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Responsabilità personale, questa sconosciuta

di Ferdinando Menconi - 14/02/2011


C’è cascato pure Benedetto XVI, che ha imputato alla società non abbastanza «solidale e fraterna» la tragica morte dei quattro piccoli rom arsi vivi. Quanto alle colpe dei genitori, che li avevano lasciati soli, silenzio assoluto


Anche il Papa ha detto la sua sui bimbi rom morti nel rogo di Roma, e come tutti non si è chiamato fuori dall’uso strumentale della morte e come tutti li ha sfruttati per portare acqua al suo mulino: una società più cristiana avrebbe probabilmente evitato la tragedia, quindi dobbiamo tornare in grembo alla chiesa. Se fosse un partito si chiamerebbe propaganda.

A Piazza S. Pietro pare ci fosse pure la famiglia dei bimbi rom, al completo, compresi i genitori che la magistratura ha inquisito per abbandono di minore: quella sera pare che invece non ci fossero, come neppure il resto della famiglia, ma li abbiamo abbandonati noi, la società. La colpa è sempre della società, che dovrebbe essere «più solidale e fraterna, più coerente nell'amore, cioè più cristiana», e che mai ci sfiori il dubbio che i magistrati possano aver ragione e che i responsabili potessero essere in piazza dietro lo striscione “i rom salutano il Papa”, con un nome e un cognome.

In questo il Papa non si distingue dal resto della società che critica, e il punto non è neppure nel fatto specifico. Qualunque cosa accada, anche per lui è sempre colpa della società. Colpa quindi collettiva, perciò di qualcun altro e, per conseguenza, di nessuno alla fin fine. Non sia mai che si affermi la tesi che in questo caso la colpa è dei genitori: si creerebbe un pericoloso precedente, quello di riaffermare la responsabilità personale.

Ci deve essere sempre un alibi, non mai essere colpa nostra, intesi come individui, qualunque cosa si faccia. Questo per inveterato retaggio di malinterpretato marxismo anni ’70 per il quale la colpa è del sistema, che colpe ne ha eccome, ma qualche volta, non pretendiamo sempre, potrà accadere che la colpa sia di uno o più soggetti specifici? Senza alcuna attenuante, neppure quella dell’infermità mentale, estremo rifugio per rifiutare il concetto di responsabilità nel suo insieme.

Magari vengono anche in aiuto un paio di scritte razziste, che fanno sembrar quasi che siano stati gli imbrattamuri a bruciare i quattro bambini, quando colpevole invece era il loro stato di abbandono, di cui i primi responsabili sono i familiari, la loro comunità e solo in ultima battuta noi, che siamo la società. Le scritte sono indubbiamente un brutto segnale, ma che andrebbe indagato senza preconcetti, perché se il razzismo è sempre immotivato, i malesseri sociali che al razzismo portano motivi ne hanno sempre e non vanno elusi con belle parole, civili e religiose, che nulla portano alla soluzione del problema.

Questo dei quattro rom, o zingari (come un tempo essi stessi si chiamavano prima che il politicamente corretto cambiasse loro nome) ma non più “nomadi” da tempo, è solo un caso emblematico di come il problema di questa società, più che il non essere «più solidale e fraterna, più coerente nell'amore», sia l’aver rimosso il senso di responsabilità dell’individuo. E quando ciò accade tutto diventa permesso, salvo l’esimersi dal dovere delle lacrime da coccodrillo dopo le tragedie, magari condite di accuse di cinismo a chi non si perde in lacrime e prova ad analizzare la situazione. Responsabilità reali, e penali, comprese.