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"Notizie dal mondo" 1-15 maggio 2006

di rivistaindipendenza - 18/05/2006

 

 

a) La Russia in effervescenza di potenza. Fa da cornice il discorso di Putin (10 maggio). Dopodiché si vedano i rapporti tendenti al freddo con gli Stati Uniti (a partire dall’energia come strumento di intervento geopolitico: vedere 4, 5) e al 6 un’interessante panoramica di Giulietto Chiesa. Il Cremlino non guarda in faccia a nessuno se si tratta di tornare a contare: cfr. Bielorussia (9) e Iran (2). Non meno rilevanti Cecenia e area caucasica (8), Kazakistan (6) e tecnologie militari (1)

 

b) La Cina continua a correre e a ramificarsi su scala planetaria. Notizie a voluttà sui rapporti USA / Cina al 5. Da prestare attenzione all’Africa (12).

 

c) Sull’Afghanistan vige pressoché il silenzio. Ne parliamo da diverse angolazioni: presunta “ricostruzione” (2), ruolo dell’Italia su cui verificare il neogoverno di centrosinistra (6) e uno scenario di prospettiva (14).

 

e) Notiziole sparse, ma significative:

1.      i fondi della “missione di pace” dell’Italia in Iraq (5);

2.      sul “mistero” euro (ma a chi serve?) stavolta ci fermiamo in Spagna (11);

3.      Israele tra colonizzazione progressiva (5 e 11), ogive nucleari (10), apartheid (14).

 

 

Tra l’altro:

 

Irlanda del Nord (5 e 15 maggio).

Euskal Herria (14 maggio).

Catalogna (4, 7, 10,11 maggio).

Unione Europea (5 maggio).

Sudan (5, 6, 10 maggio).

Iran (9, 11 e 15 maggio).

Iraq (1, 2, 4 maggio).

Palestina (3, 4, 13, 15 maggio).

Azerbaigian (4 maggio).

USA (1 maggio).

Bolivia (1, 3, 4, 9 maggio).

 

 

 

Russia. 1 maggio. «Aerei militari russi hanno attraversato in volo, inosservati, lo spazio aereo USA dell’Artico verso il Canada nel corso di una recente esercitazione militare». La notizia è stata diffusa il 22 aprile 2006 dall’agenzia russa Novosti, che cita il generale Igor Khvorov, comandante dei bombardieri strategici a largo raggio: «La Us Air Force sta investigando per capire perché non è riuscita a scoprire i bombardieri russi. Non sono riusciti a identificare gli aerei né a vista, né col radar». I bombardieri non visti sono il TU-160 e il TU-95, che hanno eseguito «con successo» quattro lanci missilistici. Il TU-160, progettato negli anni ‘80, è entrato in servizio nel 2000, e si ritiene che la Russia ne abbia oggi 14. Il generale Khorov ha annunciato che altri due raggiungeranno la flotta di bombardamento strategico: con «molti miglioramenti rispetto al modello sovietico», ad esempio la guida satellitare ed una preziosa tecnologia che gli consente di non apparire sui radar statunitensi.

 

Russia. 1 maggio. Questa tecnologia si basa su un generatore di plasma che produce una «nube» ionizzata, che le fa scomparire temporaneamente dai radar, mettendo a profitto un fenomeno «indesiderato» notato nelle navette spaziali. Grazie allo schermo al plasma, la sezione frontale degli aerei russi appare sui radar cento volte più piccola del reale. Con costi infinitamente inferiori agli “stealth” anti radar  statunitensi. Il generatore è piccolo e leggero (sui cento chili), e trova facilmente posto in un bombardiere. Anatoly Koroteyev, capo del centro di ricerca Keddish che ha sviluppato la tecnologia, sostenne tempo fa di aver superato i problemi della nuova tecnologia: la nube di plasma ionizzato disturbava i sistemi elettronici di bordo (specie il radar di tiro diventava cieco) e impediva le comunicazioni radio.

