Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Solo la fede religiosa, per Mazzini, garantisce l’unità di pensiero e azione

Solo la fede religiosa, per Mazzini, garantisce l’unità di pensiero e azione

di Francesco Lamendola - 21/02/2011


http://t0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcS5xZAO4C0XRZDyz9uSupFjv3RvVeJdnqN9PGHYY-jUhKCs1qfL


Tutta la concezione politica di Mazzini poggia su una base etico-religiosa: Mazzini è l’anti- Machiavelli per antonomasia.
Per lui, è semplicemente impensabile una politica che non sia animata dal soffio potente e vivificatore delle idealità morali e religiose; una politica che sia semplicemente abile amministrazione del reale; una politica che stia alla finestra, mentre i popoli soffrono e sperano e lottano e affermano i valori di Dio, della patria e dell’umanità.
Di qui la tensione profetica, missionaria, crociata, del suo pensiero politico ed il suo naturale prolungamento nell’azione rivoluzionaria, per abbattere i sistemi politici ingiusti e per costruire il volto di una società nuova, libera e affratellata; di qui, anche, l’impossibilità di una sua dimensione statica, la necessità del continuo dinamismo, anzi,il dovere di esso, vista l’importanza da lui data al concetto di “dovere”, accanto a quello di “diritto”.
Di conseguenza, Mazzini è non solo nemico dichiarato e irriducibile di tutti quei governi, di tutti quei sistemi politici, che si basano sull’assolutismo e sulla oppressione dei popoli; ma lo è anche dell’attendismo, della prudenza, del calcolo, del laissez-faire: nemico dell’Austria reazionaria, ma anche, in un certo senso, dell’attitudine inglese a non immischiarsi nelle faccende dell’Europa, a non farsi carico di complicazioni ad essa estranee.
In breve, egli è ostile all’assolutismo per principio, al liberalismo per zelo messianico, se per liberalismo si intende un sistema politico che concede la libertà  ai propri cittadini, ma si disinteressa di quella degli altri popoli e, magari, flirta con i governi assoluti per ragioni di egoismo mercantile e di equilibrio internazionale.
Mazzini crociato della libertà, dunque, a trecentosessanta gradi: con lui non ci sono vie di mezzo, la sua visione politica esclude le altre, essa è totalizzante; non si accontenta di riconoscimenti e di tolleranza formale: vuol vedere ovunque il trionfo della rivoluzione democratica, senza accettare il minimo compromesso.
Non per nulla Michail Bakunin, che di queste cose se ne intendeva parecchio, definiva Mazzini come «l’ultimo gran prete dell’idealismo religioso e metafisico»; ma senza coglierne, a nostro avviso, il tratto più caratteristico, che non è il profondo afflato religioso, ma l’insopprimibile esigenza di “esportare” ovunque i suoi ideali di libertà e fratellanza, con le buone o, se necessario, anche con le cattive.
In fondo, il suo “Austria delenda” fa da pendant alla dottrina neoconservatrice americana, teorizzata da Leo Strass e Paul Wolfowitz, della “guerra preventiva” contro le forze del Male. Al male non si deve dare tregua, non gli si deve accordare respiro: bisogna braccarlo e distruggerlo, ovunque esso si trovi. E l’assolutismo, per Mazzini,  è il Male, proprio come per i neoconservatori statunitensi lo son stati prima il comunismo, poi il terrorismo islamico.
Notiamo, di passaggio, che né l’uno, né gli altri hanno ravvisato alcun elemento anche solo tendenzialmente totalitario nel giudaismo; così come Locke si prodigava per la libertà religiosa di tutti, tranne gli atei e i cattolici: anche per lui, evidentemente, queste due ultime categorie erano da ritenersi più pericolose degli ebrei e non meritavano la tolleranza che era, invece, riservata a costoro (ma, su ciò, rimandiamo al nostro precedente articolo: «Locke auspica tolleranza religiosa per tutti, ma invoca la persecuzione di cattolici islamici e atei», apparso sul sito di Arianna Editrice in data 10/02/2011).
Per questa ragione Mazzini, pur apprezzando i vantaggi della tolleranza e della libertà inglese, critica l’indifferenza del governo britannico nei confronti della lotta per la libertà dei popoli europei, che lo porta addirittura a sostenere governi oppressivi, come quello austriaco, o apertamente tirannici, come quello ottomano.     
Scrive, infatti, Wolfango Giusti, insigne slavista italiano, già docente di lingua e letteratura russa presso le università di Trieste e di Roma, nel suo classico saggio «Mazzini e gli Slavi» (Istituto per gli Studi di  Politica Internazionale, Milano, 1940, pp. 118-121 passim):

