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Iraq, uccisi più giornalisti che in Vietnam e nella Seconda Guerra mondiale

di a cura dell'agenzia Ansa - 01/06/2006


Raccontare il conflitto in Iraq è diventata, per i media, un'impresa più letale di quelle toccate alle precedenti generazioni di reporter di guerra. A rischiare più di tutti, secondo Reporters Sans Frontieres, continuano a essere i giornalisti iracheni, tre dei quali sono stati uccisi solo in questo mese

Raccontare il conflitto in Iraq è diventata, per i media, un'impresa più letale di quelle toccate alle precedenti generazioni di reporter di guerra. Nonostante qualche incertezza sulle cifre, secondo un paio di centri studi americani con l'uccisione ieri di due membri di una troupe della tv CBS, l'Iraq supera il Vietnam e anche la Seconda Guerra Mondiale in termini di prezzo pagato dai giornalisti.

Dall'inizio della guerra in Iraq, nel 2003, secondo il
Committee to Protect Journalists sono stati 71 i giornalisti a restare uccisi sul lavoro, senza contare oltre una ventina di membri dello staff e dipendenti locali degli organi d' informazione internazionali.

Freedom Forum, un'organizzazione che negli Usa gestisce il Newseum – un museo dei media – e ha realizzato a Washington il memoriale dei giornalisti, ritiene che si tratti del più alto tributo di sangue pagato dalla stampa nel raccontare le guerre.

Secondo Freedom Forum, nel corso della guerra in Vietnam morirono 63 tra giornalisti, cameramen e fotografi, mentre 17 furono quelli uccisi nel conflitto in Corea e 69 durante la Seconda Guerra Mondiale.

L'uccisione lunedì a Baghdad di Paul Douglas e James Brolan della CBS (la giornalista Kimberly Dozier è rimasta gravemente ferita nello stesso attacco) ha portato il bilancio dell'Iraq a superare quello delle vittime degli anni 1940-45.

Le cifre, per quel che riguarda le guerre del passato, vanno prese con cautela, ha spiegato Ann Cooper, la direttrice del Committee. "Quel che è certo" – ha detto la Cooper al New York Times – "è che parliamo con i veterani delle corrispondenze di guerra, con coloro che hanno coperto la Bosnia o il Vietnam, e anche quelli che hanno visto varie guerre ci dicono che non hanno mai assistito a qualcosa di paragonabile a questo conflitto".

A contribuire al numero delle vittime è anche la maggiore presenza di troupe televisive al fronte rispetto alle guerre del passato e il fatto che il Pentagono, in Iraq, ha creato il più vasto programma di giornalisti 'embedded' dall'epoca del Vietnam.

Anche le vittime della CBS erano al lavoro nell'ambito del programma militare, inseriti in modo integrale in un'unità della Quarta Divisione di fanteria. La Dozier, Douglas e Brolan erano usciti dalla Green Zone insieme a una pattuglia, per raccontare come i soldati americani trascorrevano a Baghdad il 'Memorial Day', che negli Usa è una delle maggiori festività nazionali.

L'esplosione di un'autobomba ha ucciso, oltre ai due membri della troupe, anche un soldato Usa e un interprete iracheno e ha ferito altri sei militari americani.

A rischiare più di tutti però, secondo
Reporters Sans Frontieres, continuano a essere i giornalisti iracheni, tre dei quali sono stati uccisi solo nel mese di maggio.

In Iraq, inoltre, resta significativo il fenomeno dei rapimenti di membri degli organi d'informazione: secondo RSF ne sono avvenuti 42 dall'inizio del conflitto.


Sull'Iraq vedi 'Iraq Confidential – Intrighi e raggiri: la testimonianza del più famoso ispettore ONU', di Scott Ritter (prefazione del premio Pulitzer Seymour Hersh, prefazione all'edizione italiana di Gino Strada).