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L'Italia nel mirino della speculazione finanziaria

di Lista_di_Geopolitica - 18/04/2006

Fonte: Lista_di_Geopolitica


 
Financial Times: possibile uscita dell'Italia dall'Euro entro il 2015 Un default sul debito e l'uscita dall'euro entro 10 anni. Sono molto
pessimistiche le previsioni del Financial Times sull'Italia dopo la vittoria, di strettissima misura, di Romano Prodi nelle ultime
elezioni politiche
17/4/2006 


Un default sul debito e l'uscita dall'euro entro 10 anni. Sono molto pessimistiche le previsioni del Financial Times sull'Italia dopo la
vittoria, di strettissima misura, di Romano Prodi nelle ultime elezioni politiche. La tesi è contenuta nell'ascoltatissimo commento
settimanale dell'editorialista Wolfgang Munchau, condirettore del quotidiano londinese.

«La risicata vittoria della coalizione di centro-sinistra guidata da Romano Prodi - si legge nell'editoriale - costituisce il peggior esito immaginabile in termini di possibilità dell'Itaoia di rimanere nell'eurozona oltre il 2015. Prevedo che gli investitori internazionali inizino ad assumere scommesse speculative sulla partecipazione italiana all'euro entro la durata di un governo Prodi. Queste - puntualizza Munchau - non sono scommesse sull'impegno politico di Prodi nei confronti dell'euro. Sarebbe
infatti difficile trovare un politico più a favore dell'Europa dell'ex presidente della Commissione europea. Queste sono scommesse sulle circostanze economiche che potrebbero obbligare un governo a prendere decisioni che sono inimmaginabili fino al momento in cui diventano inevitabili».

«Tutti sappiamo - sottolinea Munchau - che l'economia italiana si trova in profonde difficoltà. Ma è importante ricordare che i problemi italiani sono differenti da quelli della Francia e della Germania. Molte economie continentali sono afflitte da bassa crescita e alta disoccupazione. Anche l'Italia soffre di un basso livello di crescita anche se la sua creazione di posti di lavoro è stata rilevante. Ma il problema dell'Italia è quello di non essere pronta a una vita nell'Unione monetaria».

Il Financial Times segnala la forte discrasia tra problemi e soluzioni proposte. Da un lato infatti «sin dalla nascita dell'euro nel 1999, l'Italia ha registrato un massiccio apprezzamento del suo tasso reale di cambio. I suoi costi unitari del lavoro sono cresciuti del 20% rispetto alla Germania. Ma mentre le retribuzioni tedesche reagiscono alla domanda aggregata, i salari italiani continuano a crescere a un ritmo del 3% annuo. L'Italia registra anche un problema di competitività di prezzo in molti settori
economici. Un programma sensibile di riforme economiche dovrebbe concentrarsi sulla contrattazione salariale e sulla regolamentazione dei mercati dei beni e servizi».

Dall'altro lato «Prodi offre il tipo sbagliato di riforme. Che consiste nello stesso tipo di riforme dell'offerta che sono fallite in altri Paesi europei. E dal momento che la sua frammentata coalizione di moderati, socialisti e comunisti, avrà una sottolissima maggioranza in Senato, potrebbe anche non essere in grado di portare a compimento il suo insufficiente programma.
Se l'Italia continuerà a perdere competitività macroeconomica, uN movimento politico populista potrebbe ben emergere con un programma per l'abbandono dell'euro. Proviamo a immaginare l'inimmaginabilee ipotizziamo che un futuro governo italiano riporti la lira. Cosa succederebbe al debito del Paese, prevalentemente denominato in euro, che attualmente raggiunge il 106,5% del Pil? L'Italia sarebbe quasi certamente incapace di rimborsare pienamente le sue obbligazioni nei confronti degli investitori. E dovrebbe o riconvertire tali debiti in lire a un tasso di cambio sfavorevole agli investitori, o addirittura dichiarare apertamente l'insolvenza».
Il condirettore del Financial Times snocciola qualche altra cifra rilevante. «Dal punto di vista di un investitore l'abbandono dell'eurozona è equivalente a un'insolvenza sovrana. E data quetsa prospettiva, perchè i mercati finanziari non stanno ancora scommettendo su un tale evento? La scorsa settimana i rendimenti sui
titoli pubblici decennali italiani registravano solamente un differenziale di 0,3 punti al di sopra degli equivalenti titoli tedeschi. E tale valutazione suggerisce che i mercati non vedono attualmente un alto rischio di default. Ma certamente, anche se qualcuno reputa improbabile l'abbandono italiano dell'eurozona, il
rischio non è nemmeno pari a zero».
Secondo Munchau «tre fattori potrebbero spiegare l'ottimismo del mercato. Primo l'opinione che l'Italia potrebbe essere effettivamente intrappolata dentro l'Eurozona; lasciarla non risolverebbe alcun problema economico. E tale argomento ignora oltretutto il fatto che l'insolvenza di solito non è la conseguenza di una scelta razioanle ma del panico».
Il secondo fattore che spiegherebbe l'ottimismo del mercato sull'Italia «è l'opinione che la Banca centrale europea in ultima istanza interverrebbe per evitare l'insolvenza di uno stato membro. Ma tale argomento - si legge ancora sul Financial Times - sembra sottovalutare la decisione della Bcea a rispettare la propria regola
di 'non salvataggiò in tali circostanze».