«Le dottrine utilitaristiche ed economicistiche vengono sottoposte dal Mazzini ad una critica senza tregua Egli non approfondisce mai i problemi tecnici” del’economia  e dagli economisti può essere talvolta ritenuto un dilettante; non gli sfuggono però i grandi avvenimenti storici dell’epoca sua, sente costantemente l’importanza dei più elevati principi morali che commuovono la parte migliore dell’umanità: di modo che molte critiche degli “economisti” appaiono magari come critiche non prive di valore., ma critiche su singoli particolari, su singole affermazioni; esse non bastano insomma a demolire l’edificio mazziniano che poggia su altre basi.
L’umanità intera va salendo, secondo la visione del Mazzini, i lati di una piramide  “la cui base abbraccia tutta quanta la terra, il cui vertice s’innalza sorgendo a Dio”. Senza questa fede in Dio, domina soltanto il “fatto”, quel meschino fatto “davanti al quale i meschini materialisti s’inchinano sempre, abbia nome Rivoluzione o Bonaparte”. Politica e religione non possono quindi vivere separatamente. Nessuna teoria viene forse combattuta dal Mazzini  con maggior tenacia di quella che tende a separare la Chiesa dallo Stato. La separazione è, secondo lui, una formula vuota di senso o concepibile tutt’al più in un momento di transizione, quando una vecchia fede sta morendo e una fede nuova non è ancora riuscita a vincere. Soltanto uomini “atei”, uomini senza fede nel’avvenire possono, secondo il Mazzini, concepire una Chiesa indifferente verso lo Stato e uno Stato indifferente verso la Chiesa. la religione a cui si riferisce non è la religione cattolica. Il cattolicismo viene infatti ritenuto dal Mazzini una “materializzazione” del pensiero cristiano; esso sarebbe in fin di vita; avrebbe “codificato” la fede e commesso la colpa di allearsi quasi sempre ai potenti e alle forze più reazionarie. Una nuova religione è sorta: quella che il Mazzini va annunciando e questa religione delle generazioni future dovrà permeare di sé il nuovo Stato, quello Stato che dovrà essere libero, ma non neutrale oppure indifferente.
Come non basta distruggere il vecchio ordine politico ed economico, ma occorre costruirne uno nuovo, così non basta combattere la vecchia religione “cristallizzata”, “codificata”, ma occorre capire che non si può lasciare l’umanità senza una fede nuova, brancolante nel buio, intenta soltanto a perseguire miglioramenti materiali. Da queste considerazioni l’atteggiamento estremamente critico del Mazzini verso il protestantismo, incapace di formar religione”, soltanto adatto a negare un ordine  preesistente, a ricondurre “una religione a’ suoi cominciamenti” (né questa ostilità al protestantismo appare attenuata dal fatto che sulle orme dei protestanti, il Mazzini tende a sopprimere gli organismi intermedi tra l’Umanità e Dio).
Attraverso gli scritti del Mazzini i valori della fede vengono con instancabile tenacia contrapposti al materialismo. Soltanto il sentimento religioso permette infatti di !”camminare sulla via del progresso”, perché il materialismo darà soltanto “la coscienza della vostra individualità, la certezza di alcuni diritti… e l’abitudine a cercare il vostro benessere materiale, anche a detrimento del benessere dei vostri fratelli”: dal materialismo non si caverà mai né il progresso, né la possibilità del martirio. Se il clero non si ostinasse a “lottare contro ai lumi e al movimento che ne è la continuazione”, il Mazzini non se ne sarebbe mai separato e la religione cattolica non sarebbe stata oltrepassata e superata da un movimento nuovo (“Les patriotes et le clergé”, Ed naz., vol. VI passim).
Soltanto una salda fede religiosa riesce a liberarci dal tormentoso coltello dell’analisi, dell’individualismo egoistico e sterile; “l’analisi… non può sfociare che a una rivoluzione di protestantismo e di libertà”. Invece la repubblica che sogna il Mazzini è ben altra cosa: è “associazione, di cui la libertà non è che un elemento, un antecedente necessario”. “Il partito repubblicano… è un partito religioso. Ha un dogma, una fede, dei martiri, da Spartaco in poi. Deve avere l’inviolabilità del dogma, l’infallibilità della fede, la devozione e il grido d’azione dei martiri” (“Foi et avenir”, Ed naz., vol. VI, passim).  “Insomma, “repubblica” si identifica per il Mazzini con un “principio”.»

