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L'atteggiamento del consumatore italiano di fronte agli ogm

di Vieri Simone* - 21/04/2006

 

L’atteggiamento del consumatore italiano di fronte alla prospettiva dell’impiego agricolo ed alimentare degli OGM.


Per l’agricoltura italiana, la questione dell’impiego degli organismi geneticamente modificati (OGM) in campo agricolo ed alimentare si presenta come particolarmente controversa e complessa. Numerosi sono, infatti, i punti di vista rispetto ai quali il problema deve essere affrontato, al fine di poter esprimere un giudizio riguardo alle prospettive di una introduzione delle coltivazioni transgeniche e dei loro prodotti nel sistema produttivo agricolo ed agro-alimentare del nostro Paese.

In questo senso, uno degli aspetti più importanti da considerare è l’atteggiamento del consumatore riguardo agli OGM e, quindi, la sua disponibilità ad acquistare prodotti che siano ottenuti a partire da coltivazioni transgeniche o che, più semplicemente, contengano materiale transgenico.

Nel caso dei prodotti ottenuti da coltivazioni transgeniche la condizione che viene meno ai fini della loro collocazione sul mercato è l’assenza di certezze rispetto alle effettive caratteristiche qualitative del bene. Sulla materia sono stati effettuati numerosi studi, molti dei quali condotti con la tecnica del sondaggio. I risultati di tali studi tendono decisamente a convergere, evidenziando la generalizzata contrarietà del consumatore ad acquistare prodotti transgenici.
Tali risultati hanno, di fatto, trovato conferma anche in una recente indagine condotta nell’ambito del progetto <<OGM in agricoltura>> promosso dall’INRAN che ha, tuttavia, aggiunto nuovi ed interessanti elementi di analisi. L’indagine, infatti, non si è limitata ad evidenziare l’atteggiamento dei consumatori riguardo ai prodotti transgenici, ma ha cercato di misurare la percezione che essi hanno rispetto a tali prodotti e, in specie, ha puntato a verificare la loro disponibilità ad acquistarli, ovvero a sostenere eventuali costi aggiuntivi per acquistare prodotti cosiddetti <<OGM – free>>.

In particolare, da tale indagine è emerso che solo il 3% dei consumatori dichiara di avere un atteggiamento positivo verso i prodotti transgenici; mentre il 54% si dichiara negativo (24%) o molto negativo (30%). Tra coloro che si dicono contrari all’impiego di prodotti transgenici, le principali preoccupazioni riguardano i rischi per la salute (75%), le incertezze scientifiche sugli effetti a lungo termine (55%) ed i rischi per la qualità e la genuinità dei prodotti alimentari (37%). Per coloro che si dicono favorevoli, i maggiori vantaggi riguardano la riduzione dei trattamenti chimici in agricoltura (43%) ed il miglioramento delle caratteristiche nutritive (39%) e della qualità (38%) dei prodotti interessati.

Particolarmente elevato – e questo è l’elemento di particolare novità rispetto alle principali indagini condotte in precedenza – il numero di coloro che dichiara di non avere un opinione (22%), o di avere un atteggiamento indifferente rispetto al problema (21%).

Tale atteggiamento non sembra, tuttavia, discendere da una disattenzione rispetto al, forse fin troppo dibattuto, problema dell’impiego agricolo ed alimentare dei prodotti transgenici, bensì dalla generalizzata convinzione che questo stesso problema non riguardi i prodotti agroalimentari nazionali. Infatti, risultano essere solo l’8% coloro che ritengono che i prodotti italiani siano quelli maggiormente interessati al problema transgenico, rispetto al quale le idee del consumatore si fanno, comunque, molto più chiare quando si passa dalla generica definizione del loro atteggiamento nei confronti dei prodotti transgenici a più stringenti indicazioni riguardo alle loro scelte d’acquisto.

Il 51% dei consumatori afferma infatti che non acquisterebbe prodotti alimentari transgenici neanche se il loro costo fosse inferiore (35%) o eguale (16%) a quello dei prodotti convenzionali.

A conferma dell’esistenza di un atteggiamento duale che, da un lato, denota una sostanziale incertezza o indifferenza rispetto al problema transgenico in generale e che, dall’altro lato, evidenzia, per quello stesso problema, una stringente attenzione riguardo a problemi e prodotti specifici, giova sottolineare quanto emerso in merito alla propensione a pagare prezzi più alti per alimenti, nei quali sia garantita l’assenza di prodotti transgenici.

Se tale problema è posto in termini generici, infatti, solo il 23% dei consumatori si dice disposto a sostenere un onere maggiore per acquistare prodotti che non contengono materiale transgenico; se, invece, i riferimenti sono a prodotti specifici (nell’analisi in questione, il filetto di manzo ed il pollo), la certificazione che gli animali sono stati allevati con mangimi non transgenici è considerata il principale elemento che, ancor più del prezzo, determina la scelta del consumatore.

Altro elemento di assoluta rilevanza emerso dall’indagine è la forte contrarietà dei consumatori riguardo alle attuali norme comunitarie in materia di etichettatura che risultano essere condivise solo dal 20% dei consumatori. In particolare, il 40% ritiene che la presenza di prodotti transgenici dovrebbe essere sempre indicata, senza alcuna soglia; mentre l’11% ritiene che tale presenza dovrebbe essere, comunque, vietata.

Nel complesso, per quanto emerso dall’indagine condotta, risulta confermato l’atteggiamento sostanzialmente negativo dei consumatori riguardo ai prodotti transgenici, peraltro già evidenziato in numerose altre indagini. Oltre a tale dato, di fatto, scontato e, pertanto, ampiamente atteso sono, tuttavia, emersi altri importanti aspetti, primo fra tutti, l’esistenza di un evidente dualismo tra la rilevante indifferenza rispetto al problema del transgenico, considerato nei suoi termini generici e la grande attenzione rispetto a problemi specifici relativi a singoli prodotti e, quindi, alle scelte che, effettivamente, il consumatore è chiamato ad operare all’atto dell’acquisto dei prodotti alimentari. In questa particolare attenzione che il consumatore mostra di essere intenzionato a dedicare alla scelta dei singoli prodotti rientrano importanti tematiche, come quelle dell’etichettatura e, più in genere, delle indicazioni sulla qualità del prodotto e dei processi produttivi che, se ritenute credibili e condivise, divengono determinati ai fini delle scelte d’acquisto e, quindi, del livello di prezzo che si è disposti a corrispondere.

In una situazione del genere, il rischio più manifesto è che i consumatori meno abbienti si trovino, di fatto, costretti ad acquistare prodotti che, altrimenti, non acquisterebbero, facendo così sorgere nuovi ed evidenti problemi legati alla tutela del fondamentale diritto della sovranità alimentare.

Ne discende che, per i prodotti agroalimentari interessati dalla presenza di OGM, si avrà una generale tendenza alla riduzione dei prezzi alimentari che sarà determinata dalla sostanziale indisponibilità della gran parte dei consumatori ad acquistare prodotti contenenti OGM e che, pertanto, non sarà positiva, né per gli agricoltori che, tale riduzione, saranno costretti a subirla, né per gli stessi consumatori che, quando la loro disponibilità di reddito glielo consentirà, si orienteranno verso prodotti più costosi con certificazione “OGM-free”.

* Professore di Economia e politica agraria, presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Presidente dell’Istituto Nazionale di Economia agraria, Capo Ufficio Studi del Ministero delle politiche agricole e Forestali.