Il terzo fattore è quello che «anche se si accettasse lo scenario peggiore, è ancora molto improbabile che l'insolvenza si materializzi entro la vita residua di un'obbligazione decennale. E tale argomento - sottolinea Munchau - offre la spiegazione più plausibile per cui i mercati non hanno ancora fatto pagare un premio
di rischio più elevato sui titoli di stato italiani. E spiega anche perchè i mercati obbligazionari sono notoriamente cattivi indicatori anticipati del rischio d'insolvenza. I mercati obbligazionari sono compiacenti fino a quando iniziano ad andare nel panico».
Il Financial Times chiede retoricamente: «dopo i risultati delle elezioni italiane gli investitori rimarranno altrettanto ottimisti sui seguenti dieci anni durante la vita di un governo Prodi? Esiste una ragionevole possibilità che nei prossimi cinque anni il premio di rischio (italiano, ndr) salirà nei prossimi cinque anni. E
prevedo - aggiunge Munchau - anche un aumento per gli swap sull'insolvenza creditizia italiana, strumenti finanziari attraverso i quali gli investitori possono assicurarsi contro il rischio. La scorsa settimana gli investitori avrebbero pagato un premio annuale di 21.750 euro per assicurarsi contro l'insolvenza su di un
investimento di 10 milioni di euro in un titolo di stato italiano a 10 anni. E si tratta di un livello molto basso, date le incertezze economiche e politiche. Tali swap, non sono sofisticati strumenti speculativi. Un acquirente di swap sull'insolvenza creditizia italiana viene rimborsato solo se l'Italia cade in uno stato
d'insolvenza. Ma gli investitori sofisticati sanno come costruire strategie di trading profittevoli da una situazione così sbilanciata. I mercati finanziari non possono provocare l'uscita di un Paese dall'Unione monetaria attraverso la speculazione valutaria, come fecero nel 2002 facendo uscire la Gran Bretagna dal meccanismo di cambio europeo. Ma per gli investitori esistono altri modi per sfruttare le difficoltà di un Paese dentro un'Unione monetaria».

«Ecco perchè - conclude Munchau - esistono dei paralleli tra l'Italia di oggi e la Gran Bretagna del 1992. Allora l'impegno della Gran Bretagna per il meccanismo di cambio appariva incrollabile come l'impegno di Prodi per l'euro ora. Ma la Gran Bretagna non era pronta nè economicamente nè politicamente a vivere in un regime di
cambi semifissi. E la partecipazione dell'Italia all'euro è basata su fondamenti parimenti traballanti. Quattordici anni fa per gli investitori ci vollero pochi giorni per smascherare una bugia politica».

