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L´ultima guerra di Obama

di Angelo Aquaro - 28/09/2010




"Sotto controllo i social network". È polemica.  Verifiche anche su Facebook e Blackberry: i provider obbligati a collaborare

Il candidato che costruì sul web la marcia vittoriosa sulla Casa Bianca, il presidente che non voleva rinunciare al suo Blackberry, l´uomo che dallo Studio Ovale chatta col mondo intero su Facebook, ora vuole mettere Internet sotto controllo. Barack Obama chiederà al congresso di approvare una legge che obblighi tutti gli operatori web a prevedere meccanismi per poter essere intercettati. Per gli irriducibili della privacy e i profeti delle nuove tecnologie è uno scandalo. Ma l´amministrazione non ci sta a indossare i panni del censore: crimine e terrore da tempo hanno sostituto il telefono con l´online. E nella rete cresciuta senza regole gli sviluppatori fanno a gara per garantire comunicazioni criptate.

Funziona così per esempio quella sorta di "rete parallela" che corre sugli apparecchi Blackberry. E proprio per questo gli smarphone preferiti dai businnessmen di tutto il mondo sono stati banditi e poi riammessi a Dubai. Pochi giorni fa anche l´India ha chiesto di aprire i propri codici: intimando la stessa cosa a quei colossi come Skype - e ora anche Google - che permettono le comunicazioni telefoniche via web. L´allarme insomma arriva da tutto il mondo. E per questo le linee guida di Obama potrebbero fornire l´esempio da seguire globalmente. Già: ma quali linee?

Il progetto si muoverebbe intorno a tre principi. Primo: le compagnie che permettono messaggi criptati devono prevedere la possibilità di decifrarli. Secondo: le compagnie estere che fanno business negli Usa devono avere un ufficio negli States che sia in grado di operare le intercettazioni. Terzo: gli sviluppatori di software che lavorano alle comunicazioni peer-to-peer (scambio diretto tra diversi computer senza passare da un server) devono ridisegnare i loro sistemi per permettere le intercettazioni.

Sembra facile. Gli interrogativi tecnologici sono grandi almeno quanto quelli legali. Gli esperti temono per esempio che le cosiddette "back door" - le porte di accesso secondario in caso di allarme - possano essere più un rischio che un vantaggio. A impossessarsi delle chiavi sarebbero infatti i soliti hacker: «Sarebbe un disastro» dice Steve Bellovin della Columbia University ricordando il precedente di un blitz nel governo greco proprio attraverso le "porte di servizio" lasciate aperte per gli investigatori.

Nel mondo del web si teme anche per i contraccolpi economici e tecnologici: la nuova legge metterebbe un freno agli sviluppatori. Ma lo stesso tipo di critica fu avanzata anche quando venne varata la legge che dal 1994 - all´alba dei cellulari - richiede agli operatori telefonici di prevedere meccanismi che permettano l´intercettazione. Proprio la legge del ‘94 è adesso il punto di partenza di Obama: non c´è intercettazione senza autorizzazione ma le compagnie devono dotarsi di meccanismi che - nel caso - permettano agli investigatori di carpirne i segreti. Un obbligo che adesso i provider di Internet non sono tenuti a osservare: a meno che non giunga l´ingiunzione per una indagine. Le conseguenze: tempi dell´inchiesta che si allungano a dismisura. E costi: l´Fbi finora ha speso decine di milioni di dollari per superare le difficoltà tecniche.

Non c´è tempo da perdere: il governo cita l´attentatore di Times Square, Faisal Shazad, che comunicava con i suoi complici in Pakistan attraverso uno dei tanti sistemi che non si possono intercettare. Dice al New York Times Valerie Caproni dell´Fbi: «Qui non si tratta di aumentare il nostro potere: qui si tratta della nostra capacità di attuare il potere che già abbiamo». Ma James Dempesey del Center for Democracy and Technology: «Questa è una minaccia agli elementi fondamentali della Rivoluzione di Internet». Sicuramente è un altro problemino per Barack Obama: il suo progetto ricorda da vicino quello lanciato dall´Fbi di George W. Bush dopo l´11 settembre. E subito abortito tra le proteste di mezzo mondo.