 

Russia. 1 maggio. La credibilità ed affidabilità della tecnologia messa a punto da Mosca veniva ammessa già da Jane’s, autorevole rivista militare del mondo, in un apposito articolo del 17 marzo 1999. È quasi certamente questa tecnologia ad aver reso invisibili ai radar statunitensi i grandi Tupolev in esercitazione sull’Alaska: una dimostrazione delle loro capacità, ed un monito agli Stati Uniti, che in un recentissimo numero di Foreign Affairs (rivista del Council on Foreign Relations) affermavano che gli USA sono in grado di annientare la Russia con la loro superiorità nucleare, senza che questa possa reagire. Una minaccia da guerra fredda cui Putin non ha tardato a rispondere.

 

Iraq. 1 maggio. Washington ha deliberatamente enfatizzato il ruolo di Al Zarqawi in Iraq. La clamorosa affermazione è del Washington Post del 10 aprile scorso. Funzionari dei servizi segreti USA hanno sostenuto che alcune informazioni sulla forza dell’Al Qaeda di Zarqawi sono state ad arte propalate anche allo scopo di presentare internazionalmente la resistenza irachena come un prodotto di Al Qaeda. «Lo abbiamo reso più importante di quello che è», ha sottolineato in una relazione citata dal quotidiano USA il colonnello Derek Harvey, che ha aggiunto: «solo  una piccola parte degli attentati è da attribuire a Al Zarqawi e agli stranieri».

 

USA / Banca mondiale. 1 maggio. Privatizzare l’acqua: è il diktat della Banca Mondiale presieduta dal “neoconservatore” USA Paul Wolfowitz, uno dei principali sostenitori della guerra all’Iraq. In un documento dell’istituzione finanziaria internazionale, firmato durante le sessioni del IV Foro Mondiale dell’Acqua, tenuto a Città del Messico dal 16 al 22 marzo scorso, si minaccia il taglio di finanziamenti per i paesi che rifiuteranno di privatizzare i servizi pubblici di acqua potabile e fognature. Il documento è considerato come una minaccia per quelli che volevano scrivere nella dichiarazione finale dell’evento che l’acqua è un diritto umano fondamentale e che gli Stati devono renderlo effettivo. Wolfowitz ha ammonito i presenti ricordando quello che era accaduto in passato con la Repubblica di Guinea. Nel 1999, lo Stato africano non aveva rinnovato un contratto di appalto dei suoi servizi dell’acqua a imprese francesi per cui «vennero congelati gli investimenti nel settore, e la Repubblica di Guinea non potrà contare sui contributi di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, che hanno preteso la vendita dei servizi di distribuzione e di riciclo di acqua potabile come condizione per stanziare più aiuti».

 

Cuba. 1 maggio. Fidel Castro accusa: volevano uccidere me e Chavez. Parlando ad oltre un milione di persone in “Plaza de la Revolucion” a l’Avana per celebrare il Primo Maggio, Fidel Castro, in uniforme militare, ha affermato oggi che «l’organizzazione terroristica anticubana Alpha 66 stava addestrando alcuni dei suoi membri per assassinare me ed il presidente venezuelano Hugo Chavez, con la connivenza degli Stati Uniti». Lo riferisce l’edizione elettronica di Granma. Il lider maximo ha in tal senso ricordato il recente arresto di Robert Ferro, membro di Alpha 66 ed ex membro delle forze speciali USA: «trovato in possesso di un vero arsenale di guerra, ha spiegato che serviva per compiere azioni contro Cuba». Per il Primo Maggio, il governo ha organizzato manifestazioni nelle 14 province dell’isola, tra le quali Santiago de Cuba, la seconda del Paese; qui il ministro della difesa Raul Castro era alla testa di un corteo di circa 450mila persone. Secondo le previsioni ufficiali, dei poco più di 11 milioni di abitanti del Paese, in questa occasione almeno sette milioni di cubani sarebbero scesi per le strade per il Primo Maggio.