 
 
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----- Original Message -----
From: "Alessio" <galaemyam@yahoo.it>
Sent: Monday, April 17, 2006 3:25 PM
Subject: [Geopolitica] Previsioni allarmiste del FT contro l'Italia

Il Financial Times lancia una previsione: entro il 2015 l'Italia sarà fuori dell'area Euro  
  
  La mia opinione è che il FT voglia destabilizzare Eurolandia colpendo la sua parte più debole: l' Italia.  Infatti se la la parte della UE che ha adottato l'Euro si rafforzasse formando un nucleo federale che guidi le tre politiche fondamentali di uno stato ( politiche economica e monetaria, politica estera, politica difesa ) la Gran Bretagna si troverebbe ai margini dell'area euro e nelle condizione di dovervi aderire  a malincuore perchè a un certo punto non le converrebbe più stare fuori.
  
  
  Per una volta mi trovo d'accordo con un leghista, Maroni.
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  Il primo commento dall'Italia viene dal ministro al Welfare, il leghista Roberto Maroni. "Il Financial Times è diventato il portavoce di una lobby che vuole influire negli affari italiani, l'house organ di una lobby che vuole condizionare la nostra politica", sostiene Maroni.
 
"Mi sembra che anche il Financial Times sposi la tesi della grande ammucchiata e del governissimo - dice il ministro uscente - mi domando perché queste cose non le ha dette in campagna elettorale. A questo punto, meglio che si tenga per sé i suoi consigli".

 
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/04_Aprile/17/financial.shtml
  
 
http://www.repubblica.it/2006/04/sezioni/economia/conti-pubblici-1/previsioni-financial-times/previsioni-financial-times.html
  
 
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200604articoli/4341girata.asp
  
 
http://www.trend-online.com/?stran=izbira&p=prp&id=118752
  
  Vincenzo Visco intanto rimarca:
  
  Risponde all'articolo del Financial Times anche l'ex ministro delle Finanze del governo Prodi, Vincenzo Visco, secondo il quale:
  
   "Potremmo andare in default solo se la gestione dell'economia ricadesse in mani irresponsabili, come accaduto negli ultimi cinque anni".
  
  Secondo Visco al momento "la situazione è recuperabile, anche se difficile".
  
  Visco definisce il contenuto dell'editoriale del quotidiano britannico "molto malevolo e molto forzato": "In Italia un titolo come quello sarebbe passibile di aggiotaggio", aggiunge Visco e quella del Financial Times "è un'analisi sbagliata perché il programma di Prodi è un programma di modernizzazione, di liberalizzazione e di interventi incisivi".
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  E non è la prima volta che il FT fa commenti sull'economia italiana
  
  L'Italia rischia di uscire dall'euro? Berlusconi o Prodi per risanare l'economia del Belpaese?
  Di Alberto Susic         Alla vigilia di una competizione elettorale sempre più accesa, con la quale si deciderà il futuro del Paese per i prossimi cinque anni, l'Italia continua ad essere sotto i riflettori e far parlare di sé, anche in considerazione di una situazione economica non certo delle migliori. Non più tardi di venerdì scorso, il Financial Times aveva presentato un'immagine del Belpaese a dir poco disastrosa, paragonata per molti aspetti a quella dell'Argentina degli anni novanta, ponendo l'accento sulle dannose conseguenze cui si andrà incontro se non sarà attuato un ripristino della competitività italiana attraverso delle riforme ad ampio raggio.
 
Non hanno un sapore molto diverso le dichiarazioni rilasciate ad un'intervista tedesca dall'economista statunitense, Nouriel Roubini, consigliere del Fondo Monetario Internazionale, convinto che l'Italia possa essere costretta a dire addio all'Unione monetaria europea a causa dei suoi problemi economici. L'economista ritiene infatti che il nostro Paese corra il rischio di uscire dall'euro già nei prossimi cinque anni, in assenza di riforme reali.
 
