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Cala il sipario sul teatrino di Copenhagen

di Marco Cedolin - 21/12/2009


Centoventi capi di stato, diretta emanazione di banche e multinazionali, chiusi dentro a un fortino a disquisire dei disastri ambientali prossimi venturi, determinati dal modello di sviluppo che loro stessi hanno creato, al fine di garantire sempre maggiori profitti ai propri padroni.
Disastri che la maggior parte di loro non vedrà mai, dal momento che per evidenti ragioni di età si sarà accomiatata da questo mondo prima che la barca affondi.

Molte migliaia di giovani fuori al gelo, decisi a contestarne l’operato presente e futuro. Giovani che con i disastri ambientali e le loro conseguenze dovranno fare i conti, consapevoli del fatto che si tratterà di conti “salati” perché qualcuno ha rubato loro la prospettiva di godere di un avvenire sereno.

A frapporsi fra i due contendenti qualche migliaio di poliziotti, impegnati nell’esercizio di bastonare i giovani affinché non disturbino e serva loro di lezione. Contornati da migliaia di giornalisti, gran parte dei quali pennivendoli senza pretese, deputati a raccontare menzogne di ogni sorta che risultino funzionali alla fame di profitto futura dei padroni di cui sopra.

A ben guardare il vertice di Copenhagen sui cambiamenti climatici potrebbe essere tutto raccolto in queste immagini, sospese fra l’inanità di chi ha mangiato in maniera bulimica fino a scoppiare, depauperando le risorse del pianeta e pregiudicando lo stato di salute della biosfera, e la volontà di reagire di chi si è visto precipitare nella prospettiva di un futuro fatto di carestie, aria irrespirabile, fiumi marcescenti e acqua imbevibile, all’interno del quale “sopravvivere” per buona parte della propria vita.
Un confronto impari, perché i primi detengono il potere e continueranno a venire rappresentati nell’immaginario collettivo come le “anime buone” che vogliono salvare il mondo. I secondi non detengono un bel nulla e continueranno a venire stigmatizzati come facinorosi e giovinastri che protestano e non hanno voglia di lavorare, nonostante il progresso e lo sviluppo abbiano ormai creato un posto al call center a 400 euro al mese per tutti.

Nella commedia buonista e qualunquista del vertice di Copenhagen, di curiosità se ne possono trovare anche altre, tutte a modo loro interessanti, da leggere sullo sfondo della completa inutilità manifestata da una kermesse di questo genere.
Impossibile non sottolineare ancora una volta la mistificazione portata avanti, avallando l’assurto in virtù del quale la CO2 sarebbe di gran lunga l’agente inquinante più pericoloso ed il vero unico responsabile dei mutamenti climatici presenti e futuri. Unita alla profonda omertà manifestata nei confronti di tutti gli agenti inquinanti, diossina, metalli pesanti, particolato, nanopolveri, benzene,elementi radioattivi, che le attività umane producono in enorme quantità ogni giorno, avvelenando il pianeta e la popolazione che lo abita.
Così come è impossibile non mettere in evidenza la contraddizione insita in un vertice di questo genere, organizzato con il “nobile” scopo di combattere l'inquinamento, ma che, come in molti hanno sottolineato, ha inquinato esso solo in due settimane tanto quanto un paese come il Marocco nel corso di un anno. Grazie alla presenza, oltre ai 120 capi di stato con i loro entourage, di oltre 50.000 persone solo fra delegati e giornalisti, con relativa movimentazione di 1200 auto con autista, 140 jet privati e una quantità enorme di spostamenti in taxi ed auto a nolo, viaggi in aereo e in treno e soggiorni in hotel. Unitamente alla mobilitazione d’ingenti reparti di polizia con relativi automezzi e perfino alla costruzione di un carcere temporaneo all’interno di un deposito di birra dismesso.

Tutto il teatrino “impegnato” a combattere CO2 e mutamenti climatici si è inoltre concentrato solo ed esclusivamente sull’aspetto economico della questione, quasi l’essere umano non necessitasse di mangiare, bere e vivere in un ambiente il quanto più possibile sano ed incontaminato, ma fosse simile ad un androide che per sopravvivere deve “ingerire” qualche dollaro al giorno e nulla più. Così si sono trasformate in dollari le previsioni delle potenziali sciagure imminenti, in dollari i potenziali milioni di vittime delle stesse, in dollari gli eventuali rimedi, che sempre attraverso i dollari dovrebbero essere in grado di ripristinare gli equilibri naturali perduti.
E anche la conclusione ingloriosa del vertice, terminato con l’accordo di rinnovare la penosa kermesse il prossimo anno a Città del Messico, ha prodotto come unico risultato un movimento di denaro, sotto forma della promessa di 100 miliardi di dollari da stanziare in favore dei paesi poveri, sotto la gestione di quelle stesse banche e multinazionali che hanno diretto i lavori del vertice e con tutta probabilità intendevano conseguire l’unico obiettivo di travasare nelle loro tasche nuove quantità di denaro dei contribuenti, a fronte di una sceneggiata di sicuro effetto mediatico.