 

Bolivia. 1 maggio. Come promesso in campagna elettorale, il presidente boliviano Morales ha firmato il decreto 28701 con il quale ha nazionalizzato l’intero settore degli idrocarburi, attualmente in mano straniere. La «storica cerimonia» è avvenuta nelle installazioni del giacimento petrolifero di San Alberto, da dove si esporta il 70% del gas boliviano. Il decreto è dedicato alla memoria degli “eroi del Chaco”, che sacrificarono la loro vita per difendere le risorse strategiche del paese. Morales ha definito il decreto la «terza e definitiva» nazionalizzazione delle risorse energetiche, dopo quelle del 1937 e del 1969, con cui lo Stato si riappropriò del petrolio sfruttato dalle multinazionali USA Standard Oil e Gulf. Nel corso del suo intervento, Morales ha rivendicato «il diritto di tutti i popoli di controllare le proprie risorse naturali». «Cominciamo dagli idrocarburi, poi toccherà alle miniere, quindi alle foreste, quindi a tutte le risorse naturali che ci hanno lasciato i nostri antenati. Infine sarà la volta della terra che è per tutti i boliviani», ha detto Evo Morales, che prefigura pure un’Assemblea costituente per cambiare radicalmente le strutture statali, amministrative, giuridiche e politiche.

 

Bolivia. 1 maggio. Il decreto di nazionalizzazione del settore degli idrocarburi è figlio della mobilitazione popolare contro le politiche neoliberiste e volta alla riconquista dell’indipendenza e sovranità nazionale violate da governi proni ad interessi oligarchici boliviani e soprattutto esteri. Dalle mobilitazioni contro l’ex presidente Gonzalo Sánchez de Lozada, al referendum del 2004 (per la nazionalizzazione o meno delle risorse energetiche), alla controversa legge degli idrocarburi promulgata nel 2005 da Carlos Mesa, le recenti evoluzioni politiche in Bolivia sono contrassegnate dalla lotta popolare per uno Stato pienamente sovrano. Morales non ha fatto altro che esprimere la volontà del popolo boliviano, constatano alcuni commentatori in America Latina, stanco di sopportare una povertà estrema mentre risorse energetiche di grande entità vengono esportate senza che il paese in generale ne benefici. 

 

Bolivia. 1 maggio. Fino ad oggi le imprese straniere che saccheggiavano le risorse boliviane lasciavano una regalia del 18% allo Stato. Da oggi sarà invece il contrario: lo Stato tratterrà l’82% della produzione, e lascerà alle imprese straniere che accetteranno le condizioni il 18%. Lo Stato si riappropria dunque del controllo delle proprie risorse energetiche, smantellando le politiche neoliberiste responsabili degli alti livelli di povertà nel paese e disposte soprattutto dall’ex presidente Gonzalo Sánchez de Lozada, scappato dal paese nel 2003 in seguito alle mobilitazioni popolari. Morales esorta i boliviani a mobilitarsi di fronte ad «eventuali intenti di sabotaggio di alcune imprese», chiedendo al contempo alle multinazionali petrolifere che «rispettino questa decisione del popolo boliviano. Se non la dovessero rispettare, noi useremo la forza, perché si tratta di tutelare gli interessi del paese», ha avvertito Morales. Immediatamente dopo l’emanazione del decreto, il presidente Morales ha disposto che l’esercito prendesse il controllo dei 56 giacimenti di idrocarburi in tutto il paese. La Bolivia ha le seconde riserve di gas del continente e produce 40.000 barili di petrolio al giorno. Da oggi queste passano alla compagnia pubblica YPFB (Giacimenti Petroliferi Fiscali Boliviani). Le multinazionali che li sfruttavano hanno 180 giorni di tempo per consegnare la produzione alla YPFB, «che provvederà a commercializzarla nel Paese, così come a farsi carico dei contratti di esportazione», quindi accettare i nuovi contratti o andarsene.

 

Afghanistan. 2 maggio.  Miseria, violenza, droga, guerriglia, mercenari ed imprese straniere che si arricchiscono: ecco l’Afghanistan dopo 4 anni di occupazione. Se ne occupa William Fisher sul sito Asiatimes. Fisher si avvale di un rapporto di CorpWatch stilato da un giornalista afghano-statunitense, Fariba Nawa, la cui conclusione era che i famigerati contractors (mercenari) stanno facendo in Afghanistan «molti soldi (1.000 dollari al giorno) per uno sporco lavoro», e che le multinazionali legate all’amministrazione Bush, così come in Iraq, stanno arraffando milioni di dollari dal business della ricostruzione, tra la crescente frustazione e rabbia della popolazione.