Anche Roubini si sofferma su alcune analogie con l'Argentina del periodo antecedente la crisi, sottolineando il rischio di un peggioramento della debolezza che sta interessando la nostra crescita economica, unitamente ad un progressivo aumento dell'indebitamento pubblico. Questo mix di fattori potrebbe, a suo dire, innescare una dinamica che porterebbe inevitabilmente l'Italia ad abbandonare l'Unione monetaria, al fine di procedere ad una ristrutturazione del suo debito.
Per fare in modo di allontanarsi quanto prima dalla crisi in atto, il Belpaese avrebbe bisogno di una massiccia spinta alla produttività, dal momento che negli ultimi anni le retribuzioni sono cresciute più di quest'ultima, mentre bisognerà puntare ora ad una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, ad una riduzione della burocrazia e ad una crescente concorrenza.
Il principale responsabile di questa situazione, secondo l'economista americano, sarebbe proprio il premier Berlusconi, colpevole di aver sciupato l'occasione di modernizzare il Paese, nonostante una confortevole maggioranza in Parlamento e un quadro di partenza piuttosto incoraggiante anche sul fronte dei tassi di interesse. Professando un liberismo economico solo a parole, nei fatti il presidente del Consiglio si è comportato come un monopolista, attento solo a curare i propri interessi.
Maggiore fiducia viene espressa invece nei confronti del suo sfidante, Romano Prodi, che, a patto di conservare una certa autonomia dalle frange più estreme delle sinistra, dovrebbe avere una maggiore capacità di affrontare le cause strutturali delle difficoltà economiche dell'Italia.
 
A parlare del nostro Paese oggi è tornato ancora una volta il Financial Times che, dalla penna dell'editorialista Martin Wolf, ha riproposto l'immagine dell'Italia quale quella del malato dell'Europa occidentale, che tuttavia non deve abbandonarsi alla disperazione. Riprendendo le parole del governatore Draghi, Wolf ricorda che i ritardi strutturali dell'economia italiana non sono i segnali di un inevitabile declino, non mancando di sottolineare che la situazione è peggiorata perché né il governo né gli imprenditori hanno utilizzato il periodo di bassa crescita per migliorare la competitività.
 
Di fronte ad uno scenario simile, sempre dalle colonne della rivista britannica, l'unica via d'uscita è indicata nella presenza di una grande coalizione, che potrebbe risolvere i problemi del Paese. Wolfang Munchau, un altro editorialista del Financial Times, prospetta il rischio di una catastrofe se la tendenza degli ultimi sette anni dovesse riconfermarsi anche nei prossimi, indicando la necessità di un azione politica urgente da parte del prossimo governo, per "scappare dall'inferno" della crisi economica e della perdita di competitività. Pur ammettendo in parte l'esagerazione velata in alcuni scenari prospettati dallo stesso quotidiano, con esplicito riferimento alle analogie sul rischio di un default stile Argentina, Munchau ritiene comunque che la presenza dell'Italia nell'Eurozona e le politiche economiche attuali siano incompatibili nel lungo periodo.
 
Tanto Berlusconi quanto Prodi hanno realizzato una campagna elettorale divertente, che ripropone quasi virtualmente quella di dieci anni fa, e come allora non vi era una strategia economica coerente per entrambi, tanto meno la stessa può essere ravvisata ora.
 
Il premier uscente da parte sua si sta limitando a propinare nuovamente quelle stesse formule che sono già andate incontro al fallimento durante il suo governo, con esplicito riferimento al mancato tentativo di emanare alcuni utili riforme del mercato del lavoro all'inizio della legislatura.
 
Dall'altra parte, l'opposta coalizione guidata dal professor Prodi non è in grado di proporre una reale alternativa, perché tutte le politiche proposte per una limitazione dei contratti di lavoro a tempo determinato, per una deregolamentazione dell'industria dei servizi e della contrazione del costo del lavoro, non basteranno da sole a risolvere i problemi economici del Paese.
 
Secondo Munchau, l'Italia ha bisogno di misure specifiche, "puntate a liberalizzare i meccanismi di fissazione dei salari e a generare una crescita più alta della produttività".
E a questo punto, riprendendo la chiosa proposta dal Financial Times, non ci rimane altro da fare che chiederci: Prodi e Berlusconi sono all'altezza di questo compito .?
  
  
  
  Ma l'Italia può davvero uscire dall'Euro??
 
http://ilsignoraggio.blogspot.com/2005/05/l-italia-pu-uscire-dalleuro.html
  
  
  Secondo alcuni l'Italia rischia addirittura l'uscita dal G8
  
 
http://www.rva.it/sifa/20060318/2.pdf
  
 
http://www.rva.it/it/info/press.asp?g=18&sMese=20063
  
  
  Altri commenti
  
 
http://www.trend-online.com/?stran=izbira&p=ele&id=116669