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I veri uomini vanno in Khuzestan

di Pepe Escobar - 13/04/2006

Fonte: Nuovi Mondi Media

 


Il bilancio degli Usa richiede fondi extra per le operazioni speciali in Iran, in aggiunta ai 75 milioni di dollari che l’amministrazione Bush vuole investire per promuovere il “cambio di regime”. La ricompensa è la provincia del Khuzestan, dove si trova il 90% del petrolio iraniano

Quando si parla dell’Iran, è opinione comune che gli Stati Uniti non possano assolutamente riuscire ad occuparlo – la sua superficie è pari a quella di Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna insieme – e che questo metta in discussione il manifesto obiettivo della Casa Bianca, ovvero il cambio di regime.

In seconda battuta – per chi la guerra preferisce farla dal salotto di casa – si potrebbe considerare l’ipotesi del colpo di stato dall’interno. Il capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, alcuni mesi fa ha dichiarato in un editoriale assai popolare che se gli Stati Uniti dovessero attaccare l'Iran, le minoranze etniche "potrebbero accogliere favorevolmente l'umiliazione dei loro oppressori", cioè i persiani. L’assurdità si ripete, come quando gli Stati Uniti si convinsero che sarebbero stati salutati come i “liberatori” dell’Iraq.

Nel periodo di frenetica attività precedente l’attacco all’Iraq del 2003, il mantra definitivo dei neocon era “i veri uomini vanni in Khuzestan”. Tra l’altro, alcuni di questi “veri uomini” potevano esserci già stati. Il governo iraniano è infatti convinto che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, e/o Israele abbiano condotto operazioni speciali lungo i confini occidentali e sud-orientali dell'Iran già dall'inizio del 2005.

Significativamente, il nuovo bilancio degli Stati Uniti richiede fondi extra per le operazioni speciali e per le cosiddette “psy-ops” (operazioni psicologiche) in Iran, in aggiunta ai 75 milioni di dollari che l’amministrazione Bush vuole investire per promuovere il “cambio di regime”. Il corpo dei marines, da parte sua, ha commissionato alla Hicks & Associates – società affiliata al 'Science Applications International Corp' (una delle più grandi imprese fornitrici della difesa e altamente coinvolta nell’invasione dell’Iraq) – una ricerca approfondita sui gruppi etnici iraniani.

La ricompensa è la provincia del Khuzestan, dove si trova il 90% del petrolio iraniano e dalla cui produzione l’Iran ottiene l’80% della sua ricchezza. In gennaio, Teheran ha annunciato di avere prove del coinvolgimento della Gran Bretagna in operazioni speciali e attentati in Khuzestan a partire dall'anno scorso. Nello stesso mese, due arabi iraniani sono stati impiccati in pubblico per aver fatto esplodere una banca nella capitale Ahvaz e altri tre sono stati giustiziati in una prigione locale.

Almeno 50 arabi sono stati accusati di aver fatto esplodere gli ordigni che hanno ucciso 21 persone lo scorso aprile, dopo che era stata fatta circolare una lettera “ufficiale” (ma non confermata) contenente piani dettagliati di pulizia etnica degli arabi in Khuzestan. A causa di ciò, il presidente Mahmud Ahmadinejad ha già dovuto cancellare all’ultimo minuto tre viaggi ad Ahvaz.

La situazione della provincia non poteva essere più delicata. Il secondo reattore nucleare dell’Iran verrà costruito in Khuzestan. Durante tutto il periodo del Nauroz (il nuovo anno persiano) – che in molti casi si prolunga fino ad aprile inoltrato – le Guardie Rivoluzionarie promuovono visite guidate del Khuzestan per grandi comitive provenienti da tutto il paese, che vengono trasportate in autobus nei luoghi in cui negli anni '80 si è combattuta la guerra Iran-Iraq. Circa due milioni di persone ogni anno partecipano a questi tour e in questo periodo non vengono concessi permessi speciali ai giornalisti stranieri.

John Bradley è stato uno dei pochi giornalisti stranieri ammessi in Khuzestan il mese scorso. In uno sporco e misero villaggio arabo vicino ad Ahvaz, attraversato da tubi che forniscono il greggio all’immensa raffineria di Abadan (450.000 barili al giorno), Bradley ha sentito arabi iraniani lamentarsi del fatto che "viviamo sopra l’unica grande ricchezza del paese e tuttavia non ne ricaviamo alcun beneficio1" . La disoccupazione è dilagante, il farsi è l’unica lingua insegnata nelle scuole locali e non sono ammessi giornali in lingua araba. Le tubature sono già state fatte saltare il settembre scorso e il mese successivo Teheran ha annunciato di avere sventato una cospirazione intesa a bombardare Abadan con 5 missili Katyusha.