 

Afghanistan. 2 maggio.  Nel suo rapporto, Fariba Nawa riporta vari esempi di presunta “ricostruzione”: una strada principale che ha cominciato a sbriciolarsi prima che fosse conclusa; una scuola con un tetto crollato; una clinica con l’impianto idraulico difettoso; una cooperativa di agricoltori che questi non possono utilizzare. Nava riporta pure l’esempio della clinica sanitaria costruita a Qalai Qazi, vicino Kabul, dal gruppo Louis Berger, assunto per costruirla –in aggiunta a strade, dighe, scuole ed altre infrastrutture– in cambio di 665 milioni di dollari. Questa clinica, presentata come modello di ingegneria USA, è già cadente: «il soffitto si è sbriciolato in varie parti; l’impianto idraulico, quando ha funzionato, ha avuto pedite; il camino, costruito con materiale scadente, ha minacciato di incendiare il tetto; e l’edificio puzzava di acque luride», è scritto nel rapporto.

 

Afghanistan. 2 maggio. Gli Stati Uniti, gliene va dato atto, hanno tentato di porre rimedio a questi palesi fallimenti. Ovviamente a modo loro: assumendo un certo numero di imprese di “pubbliche relazioni” per propagandare presunti successi nella “ricostruzione”. Ad esempio il gruppo USA Rendon, vicino all’amministrazione Bush, a cui il Pentagono ha assegnato più di 56 milioni di dollari dall’11 settembre 2001 «come parte di uno sforzo coordinato volto a diffondere immagini positive sull’America ed i propri militari nel mondo sviluppato». I contratti comprendono l’assoldamento di reporter stranieri e pressioni (anche con uso di fondi) sulla stampa pubblicare articoli favorevoli agli interessi statunitensi. Fariba Nawa rivela che al Rendon group è stato pure assegnato nel 2004 un contratto finalizzato ad istruire il personale dell’ufficio del presidente Hamid Karzai nell’arte delle “pubbliche relazioni”.

 

Afghanistan. 2 maggio. All’insegna della più completa corruzione e sfacelo il sistema di appalto usato dai donatori internazionali. L’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) assegna i contratti alle aziende statunitensi, mentre la Banca mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale li assegnano alle aziende dei paesi donatori. Queste trattengono fette enormi  delle somme stanziate per i lavori che poi vengono cedute in sub-appalto a varie ditte beneficiarie di fondi così ridotti. E dato che anche i sub-appaltatori vogliono la loro fetta di guadagno, il tutto avviene a scapito della qualità dei lavori, a dir poco scadente. Non c’è dunque  da stupirsi se cresce il malcontento degli afghani: «ciò che la gente vede è una manciata di aziende straniere che stabiliscono le priorità per ricostruzione: priorità che le fanno arricchire e che al contempo sono a volte assurdamente contrarie a quello che è necessario». Fariba Nawa giudica l’aggravarsi dell’instabilità nel paese «come risultato della frustrazione profonda e della diffidenza fra gli afgani che non credono più alla Comunità internazionale che sta guardando solamente ai propri interessi». Non bisogna dunque sorprendersi se i taliban stanno guadagnando consensi. In tutto questo già sconcertante contesto, bisogna pure aggiungere l’uso degli odiati “signori della Guerra” e di milizie in appoggio alla “ricostruzione”. «Le infrastrutture principali del paese sono allo sfascio. Il commercio di droghe sta crescendo», scrive il rapporto. Questo è l’Afghanistan odierno: che farà allora il ‘nostro’ centrosinistra? Ritirerano mai i militari dal paese?

