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E se Marx avesse sbagliato solo per difetto?

di Umberto Galimberti - 25/04/2006

 
Scrive Marx: "Il risultato delle nostre scoperte e del nostro progresso sembra essere che le forze materiali vengono dotate di vita spirituale e l'esistenza umana avvilita a forza materiale"


Egr. Galimberti,

Berlusconi da Vespa ha parlato di un aneddoto di Reagan che diceva che chi ha letto Marx è diventato comunista, e chi lo ha capito capitalista. Lui, come Reagan, dice di averlo capito. Mi chiedo, partendo da alcune considerazioni: la prima, i due libri usciti in questi ultimi tempi su Marx - quello di Carandini Un altro Marx è possibile e quello di Plebe Il quinto libro del capitale - che tentano di illuminarci sul filosofo di Treviri. Comunque
non credo che Berlusconi li abbia letti. Io per esempio ho letto Il capitale, ho studiato Marx in filosofia della politica prima e in storia delle dottrine politiche dopo, ma non sono convinto di averlo capito.

Certo non l'ha capito neanche chi in suo nome ha tiranneggiato (Stalin, Mao e compagnia). Ma di sicuro non credo che gli unici ad averlo capito siano stati il Cavaliere e Reagan! Mi chiedo pure se molte previsioni di Marx, oggi, non si siano realizzate. Saranno molto criticabili alcune sue idee, ma sociologicamente, antropologicamente, filosoficamente non mi sembra così tutto sbagliato. Non dimenticando che molte cose dette da Marx e considerate criminali da alcuni, sono state pronunciate pure da Platone, Gesù (il discorso sulla montagna), Paolo di Tarso, Thomas Moore, Tommaso Campanella, e tanti altri. Davvero in Marx era tutto negativo?

Daniele Palermo, Sciacca

Egr. Palermo,

Marx appartiene alla tradizione giudaico-cristiana che ha del tempo una condizione escatologica dove alla fine (éschaton) si realizza quello che all'inizio era stato annunciato. La triade religiosa - colpa, redenzione, salvezza - ritrova la sua formulazione nell'omologa prospettiva dove il passato appare come male, la rivoluzione (al pari della redenzione) come riscatto, il futuro come progresso che è poi la forma laicizzata della redenzione. Come la redenzione, anche la rivoluzione prevede il rovesciamento del dominio del male in quello del bene, da questo tempo a un altro tempo. Al pari del popolo d'Israele, la classe operaia, scrive Marx, "ha fame e sete di giustizia". E come Isaia attende "nuovi cieli e nuove terre", così la rivoluzione attende un futuro di giustizia.

Forse per questo, come con le religioni, anche dopo le rivoluzioni si è sentito il bisogno di dare il via a nuovi calendari, a una nuova misurazione del tempo. Se ora vogliamo toccare alcuni punti nodali del Capitale vediamo che Marx era contro la democrazia borghese perché, a suo giudizio, non poteva andare oltre le scelte degli esecutori tecnicamente più capaci nell'applicare i comandi del capitale finanziario che si muove
a livello transnazionale, per cui, quando Marx diceva che i governi erano comitati d'affari della grande borghesia aveva torto, ma forse solo per difetto.

Quello che allora era un cattivo costume, oggi infatti è un sistema, anzi è il sistema. Per cui se nel mondo antico i debitori insolventi finivano schiavi, nel mondo del capitalismo globale interi Stati vengono costretti a lavorare per conto delle grandi finanziarie e delle grandi imprese. Se questo accade a livello degli Stati-nazione, a livello individuale, i rapporti reciproci, come già aveva previsto Marx, avvengono principalmente, anche se non esclusivamente, in termini di merce che, a livello di circolazione mondiale, conosce una libertà di movimento ancora sconosciuta a miliardi di uomini. In questo processo di totale mercificazione del lavoro, la specializzazione accelerata imposta dal mercato porta alla frammentazione dei processi
lavorativi, alla loro parcellizzazione e quindi al loro inserimento nel sistema di divisione del lavoro con un obnubilamento delle finalità ultime della produzione, e l'esonero di responsabilità dei singoli lavoratori a cui non può che risultare del tutto indifferente prestare la loro opera in una produzione di armi o in una produzione di generi alimentari.

Dopo aver vinto la guerra dei settant'anni contro il comunismo, il capitalismo comincia così a mostrare il suo vero volto, che non è proprio quello del progresso che aveva scritto sulle sue bandiere. Infatti, se queste considerazioni hanno un loro senso e una loro plausibilità, non sembra remoto lo spettro di un'ingloriosa soluzione finale dell'esperimento umano, sia per quanti non hanno più di che vivere, sia per i ben pasciuti a cui
non si riconosce altra dignità se non quella di funzionari a diversi livelli del capitale. I cataclismi umani che il Novecento ha metabolizzato nelle guerre mondiali tra le potenze, e nelle guerre coloniali contro le potenze, all'inizio del terzo millennio ribollono nelle falde sommerse di una terra regolata
dai soli criteri dell'accumulazione infinita, della competizione sfrenata, il cui limite è solo artificio e tregua di guerra, nella più totale assenza di rispetto per uomini e natura.

La rivoluzione, possibile ai tempi di Marx, oggi non è più possibile, perché, se è vero come ci insegna Hegel che la rivoluzione è il conflitto tra due "volontà", quella del Servo e quella del Signore, oggi sia il servo sia il signore si trovano non più su fronti contrapposti, ma dalla stessa parte contro l'ineluttabilità* di quella forma astratta, anonima e regolatrice di tutti gli scambi che si chiama mercato. Un Nessuno che regola la vita di tutti, anche se Omero ci ha avvertito che "Nessuno" è pur sempre il nome di "qualcuno". Ma questo qualcuno non è di immediata evidenza.


Fonte "D" La repubblica delle donne