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Il punto nel pagliaio. Un logico tra società del segreto e matematica del tempo

di Stefano Serafini - 03/06/2010

 
 



Piero Pagliani è una figura insolita di filosofo matematico, analista politico, credente protestante e scalatore di montagne. Nonostante sia uno dei più brillanti esperti mondiali di algebre della logica applicate all’interpretazione di informazioni incomplete, abbia insegnato in diverse università in giro per il globo, e lavorato come senior consultant per importanti multinazionali, ama definirsi “metalmeccanico in mobilità”. Non è un vezzo, ma una questione di coscienza, innanzitutto, e di esperienza diretta: piuttosto che accettare il ruolo di marionetta in un’economia post-lavorativa, e raggiungere la pensione passando carte ai raccomandati di turno, ha preferito entrare volontariamente nel purgatorio delle risorse umane eccedenti. Magari per trascorrere le giornate approfondendo il pensiero di Marx, a contestualizzarlo, o ad esprimere solidarietà alle riserve indiane degli ultimi operai in lotta per i propri diritti.

Tali premesse sull’autore, per meglio capire l’origine del suo primo romanzo: Il punto fisso (Mimesis, Milano, 2010, pp. 284, 16,00 euro), un riflessivo giallo etico-scientifico-politico, nel quale compaiono la matematica delle pre-implicazioni (quel ramo della scienza logica che, da un risultato desiderato, formula i passaggi trascorsi che sarebbero stati necessari per ottenerlo), i poteri globali che dall’ombra governano le nostre vite, il senso della temporalità, l’ingiustizia sociale e gli ideali di riscatto, lo spirito della ricerca scientifica, la divisione (acutamente prevista dall’autore, e divenuta reale) del mercato tra Oriente e Occidente. Ne esce uno sguardo inconsueto sulla società planetaria del segreto, l’altra, inevitabile faccia della società dello spettacolo nella quale siamo immersi. Nel romanzo la perdita di confini e identità che caratterizzano la globalizzazione va oltre lo spazio e le culture, dissolve le categorie usuali con le quali siamo abituati a «dare ordine alle cose per cercarne il senso», e infine corrode la stessa certezza della direzione del tempo. La misteriosa matematica indiana scomparsa all’inizio del racconto, aveva forse trovato il miracolo per modificare il passato mediante un evento futuro. Il richiamo alla famosa frase di Orwell («Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato») è evidente. Si tratta dello strumento di potere perfetto, sogno di ogni dittatura, pietra filosofale della scienza totalitaria sposata al potere. È intorno a tale scoperta che nel libro tutti i plausibili attori del dominio planetario scatenano una caccia mortale, travolgendo sentimenti quotidiani e piccole deviazioni dalla cosiddetta normalità, anche a costo di sollevare parte del sipario del mondo. Così, però, offrono all’intreccio un’inattesa apertura, giacché svelano il paradossale tallone d’Achille della violenza. L’essenza del dominio risiede infatti nello snaturamento della verità, ma ogni volta che esso incontra resistenza, è costretto a rivelarsi, ad abbandonare la propria arma assoluta. Nonostante tutta la violenza fisica di cui può disporre, il potere che esce dall’oscurità della menzogna s’indebolisce fino a rischiare l’annichilimento, come, secondo la leggenda, il vampiro alla luce del sole.

Pagliani rende metaforicamente visibile il modo in cui tutti siamo legati l’un l’altro, e insieme sosteniamo il peso della responsabilità verso il vero, dalla quale dipende il destino individuale e comune. Le vette più alte del sapere, e gli abissi della sua strumentalizzazione per sopraffare gli esseri umani e la natura, producono effetti che coinvolgono l’ultimo contadino indiano come il più potente trafficante occidentale. Il protagonista del romanzo, da un incontro con una straniera che gli diverrà cara, si ritrova lanciato in un’avventura senza punti fissi, governata da potenze sconosciute. Sarà soltanto la sua coscienza di essere umano, l’istinto al vero che sta al cuore della nostra intelligenza ed umanità anche nel più fitto dei grovigli, a fargli scorgere la terra sulla quale poggiare i piedi.

Avendo vissuto a lungo al confine tra l’Europa e l’Asia, Pagliani conosce bene le dinamiche geopolitiche e i giri d’affari ignoti a molti dei nostri sedicenti analisti. Alcune delle sue idee le ha esposte nei saggi Alla conquista del cuore della Terra. Gli USA dall’egemonia sul ‘mondo libero al dominio dell’Eurasia (Punto Rosso, 2003) e Naxalbari-India. L’insurrezione nella futura terza potenza mondiale (Mimesis, 2007). Per quanto riguarda la logica e le sue implicazioni tecnocratiche, tanto golose per il grande capitale, è suo (insieme al matematico indiano Mihir Chakraborty) l’importante volume A Geometry of Approximation. Rough Set Theory: Logic, Algebra and Topology of Conceptual Patterns (Springer, 2008). Col suo romanzo diventa più diretto e popolare. Si siede sull’immaginario all’incrocio tra scienza, politica e narrativa, e si fa suggeritore nel pagliaio tempestoso del mondo.

Il punto nel pagliaio. Un logico tra società del segreto e matematica del tempo.
Piero Pagliani
Mimesis, Milano, 2010
Pagine: 284