 

Russia / Iran. 2 maggio. La Russia potrebbe, «in certe condizioni», appoggiare sanzioni contro l’Iran per il suo dossier nucleare. Lo ha detto il capo della commissione esteri della Duma Konstantin Kossaciov, secondo il quale il sostegno a sanzioni da parte di Mosca «è possibile se l’AIEA constaterà che l’Iran rinuncia a collaborare o viola gli impegni assunti per la non proliferazione nucleare».

 

Iran. 2 maggio. USA, Francia e Gran Bretagna vogliono che il Consiglio di Sicurezza approvi una risoluzione (vincolante) perché l’Iran sospenda le attività di arricchimento: a quel punto sarà possibile discutere di sanzioni o addirittura di intervento militare. Difficilmente però Russia e Cina saranno d’accordo. «Sia in occasioni ufficiali, che durante colloqui diplomatici», ha detto il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, «Pechino e Mosca ci hanno detto di essere contrari alle sanzioni e all’intervento militare».

 

Iran. 2 maggio. Il viceministro del Petrolio iraniano, Nejad-Hosseinian, a New Delhi per discutere con il governo indiano di un progetto di condutture energetiche tra i due paesi (un progetto da 7 miliardi di dollari molto osteggiato dagli USA), non ha escluso la possibilità che gli Stati Uniti sferrino un attacco contro il paese islamico. Teheran però non demorde dal proseguire il suo programma nucleare. Il capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, Gholamreza Aghazadeh, ha annunciato il raggiungimento dell’arricchimento di uranio al 4,8%: un livello sufficiente ad alimentare centrali nucleari, ma ben lontano da quello (80%) necessario per produrre un ordigno. «L’arricchimento sopra al 5% non è tra i nostri obiettivi», ha detto. Lo scorso marzo il Consiglio di sicurezza ONU aveva chiesto all’Iran di sospendere il programma di arricchimento dell’uranio entro 30 giorni. Teheran non ha obbedito. Arricchire uranio per usi civili è perfettamente consentito dal Trattato di non proliferazione nucleare, cui Teheran aderisce, al contrario di India, Pakistan e soprattutto Israele. L’AIEA ribatte però che Teheran non ha ancora fornito tutti gli elementi necessari a chiarire le sue attività passate: in tal modo, se non può accusare l’Iran di alcuna violazione, non rilascia alcuna pagella di trasparenza.

 

Iraq. 2 maggio. Doveva essere una cerimonia da fiore all’occhiello. Ma ad Anbar centinaia di reclute irachene hanno clamorosamente manifestato il proprio rifiuto. 978 soldati iracheni, per lo più sunniti, avevano appena prestato giuramento a Camp Habbaniyah, 80 km Baghdad, per poi cominciare a strapparsi le uniformi di dosso dopo l’annuncio che avrebbero prestato servizio contro la resistenza.

 

Nepal. 2 maggio. Il neo primo ministro, Koirala, ha formato un governo di 7 ministri, riservandosi di ampliarlo in un secondo momento. Tra le nomine: Sharma Oli, leader del partito comunista, vice premier e ministro degli Esteri; Sharan Mahat, noto economista, ministro delle Finanze. Koirala ha tenuto per sé la Difesa e una dozzina di dicasteri, non assegnati per alcune divergenze nell’alleanza dei 7 partiti. i nuovi Ministri giureranno nell’ufficio del premier e non a Palazzo reale.

 

USA. 2 maggio. Manovre militari statunitensi nel Mar dei Caraibi in atto da aprile estese a fine maggio. L’ambiasciatore statunitense in Venezuela, William Brownfield, le giudica una dimostrazione di forza rivolte al Venezuela, dichiarando senza giri di parole: «non è la prima volta che il governo degli Stati Uniti ha tenuto esercitazioni militari nei Caraibi e non sarà nemmeno l’ultima». Insomma, il Mar dei Caraibi come “piscina di casa” degli USA. D’altronde, come dargli torto se si pensa che il Canale di Panama era di proprietà USA fino agli accordi Carter-Torrijos del 1978, o che la base della cubana Guantánamo è occupata dal 1902? Era dall’ottobre 1983, dall’occupazione dell’isola di Grenada, che il Mar dei Caraibi non era teatro di manovre militari di tale portata.