Benvenuti all’intifada di Ahwazi

A Teheran si fanno congetture sul fatto che al-Qaeda possa circuire i leader arabi delle varie etnie in Khuzestan come parte della sua grande strategia di sabotaggio delle infrastrutture petrolifere nel Golfo Persico. Da parte loro, gli esiliati del Khuzestan ripongono le speranze su una “intifada di Ahwaz” (Ahvaz è il nome in lingua farsi, mentre “Ahwaz” è il nome arabo). Il governo iraniano resta convinto che questa eventuale intifada possa essere orchestrata dall’Iraq, con il sostanziale aiuto della Gran Bretagna, del Canada e degli Stati Uniti.

Cercando di smorzare i toni, Teheran ricorda che 9 dei 17 membri del Khuzestan al majilis (parlamento iraniano) sono arabi e che gli arabi occupano cariche di rilievo sia in Khuzestan che a Teheran. Tuttavia il nocciolo della questione, che è di natura economica, rimane irrisolto. Secondo l’Islamic Majlis Center for Research (un think-tank governativo), Teheran deve fare tutto ciò che è in suo potere per contrastare sia la povertà delle ultradelicate aree non-persiane, sia la disoccupazione giovanile su scala nazionale.


Vi “persianizzeremo”

Il Khuzestan condivide con l’Iraq un confine di terra, di fiume e di mare. Saddam Hussein si è spacciato per un sedicente “liberatore” dell’Arabistan, come gli arabi chiamano questa provincia, durante la guerra Iran-Iraq negli anni 1980-88 e ha intrapreso una campagna ad ampio raggio per incoraggiare gli sciiti locali a ribellarsi alla Repubblica Islamica. Ma questi non lo hanno fatto. La logica della guerra ha condotto alla distruzione di Abadan e della sua raffineria, e alla devastazione di Khorramshar e del suo porto. Oggi, sempre a causa della guerra, il Khuzestan è quasi rinchiuso in un guscio, mentre una volta era completamente aperto al mondo esterno.

Le comunità i che vivono in Khuzestan hanno vissuto e commerciato insieme per generazioni, hanno una storia comune che va oltre la rivalità etnica e molte dinastie non persiane hanno comandato per secoli. La maggior parte delle popolazioni dell’Iran la cui lingua madre non è il farsi, come gli azeri, i curdi, i turkmeni, i beluci e gli arabi, vivono nelle zone di confine. Tuttavia la loro identità rimane iraniana, non separatista.

L'Iran ha una forte capacità di assimilazione, sintesi, appropriazione della cultura e iranianizzazione. Alessandro Magno portò l’Ellenismo nel cuore dell’impero persiano e finì per esser completamente persianizzato. L’islamizzazione dell’Iran in seguito alle invasioni arabe fu controbilanciata dalla sua straordinaria forza intellettuale, artistica e scientifica, che ha influenzato l’intero mondo musulmano. L'Islam iraniano è davvero qualcosa di diverso. Anche i turchi e i mongoli sono stati persianizzati e sono divenuti promotori e ambasciatori della lingua, della cultura e della letteratura persiane.

Ebrahim Yazdi, ex ministro degli Esteri dell’ayatollah Ruhollah Khomeini e attuale segretario generale del partito all'opposizione, il Movimento per la Liberazione dell’Iran, stempera questa situazione esplosiva in maniera differente a seconda dei vari confini dell'Iran. "La popolazione del Khuzestan si lamenta della mancanza di libertà, di sviluppo economico e della disoccupazione. Gli azeri non sono indipendentisti e i curdi non sono per la separazione. Per i governi arabi la storia è differente, poiché supportano direttamente la separazione in Khuzestan dai tempi di Nasser, Assad, Gheddafi e Saddam Hussein. Nessun paese arabo protesterà se ci saranno disordini”.

Inoltre, “gli americani e i pachistani sono contrari alla separazione del Belucistan dal Pakistan. Ancora una volta, le regole cambiano quando si tratta del Khuzestan”.

Yazdi vede un grande pericolo nella velenosa atmosfera di reciproca accusa fra Teheran da una parte e Washington e Londra dall'altra. Ahmadinejad ha accusato pubblicamente gli inglesi che si trovano in Iraq di "ingaggiare terroristi per atti di sabotaggio". Yazdi ha aggiunto che gli Stati Uniti “potrebbero essere tentati di provare una vera politica interventista. Se gli iraniani stanno sfidando gli Stati Uniti devono essere preparati a reagire e difendersi da loro”.

La questione cruciale è che qualsiasi tipo di sogno interventista americano sulla falsariga de "i veri uomini vanno in Khuzestan" è condannato in partenza. Infatti, non potrà che provocare un’ulteriore radicalizzazione del nazionalismo iraniano, per non parlare della generale e potenzialmente sanguinosa reazione contro gli arabi iraniani, che verrebbero inevitabilmente considerati traditori in collusione con gli anglo-americani.


Pepe Escobar è tra gli autori di 'Tutto in Vendita – Ogni cosa ha un prezzo. Anche noi', Nuovi Mondi Media, 2005.

 


Fonte: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/HD06Ak01.html
Tradotto da Anna Lucca per Nuovi Mondi Media