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Stalinismo per sempre

di Anna Politkovskaja - 23/05/2006


 
 
   


MOSCA – Stiamo nuovamente usando i metodi di Stalin, e questa volta per combattere il terrorismo. Su questo quotidiano americano parlerò di un tema che in Russia non si può più affrontare: islamskij terrorizm, il terrorismo islamico. Nel nostro paese i tribunali sono alle prese con centinaia di questi casi. La maggior parte sono stati architettati dal governo, in modo che i servizi speciali potessero dimostrare quanto fossero bravi a combattere il terrorismo, e in modo che il Presidente Vladimir Putin avesse qualcosa con cui impressionare l’Occidente.

Se si esaminano questi casi da vicino, si scopre che molti dei nastri degli interrogatori sono stati manomessi e che i documenti delle cosiddette confessioni “oneste” sono frutto della tortura di sospetti innocenti, puniti per i crimini del separatista ceceno Shamil Basajev.

Ecco un esempio di come si fa. Di recente Musa Lomajev e Michail Vladovskikh, due giovani studenti di Groznyj, capitale della Cecenia, sono stati accusati dalla polizia e dal procuratore giudiziario di tutti i casi di terrorismo, piccoli e irrisolti, avvenuti sei mesi prima in un’area residenziale di Groznyj. Oggi, come risultato, il corpo di Vladovskikh è in condizioni orribili: sotto tortura gli hanno spezzato entrambe le gambe, distrutto le rotule, preso a calci i reni e mutilato i genitali; ha perso la vista ed ha i timpani lacerati, mentre i denti frontali gli sono stati segati.

Per ottenere la confessione di Lomajev, ben cinque atti di terrorismo, hanno inserito fili elettrici nel suo ano, facendovi passare la corrente. Quando ha perso conoscenza gli hanno versato dell’acqua addosso, mostrandogli di nuovo i cavi elettrici e minacciando di reintrodurli. L’uomo, dunque, ha firmato una confessione secondo cui egli farebbe parte di una banda, insieme a Vladovskikh. Ciò nonostante, i due imputati si sono conosciuti per la prima volta durante le torture in prigione.

Ed anche Muslim Chudalov è stato coinvolto, un giovane uomo che prima della guerra abitava vicino alla famiglia Vladovskikh. In sole 48 ore di prigionia ha confessato 15 crimini, dopo di che le torture lo hanno convinto a diventare testimone nel processo Lomajev-Vladovskikh. L’uomo aveva il lato sinistro del viso bruciato, gambe e braccia rigonfie, lividi e contusioni su tutto il corpo. Non poteva né alzarsi né camminare, il personale di sicurezza lo doveva trasportare. In risposta alle domande del procuratore, Chudalov ha confermato, balbettando, tutte le sue dichiarazioni contro Lomajev e Vladovskikh. Ed ovviamente contro di sé.

Circa un mese dopo, Chudalov è riuscito a mandare un messaggio dalla prigione: “Non ho potuto sopportare tutte quelle torture. Ho paura anche solo a sentire la porta che si apre… Non ho preso parte a nessuno di quei crimini. Gli investigatori scrivevano la data di un certo crimine e mi dicevano: ecco a cos’hai partecipato, e mi picchiavano. Poi mi hanno fatto imparare a memoria il testo della dichiarazione”.

Ecco come creiamo i nostri “Terroristi Islamici”, ma in Russia non abbiamo più il permesso di scrivere queste cose. Alla stampa è proibito essere solidale con chi è stato dichiarato “terrorista”, anche se esiste il sospetto di un errore giudiziario. Negli anni della perestroika, abbiamo duramente combattuto per il diritto di appello e di indulgenza, sapendo quanti errori giudiziari venivano commessi nel paese, e fu istituita una Commissione Speciale di Stato per la grazia.

Oggi, con Putin, la Commissione è stata sciolta, le esecuzioni tacitamente ripristinate e gli errori giudiziari considerati di nuovo tollerabili. L’ondata di “Terrorismo Islamico” ha inghiottito centinaia di persone innocenti, mentre Basajev (nella foto) continua ad agire indisturbato. E la parola fine resta lontana all’orizzonte.



[Shamil Basajev]

Oggi le condizioni dei condannati per “Terrorismo Islamico” sono le stesse dei prigionieri politici dell’Arcipelago Gulag. La lunga reclusione, dai 18 ai 25 anni, viene scontata in campi di alta sicurezza, situati nelle paludi e nei boschi della Siberia. Virtualmente, ogni comunicazione con l’esterno è proibita, perfino la Croce Rossa non può entrare.

La Russia continua ad essere infetta dallo Stalinismo. Credo, però, che anche il resto del mondo si sia ammalato: un mondo raggrinzito e spaventato ancora prima che il terrorismo lo minacciasse. Ricordo le parole di una vittima torturata, al suo processo: “Che ne sarà di me? Come potrò vivere in questo paese se mi condannerete a così tanti anni di prigione per un crimine che non ho commesso, senza alcuna prova di colpevolezza?”

La risposta non gli fu mai data. Allora cosa accadrà al resto di noi, che tolleriamo questo? Cosa siamo già diventati?

L’autrice è una corrispondente speciale per il giornale di Mosca Novaja Gazeta, premiata con il Civil Courage Prize del 2005.

Anna Politkovskaja
Fonte: http://www.washingtonpost.com/
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31.03.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CINCIA