 

USA. 2 maggio. L’operazione militare chiamata “Partnership of the Americas” suscita preoccupazione nei governi del centro e sud America ostili o non del tutto allineati a Washington. Le imponenti manovre militari coinvolgono i porti di Honduras, Nicaragua, Giamaica, Trinidad e Tobago, Aruba e Curazao (isole caraibiche battente bandiera olandese) e San Cristóbal e Nevis, e vedono l’impiego di centinaia di aerei, migliaia di forze dei gruppi speciali e svariati missili. Tali operazioni sono sostanzialmente volte, come trapela anche dal linguaggio diplomatico di Mark Fitzgerald, comandante della seconda flotta degli Stati Uniti, a studiare al millimetro la zona dei Caraibi, in preparazione di future operazioni: la storia anche recente mostra che l’impiego di gruppi d’assalto di marines è funzionale all’occupazione di territori i cui governi risultano molesti a Washington. Hugo Chávez non ha dubbi sulle finalità dell’operazione. In una riunione con studenti nello Stato federale venezuelano di Falcón, ha affermato: «è una minaccia contro di noi, non solo contro il Venezuela, ma anche contro Cuba».

 

USA / Venezuela. 2 maggio. Nel National Security Strategy della Casa Bianca dello scorso marzo, si attacca esplicitamente Chavez, accusato di voler «destabilizzare la regione». Accuse ribadite dal generale Bantz Craddok, uno degli organizzatori delle manovre militari di queste settimane, che ad una Commissione del Senato è tornato ad accusare il governo chavista di costituire «un fattore di destabilizzazione regionale», imputandogli anche i risultati elettorali in Bolivia ed Haiti. Chavez è stato già oggetto di un tentativo di colpo di Stato nell’aprile 2002, che lo destituì dal potere per alcuni giorni ed in cui rischiò di essere fucilato. Un golpe orchestrato dal Dipartimento di Stato, l’opposizione oligarchica di Caracas e delegati militari statunitensi di stanza a Forte Tiuna. Due imbarcazioni della US Navy entrarono in quei giorni nelle acque territoriali venezuelane per poi ritirarsi in seguito al contro-golpe.

 

Francia / Palestina. 3 aprile. Il governo francese nega il visto a due esponenti di Hamas in tour per l’Europa. Si tratta di Salah El Bardawil e Mohammed Rantisi, fratello, quest’ultimo, di Abdelaziz Rantisi, esponente del movimento islamista assassinato nel 2004, invitati in Europa da un gruppo francese, il Movimento popolare di solidarietà con la resistenza del popolo palestinese, per un tour che avrebbe dovuto toccare Francia, Italia, Germania, Svezia, Norvegia e Austria. Lo ha segnalato lo stesso gruppo francese, un cartello che riunisce una dozzina di organizzazioni di solidarietà con i palestinesi. Alla fine di aprile la Francia aveva già negato il visto a un ministro di Hamas, il titolare della pianificazione Samir Abu Eisheh, costretto a disertare una conferenza internazionale sul dialogo tra Europa e mondo arabo.

 

Unione Europea / Bolivia. 3 maggio. L’Unione Europea critica la nazionalizzazione degli idrocarburi in Bolivia, lanciando addirittura velate minacce. La decisione del presidente boliviano Evo Morales per recuperare il controllo sulle riserve di gas e petrolio è stata incassata con molta preoccupazione dalle multinazionali europee, dato che il nuovo decreto ne ridurrà considerevolmente i profitti. L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana, ha affermato addirittura che la misura «danneggerà il popolo boliviano e preoccupa molto l’UE», che la nazionalizzazione «non porterà benefici al futuro politico ed economico della Bolivia» ed alla fine saranno i boliviani a «soffrire» per tale decisione. Dichiarazioni che lasciano intendere inquietanti ritorsioni.