Come si vede, Mazzini è molto di più che un pensatore politico e un apostolo della rivoluzione: è un fondamentalista religioso, adoperando questo termine senza alcun intento dispregiativo, ma per evidenziare la sua convinzione, che è tipicamente antimoderna, della impossibilità di una separazione delle reciproche attribuzioni dello Stato e della Chiesa.
Per lui, una separazione tra le due sfere è possibile solo all’insegna dell’indifferentismo religioso, cosa che egli non ammette, essendo convinto che solo una salda fede religiosa possa sostanziare di valori ideali la vita sociale e che, senza di essa, l’umanità conoscerebbe un regresso spirituale quale mai si è visto nella storia.
Cade, quindi, la concezione fondante del liberalismo in materia religiosa, così come sarà sintetizzata dal Cavour: libera Chiesa in libero Stato; e cade anche il principio di tolleranza religiosa, perché nel quadro delineato da Mazzini (similmente, in questo caso, a quanto aveva sostenuto Locke), non vi è posto per gli atei e nemmeno, a ben guardare, per i cristiani, dal momento che anche il Cristianesimo è da lui considerata una religione moribonda e meritevole di scomparire.
Ma se la Chiesa non può separare le proprie attribuzioni da quelle dello Stato, né lo Stato dichiararsi estraneo e neutrale rispetto alla Chiesa e vedere nella religione solo un fatto privato del singolo cittadino, allora, necessariamente, si entra nella sfera dello Stato etico e dello Stato fondamentalista, che si identifica con la morale, con la religione e con la Chiesa le quali, al suo interno, finiscono per essere le sole praticate e le uniche ammesse.
Mazzini non lo dice esplicitamente, ma va da sé che, se non c’è posto né per gli atei, né per i Cristiani, la Giovane Europa da lui auspicata non può essere che quella neoilluminista, deista, massonica, anticattolica, vagheggiata dalle Logge del suo tempo, e sia pure con qualche sfumatura di differenza.
Infatti, se è vero che la sua adesione alla Massoneria non è mai stata definitivamente provata, esistono però molti punti di contatto fra il suo pensiero e quello dei “Fratelli Muratori”; così come esistono fondate ragioni per pensare che la sua diffidenza verso le Logge derivasse non già da obiezioni di merito, ma dalla sua preconcetta ostilità verso la Francia di Napoleone III, cui non aveva mai perdonato la distruzione della Repubblica Romana del 1849, e dal fatto che egli paventava una predominanza delle Logge francesi a livello europeo.
Forse, si capirebbe meglio il pensiero di Mazzini se si smettesse di considerarlo essenzialmente come un pensiero politico, e sia pure permeato da un profondo afflato religioso, e si incominciasse a considerarlo come un pensiero essenzialmente religioso, che, identificando Dio con l’umanità in lotta per la libertà e la fratellanza (e il Diavolo, più o meno, con i sovrani assoluti, i gendarmi ed i preti) si presenta come una strana, singolare mescolanza di teocrazia totalitaria e di istanze libertarie ed anticlericali.
In sostanza, crediamo sarebbe più giusto vedere in Mazzini il fondatore di una nuova religione, una religione che si propone come alternativa a quelle “storiche” e come baluardo contro il pericolo dell’ateismo, che, a suo avviso, porterebbe alla disgregazione morale della società. In questo senso, lo si potrebbe paragonare a Robespierre, il Robespierre della festa dell’Essere Supremo, in quanto condivide con il leader dei Giacobini francesi le motivazioni di fondo, così come la matrice deista; anche se il Dio di Mazzini, immanentisticamente, finisce per identificarsi con l’umanità in cammino e, quindi, presenta maggiori analogie con lo Spirito hegeliano che con l’Essere trascendente di Rousseau, che premia i buoni e punisce i malvagi in una vita dopo la morte.
Non è tanto una eresia del Cristianesimo, dunque, la religione vagheggiata da Mazzini, alla maniera di un Davide Lazzaretti, perché non vuole “inverare” il Cristianesimo, ma abolirlo e sostituirlo; e ciò nel quadro di una “rivoluzione dei doveri” che controbilanci l’enfasi sui “diritti”, che - invece -  era stata una caratteristica fondamentale nella rivoluzione del 1789.