetto del mare di aiuti che l’azienda
torinese ha ricevuto, in tutti questi anni, dallo Stato. Appena qualche giorno fa il Ceo di Fiat era
sbottato perché non si era visto ancora restituire dall’Agenzia delle entrate 500 milioni di euro
anticipati per la rottamazione. E’ bastato qualche borbottio di Marchionne per convincere il Fisco
che occorreva sbrigarsi a restituire il “bottino” con tanto di scuse e di cappello in mano. Chissà che
cosa avranno pensato di cotanta solerzia quelle PMI, orgoglio e spina dorsale, ma solo nelle
chiacchiere di economisti e politici nostrani, del tessuto produttivo italiano che dal Fisco prendono
solo pugni sul grugno e persecuzioni senza nessun riguardo o attenuante (che pure meriterebbero di
vedersi riconosciuta nello iugulamento fiscale a cui sono perennemente sottoposte). Ma questo è il
paese dei poteri del “cattivo vapore” e della Finanza predona che non danno conto ai cittadini di
nulla, poiché, spalleggiati dallo Stato, possono permettersi di ignorare le leggi e di ottenere ogni
tipo di facilitazione.
Di fronte a questo scenario desolante per la nazione di cosa si preoccupano i parlamentari del PD?
Naturalmente di attaccare l’unica impresa di punta che funziona in Italia, ovvero l’ENI. Di fatti, un
gruppo di onorevoli piddini, generalmente nullafacenti nelle aule di Montecitorio, si è messo al
lavoro con sospetta solerzia contro il “Cane a sei Zampe”, il quale, a loro dire, non pagherebbe fino
all’ultimo centesimo le tasse dovute. Questo accanimento è già indice della buona fede dei sinistri
che non mi pare abbiano mai usato lo stesso metro nei confronti di Fiat. C’è ancora qualche dubbio
su chi sono i veri disfattisti in questo “pauvre pays”?
Il Fisco restituisce a Fiat 500 milioni di euro di Nicola Porro
La Fiat chiede, il Fisco esegue. Solo in Italia la rottamazione prevede che sia la casa automobilistica
ad anticipare, per lo Stato, il beneficio di cui godono i consumatori. Ma tant’è. E così la Fiat ha
accumulato un credito di 500 milioni nei confronti delle casse dello Stato. Il suo leader, Sergio
Marchionne, si secca e chiede a gran voce che lo Stato dia alla Fiat ciò che la Fiat ha anticipato: non
fa in tempo a chiedere formalmente il dovuto che i signori dell’Agenzia delle entrate (i signori in
cui sono inciampate le banche svizzere in Italia, quelli che vi chiedono indietro 100 euro di Irap non
pagati e non dovuti, quelli che quando vi lamentate delle cartelle pazze chiedono rispetto per
l’Istituzione e non già per i cittadini) si precipitano a dichiarare che presto verrà restituito il
«maltolto». Ma che bello, ma che bravi. Ma che bel quadretto. L’azienda anticipa per lo Stato e le
Entrate si affrettano a sanare la posizione. E per di più si predispongono a farlo prima di una
richiesta formale.
Se fossimo sofisticati e non con l’anello al naso penseremmo che si tratta di una sottile mossa per
rendere sempre più antipatica la Fiat alla totalità degli italiani: una mossa politica per alimentare ciò
che nel Paese c’è già in gran misura e cioè l’esasperazione per il privilegio. E sì: la Fiat non solo ha
ragione, ma la può vendere. Il punto non è questo. Il punto è che la soddisfazione della ragione del
più grande rende più clamorosa la frustrazione del più piccolo e del più debole che invece è sempre
più vessato. Abbiamo già scritto dell’uso tutto italiano della contrattazione fiscale con i diversi
agenti delle entrate sul territorio. E Befera, il capo dell’Agenzia, ci ha risposto che sono eccezioni.
Ma Befera sa cosa succede, solo per fare un esempio, a un professionista con un ufficietto e una
stampante, senza segretaria e altri dipendenti, che si azzardi a non pagare l’Irap? Lo sanno
all’Agenzia delle entrate che quel poverocristo, nonostante un miliardo di sentenze di Cassazione e
persino della Corte costituzionale, viene trascinato in giudizio e in contenzioso. Aspettiamo
l’interpello della Fiat, fanno sapere dall’Agenzia. Ma certo. Andate a Torino a prendere anche una
tazza di tè con il loro direttore amministrativo: anzi scrivetelo insieme questo bel «interpello
formale».
È evidente che lo spirito che anima questo articolo è di pura invidia. La Fiat si merita il rimborso.
Detto per inciso i fornitori Fiat, piccoli e grandi, sembrano le vittime di questo ritardo. Il
meccanismo è semplice. Lo Stato vara gli incentivi alla rottamazione. La Fiat vende a più non
posso. Anticipa gli incentivi ai propri clienti. E ritarda, quanto può, i pagamenti ai propri fornitori
che fanno da banca per mamma Fiat. E il cerchio si chiude sulla subfornitura: ma questo è un altro
discorso. Parlavamo di invidia, che ci muove. È quella che avevamo per la Fiat quando otteneva
dalle banche il Fiat rate, qualche punticino sotto i migliori tassi di mercato. Da oggi la Fiat gode del
Fisco rate. Se chiede, l’Agenzia esegue. Ecco si potrebbe dire che l’universo di imprese italiane, 5,6
milioni di cui solo 1.600 con più di 500 dipendenti, vorrebbe dallo Stato il trattamento Fiat. Per
carità: magari non dategli incentivi, sussidi e detassazioni di utili, che tanto non hanno. Ma dategli
un Fisco amico, esattori che capiscano che il loro stipendio è pagato dalla produzione delle nostre
imprese. È chiedere troppo?
MISTERO ENI: I DEPUTATI PD CHIEDONO AL GRUPPO PETROLIFERO PERCHE’ PAGA
COSI’ POCHE TASSE IN ITALIA
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