 

Palestina. 3 maggio. Governo di Hamas? Allora niente medicine. La sanità palestinese al collasso per il blocco israeliano dei fondi destinati all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP). Lo denuncia Ambrogio Manenti, esperto di sanità pubblica e responsabile dei progetti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in Cisgiordania e Gaza. Da quando Israele ha bloccato il versamento all’ANP dei fondi palestinesi derivanti dalla raccolta dell’Iva e dei dazi doganali (oltre 50 milioni di dollari al mese) e Stati Uniti e Unione europea hanno sospeso gli aiuti diretti all’ANP dopo la vittoria elettorale del movimento islamico Hamas, a rischio di collasso sono diversi servizi essenziali, a cominciare dalla sanità. Manenti rileva che l’OMS formalmente non avrebbe impedimenti nell’avviare relazioni con membri di Hamas  «perché l’ONU, a differenza di USA e UE, non definisce Hamas una organizzazione terroristica. Tuttavia essendo dipendenti dai donatori internazionali ed inoltre, come ONU, facendo parte del Quartetto per il Medio Oriente (USA, Russia, ONU e UE, che ha imposto ad Hamas di riconoscere Israele e gli accordi già firmati e terminare la lotta armata ndr), abbiamo vincoli politici e pratici che ci impongono (…) di evitare fino a quando è possibile un rapporto diretto con rappresentanti di Hamas».

 

Palestina. 3 maggio. Quali le conseguenze sulla sanità palestinese del boicottaggio dell’ANP? «La prima è nel bilancio del ministero della sanità che per il 40% si basa sui fondi palestinesi bloccati da Israele, per il 30% sulle donazioni internazionali e un altro 30% sulle tasse raccolte nei Territori. Mancano due terzi del budget e il ministero della sanità comincia a non funzionare per due motivi principali: il mancato pagamento dei salari ai dipendenti, compreso il personale medico e paramedico, e la penuria di medicine tra cui farmaci essenziali e vaccini. Presto medici e infermieri cominceranno ad abbandonare i loro posti per cercare alternative in grado di garantire la loro sopravvivenza e questo porterà prima ad un declino e poi al collasso il sistema sanitario pubblico. A noi già vengono fatte richieste, che non avevamo mai ricevuto in passato, che sono tipiche di una drammatica emergenza, come il rifornimento di farmaci e di materiale di laboratorio».

 

Palestina. 3 maggio. Per la popolazione civile le conseguenze sono devastanti. «I malati cronici, come quelli con problemi renali o i diabetici, e coloro che sono affetti da altre patologie gravi non riceveranno cure adeguate. Nel medio periodo ciò si tradurrà in un aumento dei decessi. Inoltre la mancanza di fondi non consentirà la copertura delle cure all’estero per tanti palestinesi ammalati gravi che sino ad ora veniva garantita dall’ANP. La mancanza di reddito per tante famiglie porterà ad un peggioramento della qualità della vita e inevitabilmente delle condizioni ambientali ed igieniche, con il rischio di un aumento delle malattie infettive».


Nepal. 3 maggio. Maoisti, non «terroristi». Il nuovo governo del Nepal ha annunciato oggi una tregua a tempo indefinito, per contraccambiare il cessate il fuoco di tre mesi dichiarato la settimana scorsa dal partito maoista guidato da Prachanda, e ha annunciato che annullerà i mandati d’arresto internazionale dei suoi dirigenti. Il governo, presieduto dall’anziano Girjia Prasad Koirala, si è insediato dopo settimane di rivolta popolare promossa dall’Alleanza dei sette partiti e anche dal movimento maoista, che ha costretto re Gyanendra a cedere i poteri assoluti che si era arrogato e a reinsediare il parlamento. I maoisti avevano chiesto di indire elezioni per una Assemblea costituente che riscriva la legge fondamentale del paese, il che è già stato accettato dal governo e dal parlamento reinsediati. Nella riunione odierna il governo Koirala ha anche annullato le elezioni municipali tenute in febbraio in stato d’emergenza e alcune nomine amministrative. Non ci sono ancora reazioni ufficiali da parte maoista, ma un primo commento di Sunil, membro del Comitato centrale, è positivo: saranno presto avviati colloqui di pace.

