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Il tempo del raccolto, la magia delle piante

di Giusi Ferrari - 03/02/2010


 E’ il plenilunio il momento più adatto per la raccolta di quasi tutte le erbe e le radici. Questa abitudine risale a quando non esistevano fonti luminose alternative alla fiaccola e il colmo di luna favoriva il riconoscimento delle varie piante. Ma la ragione principale è che in queste notti il cambiamento di direzione degli impulsi della Luna si fa sentire più intensamente rispetto a quelle di Luna nuova, infondendo così forze maggiori alle erbe raccolte. Le erbe contengono principi attivi si sa, ma esiste l’ipotesi che sappiano trasmettere potere ed energia poiché li attingono direttamente dalla terra. Dal corpo della Dea quindi, di cui ne sarebbero un’emanazione.

 

Non è solo il plenilunio a essere preso in considerazione per la raccolta delle piante, ma anche il cosiddetto periodo balsamico, quando cioè il loro profumo e le sostanze nutritive che contengono sono più attivi. I fiori quando sbocciano; i frutti e i semi nel momento della completa maturazione; le erbe, le foglie e tutte le parti verdi nei loro periodi di crescita, in primavera inoltrata e in estate; le cortecce e i rami in primavera, quando la linfa è abbondante; radici, tuberi e rizomi nel loro riposo vegetativo che avviene in autunno o in inverno.

 

Quando prendiamo un vegetale dalla terra, dobbiamo farlo con rispetto e delicatezza, evitando di danneggiare la pianta nella sua interezza. Qualcosa poi andrebbe sempre offerto in cambio secondo un’usanza antica che non appartiene solamente alle Figlie della Dea ma che veniva osservata anche dagli Indiani d’America. Un indiano Navajo chiamato Jimmie C. Begay, collaboratore di una rivista pubblicata dal popolo dei Mohawk scrive che “quando togliamo qualcosa alla terra, dobbiamo anche restituirle qualcosa. Noi e la terra dovremmo essere compagni con uguali diritti (…) E dobbiamo dare a nostra Madre, la Terra, sempre, tanto quanto le abbiamo tolto”.

 

Se avessimo sempre fatto così, ora non dovremmo affrontare la crisi delle risorse e probabilmente neppure le conseguenze catastrofiche dell’inquinamento. Quando abbiamo consapevolezza e partecipazione intima al respiro del tutto, non ci è possibile ferirne nessuna parte senza sentire anche noi il dolore che così provochiamo. Poiché siamo un corpo unico con la terra e ogni vita che la abita.




Articolo tratto da promiseland.it