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Ecco a voi il Grande Scioglimento. Prima del previsto

di Stephen Leahy - 12/04/2006

Fonte: Nuovi Mondi Media

 

“Più di 100 milioni di persone potrebbero essere colpite direttamente dall’innalzamento del livello dei mari... noi non siamo assolutamente in grado di fronteggiare una situazione simile, né di escogitare un modo per venirne a capo”

Mentre le mutazioni climatiche stanno accelerando lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, il livello degli oceani cresce inesorabilmente, sommergendo spiagge, isole, perfino continenti.

Secondo una recente analisi delle attuali temperature nella regione dell’Artico pubblicata sulla rivista Science, molte delle più importanti città del pianeta – tra le quali Bangkok, Londra, Miami e New York – rischiano seriamente di finire sott’acqua entro la fine del secolo. Allora, la temperatura media globale sarà di 3 gradi centigradi più alta di quella odierna – ovvero, farà lo stesso caldo che faceva 130mila anni fa, quando il livello degli oceani era dai 4 ai 6 metri più elevato.

“Con ogni probabilità, solo 5 anni fa le nostre stime circa la crescita dei livelli dei mari erano già troppo ridotte, troppo ottimistiche”, ha dichiarato Jonathan Overpeck, ricercatore della University of Arizona che ha contribuito attivamente a questo studio.

Ricerche precedenti a questa avevano previsto una crescita del livello dei mari pari a meno di un metro entro il 2100. Invece, secondo il rapporto di Overpeck, le temperature sempre più alte stanno provocando lo scioglimento di gran parte del ghiaccio artico, Groenlandia inclusa, e il collasso di parte della più instabile calotta polare antartica. I nuovi dati dovrebbero far suonare l’allarme: l’emissioni di diossido di carbonio nell’atmosfera, ha affermato Overpeck, devono essere ridotte.

“Più di 100 milioni di persone potrebbero essere colpite direttamente dall’innalzamento di un metro del livello dei mari”, ha detto Gary Griggs, direttore dell’Institute of Marine Sciences alla University of California di Santa Cruz. “Non esiste alcuna realistica speranza di salvare piccoli stati-isola come le Maldive”, ha dichiarato a Inter Press Service, “Si tratta di una questione nuova ed enormemente importante”.

Le conseguenze di questo fenomeno sono un pericolo reale già in questo momento. Secondo il South Pacific Sea Level and Climate Monitoring Project, isole come Tonga e Tuvalu hanno registrato una crescita di 10 centrimetri solo nell’ultimo decennio. Lo scorso febbraio, nelle Isole Salomone, un’inondazione senza precedenti ha costretto all’evacuazione di 2mila persone. E non solo: la maggior parte della terra arabile delle isole è ora contaminata dal sale. Secondo Loti Yates, direttore del National Disaster Management Office delle Isole Salomone, negli ultimi 20 anni le bianche spiagge sabbiose di alcune delle isole sono state erose e spazzate via dalle correnti oceaniche, dalle forti mareggiate e dai livelli del mare sempre più alti.

Nel marzo scorso, maree-record di 3 metri e mezzo di altezza hanno sommerso la maggior parte di Tuvalu, nazione composta da diversi atolli la cui altitudine massima è di 4,5 metri sul livello del mare. Molte delle spiagge costellate di palme sono svanite nel nulla e l’accresciuto livello del mare rende più disastroso l’impatto delle tempeste. Si sta discutendo del trasferimento dell’intera popolazione del paese, e diverse centinaia di persone hanno già lasciato la loro terra.

A 1200 chilometri di distanza, nelle Fiji – un arcipelago dalla superficie complessiva di 18,250 chilometri quadrati – il livello del mare è salito di 8 centimetri e aumenterà di altri 30 entro il 2050. Negli ultimi anni, le inondazioni sono state un problema in continua crescita, che è già costato parecchi milioni di dollari.

Secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, Asia e Pacifico – a causa della loro geografia – sono regioni particolarmente vulnerabili alle conseguenze fisiche del cambiamento climatico, sotto forma di innalzamento del livello dei mari, aumento dell’intensità delle tempeste e casi estremamente gravi di inondazioni e siccità. “La maggior parte delle loro aree produttive e delle loro megalopoli, soprattutto in Cina, sono situate in prossimità della costa: facili bersagli, dunque, per i disastri naturali provocati dal cambiamento climatico”. Vietnam, Thailandia, Indonesia e Cambogia, così come la Cina, potrebbero risentire pesantemente dell’innalzamento del livello degli oceani, per quanto riguarda il loro prodotto interno lordo.

Spostandoci dall’altra parte del mondo, veniamo a sapere che – come sostiene John Shaw, ricercatore scientifico presso la Geological Survey of Canada – entro il 2030 buona parte della costa atlantica canadese verrà sommersa dall’oceano. A peggiorare la situazione, si aggiunge il fatto che la parte orientale del continente nordamericano sta progressivamente sprofondando, come risultato dell’ultima era glaciale. E poi aggiunge: “le spiagge sono piuttosto basse e così, con la rapida crescita del livello del mare, finiranno presto sott’acqua”.

Le tempeste marine hanno come conseguenza delle inondazioni da record, continua Shaw. Inoltre, stanno erodendo le coste: si calcola che ogni tempesta porta la linea costiera 12 metri verso l’interno. E questa è una brutta notizia soprattutto per coloro che hanno acquistato delle proprietà nei pressi del mare, per godersi il magnifico panorama. Le linee costiere e le spiagge sono sempre in movimento, ma oggigiorno si stanno spostando più rapidamente che mai – ha concluso.

Sin dall’ultima era glaciale, ci spiega Griggs, il livello globale dei mari è cresciuto lentamente: e questo ha consentito alle zone costiere di svilupparsi senza troppe difficoltà. Tuttavia, negli ultimi decenni il fenomeno ha conosciuto una decisa accelerazione e questo ci costringe ad affrontare un guaio da miliardi di dollari: le linee costiere rinculano verso l’entroterra e le spiagge svaniscono. Secondo la previsione di Griggs, le città situate in aree costiere sotto il livello del mare dovranno fare i conti con gravi disastri causati dalle tempeste; poi ha aggiunto: “Non siamo assolutamente in grado di fronteggiare una situazione simile, né di escogitare un modo per venirne a capo”.

L’onda di 8 metri che lo scorso anno si è schiantata sul versante americano del Golfo del Messico, durante l’uragano Katrina, ha ucciso 1400 persone e causato danni per 200 miliardi di dollari. I progetti recentemente annunciati per la ricostruzione del sistema di dighe e argini, a protezione della devastata New Orleans, costeranno 10 miliardi di dollari e non prevedono neppure la copertura dell’intera città. E a tal proposito, Griggs conclude: “Dipendesse da me, non ricostruirei New Orleans nello stesso sito”.

 

 

Fonte: http://www.ipsnews.net/news.asp?idnews=32765
Tradotto da Paolo Cola per Nuovi Mondi Media