 

Giappone / Iraq. 3 maggio. Tokio comunica a Washington che si ritirerà dall’Iraq a breve. Lo ha detto il responsabile della Difesa nipponica Fukushiro Nukaga, che lunedì ha siglato con le autorità statunitensi la nuova strategia di cooperazione in materia di sicurezza dei due paesi, inclusa la riorganizzazione delle forze USA che stazionano in Giappone.

 

USA. 3 maggio. Studio USA: Iraq, Afghanistan e Pakistan «falliti per la pace». Il magazine statunitense US foreign policy e il think-tank Fund for peace hanno stilato una classifica degli Stati più vulnerabili, prendendo in esame indicatori quali declino economico, pressione demografica, flusso di rifugiati, criminalità, deterioramento dei servizi pubblici, violazioni dei diritti umani. I primi in classifica sono Sudan, Congo, Costa d’Avorio e Iraq, con Pakistan e Afghanistan al nono e decimo posto.

 

USA / Colombia. 3 maggio. Uribe propone di mettere sotto pelle ai lavoratori temporanei un chip informatico, così da controllarli costantemente e impedire che, scaduto il permesso di soggiorno, non tornino nel proprio Stato d’origine. A rivelarlo alla stampa senatori USA, intervistati sul dibattito e le proteste contro la liberticida “legge per l’immigrazione” varata negli USA.

 

Bolivia. 3 maggio. Il governo boliviano ha deciso con decreto presidenziale un aumento del 13,63% del salario minimo, pari a 50 bolivianos in più (6 dollari). La misura era stata reclamata al presidente Morales da tutte le principali organizzazioni sociali del Paese già durante la campagna elettorale. Il provvedimento, si legge nel decreto, è di applicazione obbligatoria per tutti i settori, sia in ambito pubblico che privato.

 

Catalogna. 4 maggio. Puigcercós chiede al vertice dell’ERC un «no» allo Statuto. Il segretario generale dell’ERC (sinistra repubblicana catalana), Joan Puigcercós, ha dichiarato ieri che bisogna ascoltare il parere maggioritario della base del partito contraria allo Statuto ed anche il «no» espresso martedì da «una maggioranza importante dei militanti» riuniti nelle assemblee territoriali di ERC. Puigcercós ha spiegato, in conferenza stampa, che l’esecutivo del partito tornerà a riunirsi venerdì per rivedere la posizione fissata la scorsa settimana per il voto nullo, anche se si avallavano il «no» e la scheda bianca.

 

Kosovo. 4 maggio. NATO sotto accusa per la base USA di Camp Bonsteel, da alcuni definita la “Guantanamo dei Balcani”. Il commissario europeo ai diritti umani per il Consiglio d’Europa, Alvaro Gil Robles, denuncia deportazioni e torture su prigionieri provenienti da paesi terzi. Il centro statunitense è in ambito KFOR (K force, forza internazionale del Kosovo) a guida NATO e con una significativa presenza della Russia.

 

Polonia. 4 maggio. Andrzej Lepper e Roman Giertych, leader rispettivamente di Samoobrona (Autodifesa) e Lpr (Lega delle famiglie polacche) sono i nuovi due viceprimi ministri polacchi. Li ha nominati oggi il presidente Lech Kaczynski. Con l’ingresso di Lpr e Samoobrona nel governo guidato dal premier Marcinkiewicz (PiS, Legge e Giustizia), il nuovo esecutivo dispone ora di una maggioranza nella Camera Bassa del Parlamento con 240 deputati su un totale di 460. Finora l’esecutivo era un governo di minoranza del solo PiS con l’appoggio esterno di Samoobrona, Lega delle Famiglie Polacche ed il Partito dei contadini (PSL). Quest’ultimo rimane invece all’opposizione (pur specificando che in alcune occasioni dovrebbe appoggiare i provvedimenti del governo Marcinkiewicz) assieme a Piattaforma Civica (PO) e l’Alleanza della sinistra democratica (SLD), sconfitta alle ultime elezioni legislative dello scorso autunno.