L’Europa, seppur meno degli Stati Uniti d’America, mangia troppo. E soprattutto spreca troppo. Dalla Germania il giornalista Sebastian Hermann lancia l’allarme sulle pagine della Sueddeutsche Zeitung, ricordando che se tutti al mondo avessero la stessa voracità di noi europei, ci vorrebbero tre pianeti per produrre la quantità di cibo necessaria.

Il problema sta sia nella quantità che nelle abitudini alimentari che caratterizzano gli abitanti del vecchio continente: ipercaloriche e sempre più “carnivore”. Abitudini che portano sempre più persone ad avere problemi di salute, e che causano enormi problemi ambientali: dalla deforestazione necessaria a fare spazio agli allevamenti al fatto che per ricavare una bistecca di manzo da un etto occorrono tremila litri d’acqua!

Il reporter tedesco riporta sulla Sueddeutsche cifre degli ultimi rapporti della FAO (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione con sede a Roma) che mettono abbastanza in allarme, soprattutto considerando che solo l’undici per cento della superficie terrestre può essere utilizzata per la produzione agroalimentare: un’area poco più di cinque volte l’Italia per sfamare tutto il mondo (guardate una qualsiasi mappa del globo per capire cosa significhi). Altri dati riportati? Dall’inizio del nuovo secolo solo nel 2004 la produzione mondiale di cereali ha superato il consumo; per nutrire l’intera popolazione mondiale, ai ritmi attuali di consumo la produzione di cibo dovrebbe raddoppiare; entro il 2050 molte specie di pesci commestibili rischiano l’estinzione.

Se si pensa che ad oggi le persone che soffrono e muoiono di fame sono circa 923 milioni (su 6,7 miliardi), nel 2050, quando la popolazione mondiale salirà a 9,3 miliardi, è facile capire che non si potrà più continuare con le abitudini alimentari che attualmente caratterizzano sì europei ed americani (ed il “mondo occidentale” in generale), ma che purtroppo stanno “contagiando” anche i sempre più “benestanti” popoli di giganti come Cina, India, Brasile, Messico e molti altri. Si stima che nel 2050, di questi 9,3 miliardi di persone un terzo patirà la fame. Questo non è un problema che riguarda solo l’etica e l’aspetto umanitario, ma che dovrebbe portare a pensare agli sconvolgimenti che tutto ciò potrebbe causare, a partire da guerre (anche per l’acqua) fino ad arrivare alle enormi migrazioni che una situazione del genere comporterebbe.

Le abitudini alimentari e le risorse necessarie a soddisfarle non sono però l’unico problema, oggigiorno. Oltre a mangiare meno (e meglio!) per mangiare tutti, c’è da estirpare dalle nostre insane abitudini un’altra vera e propria piaga: quella dello spreco.

È dello scorso anno la ricerca dello Waste and Resources Action Program di Londra, in cui si rivelava che il Regno Unito butta via 6.7 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, circa un terzo di tutto quello acquistato. Con quella ricerca si faceva notare come nella maggior parte dei casi ciò potrebbe essere evitato se solo si pianificassero meglio la distribuzione e l’immagazzinamento del cibo. Meno di un quinto dello stesso finisce inevitabilmente tra i rifiuti (ossa, bucce, noccioli), ma quasi un quarto dei 4.1 milioni di tonnellate del cibo che potrebbe fare a meno di finire nella spazzatura, viene buttato via intero, così come è stato comprato, senza essere stato né toccato né aperto. E di questo, almeno 340.000 tonnellate non è ancora scaduto quando viene buttato. Un ulteriore milione e duecentomila tonnellate viene semplicemente lasciato sui nostri piatti.

Oltre al dispiacere dovuto allo spreco, c’è da considerare che questo cibo ha un costo. Ogni anno nel solo Regno Unito si spendono 10.2 milioni di sterline per comprare e gettare cibo ancora buono, vale a dire una media di 420 sterline per famiglia (o 610 sterline per famiglia con bambini). I vari consigli locali, inoltre, sembrano spendere oltre un miliardo di sterline all’anno per una raccolta differenziata dei rifiuti organici che finiscono invece, per la maggior parte, direttamente in discarica. Soldi buttati letteralmente via. Questo è il caso britannico, ma tornando all’Europa la situazione non è molto differente da un Paese all’altro. Ed anche in questo caso non parliamo degli USA, incomparabili se si parla di spreco.

Lo spreco di cibo causa anche danni all’ambiente, sia quando viene prodotto che quando viene gettato via. La produzione agroalimentare è la principale causa di emissioni di gas serra, mentre per quanto riguarda lo spreco, appunto, il problema non è solo il metano rilasciato quando tale cibo si trova in discarica, ma anche l’energia spesa oltre che per produrlo, anche per immagazzinarlo e trasportarlo fino a noi. Sempre rifacendosi ai dati dello Waste and Resources Action Program, ogni tonnellata di cibo che buttiamo via inutilmente è responsabile di emissioni equivalenti a 4.5 milioni di tonnellate di CO2.

In Italia, come negli altri Paesi “avanzati” la situazione non è differente. Ma ora sta arrivando il momento in cui anche noi dovremo fare i conti con questo tipo di atteggiamento, se non per una questione di coscienza, per gli incredibili rincari che in questi anni stanno subendo i generi alimentari in ogni parte del globo.

Lo spreco di cibo è una sfida oltre che un problema, anche perché la maggior parte di noi non si rende nemmeno conto delle grandi quantità che ne produciamo. È un’altra grande eredità lasciataci da questo tipo di società usa e getta, che sta addirittura diventando, non solo nel campo alimentare, “compra e getta”. Ma, come sempre, è anche una buona opportunità, che ci dà la possibilità di re-imparare a risparmiare soldi, di vivere meglio e di ridurre il nostro impatto sull’ambiente.