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Gli storici blasonati fanno retromarcia

di Perrucci Antonio - 17/03/2011



Il buon Guareschi, con le sue indimenticabili vignette, prendeva in giro i compagni d'antan. Questo articolo non vuole avere un contenuto politico né tantomeno rinverdire la contrapposizione ideologica degli anni 50/60 del secolo scorso. Ma, avvalendosi anche all'aggettivo che in aggiunta il Guareschi appioppava ai "compagni" ovvero "i trinariciuti", si vuole catalogare un ordine di proni ortodossi, questa volta della storia. Intanto per Guareschi, i trinariciuti erano appunto persone dotate di tre narici, due delle quali servivano per respirare, la terza per drenare la materia grigia dalla scatola cranica e immettere dalla stessa ordini e disposizioni che rendevano la persona di una obbedienza cieca, pronta, assoluta. E trinariciuti della storia sono stati per molto tempo, per 150 anni, generazioni di cattedratici e aspiranti tali, l'ordine era: vietato parlare male di Garibaldi, esaltare il risorgimento dei luoghi comuni e di stratificate falsità, questa era la loro Bibbia. E come integralisti dell'ortodossia risorgimentale, questi signori (che Angelo Manna definiva in una sua interpellanza parlamentare: ciucci e venduti), hanno scritto la storia ad usum delphini, l'hanno scritta dalla parte dei vincitori, con pervicacia, ignorando e a volte isolando qualche raro se non unico onesto storico quale Tommaso Pedio.

I Galasso, i Villari, i Volpe, i Croce hanno compiuto un'opera di rimozione generazionale, un calcolato insulto della memoria, generata da una "casta" di tromboni retrivi. Ma ecco che improvvisamente, questa "casta di sacerdoti custodi di pompose certezze ", anche se con la solita boria e sufficienza che l'ha sempre marcata, comincia con le prime ammissioni, con una condiscendenza farcita dalla solita spocchia da unti dal Signore.

Il Brigantaggio, le centinaia di migliaia di sudisti uccisi dai piemontesi, un centinaio tra paesi rasi al suolo peggio di Cartagine, gli stupri, le chiese violate, i campi di concentramento, il peggiore e becero razzismo? Ma erano cose risapute ci dicono oggi, ma non lo hanno mai scritto, la loro memoria diminuiva con il progredire della loro carriera accademica e delle relative prebende: la carriera di storici a senso unico. Contrordine storici trinariciuti, e così inaspettatamente ma con una scansione temporale che sembra obbedire ad un ordine di scuderia, tra format televisivi e le "fatiche" di qualche storico "neorevisionista di razza" cominciano a circolare testi il cui contenuto, ahimè, se da un lato riconosce gli orrori e le malversazioni commessi dalla razza ariana-piemontese, dall'altro, non cessa di ricordare quanto bene ha ricevuto questo Sud popolato da affricani affetto da una innata e quindi lombrosiana incapacità.

Il Galli della Loggia nei suoi editoriali invoca una coesione nazionale, e intanto arriva a tacciare di ignoranza Edoardo Bennato, colpevole di aver dedicato canzoni ai Briganti e al Re Borbone. Giordano Bruno Guerri scrive "Il Sangue del Sud", un libro visto il contenuto, che ogni meridionale dovrebbe evitare di acquistare, ancora, ecco comparire un libercolo, "Viva l'Italia"scritto da Aldo Cazzullo un torinese neh, in forza al Corriere della Sera e noto per la scarsa se non nulla considerazione che lo stesso ha degli abitanti al di sotto del Garigliano. In giro per sagre e comitati periferici per i 150 anni dall'annessione, troviamo il leccese Antonio Caprarica, in un lampo partorisce la sua ultima "fatica": "C'era una volta in Italia", presentata come una novità, se non fosse che già nel 1990 un Vito Di Dario dava alle stampe altro testo "Oh, mia Patria" vera musa ispiratrice del Caprarica.

Una serie di editoriali, libri e incontri sui vari programmi televisivi che hanno un unico intento: quello di dare un premio di consolazione ai tanti movimenti meridionalisti e che rivendicano una volta per tutte una storia del risorgimento che renda giustizia. Ma, attenzione, questi pseudo revisionisti blasonati perseguono un proposito molto chiaro, appropriarsi delle rivendicazioni sudiste e adeguarle alla loro ideologia, quella che ci hanno propinato per 150 anni. Valga per tutti un caso clamoroso, dovuto forse ad una buona dose di ingenuità o ad improvviso scollegamento tra materia grigia e parole in libertà. L'Infedele del 2 novembre u.s. vedeva tra gli ospiti Sergio Luzzatto (una cattedra di storia a Torino), uno degli argomenti era il proliferare di "libelli" antirisorgimento, scritti da "ignoti" e che tuttavia avevano un ottimo successo di pubblico (Aprile con il suo Terroni non veniva citato), ebbene, questo storico di rango dichiarava: ".. non hanno torto,è stata una guerra civile, una guerra occultata per un secolo e mezzo. Noi concediamo questi argomenti, è un po' come la storia della II G.M., abbiamo regalato a Pansa argomenti risaputi ma mai affrontati da alcuno. Non dobbiamo fare la stessa cosa con la repressione al Brigantaggio, se lo facciamo dire ai peggiori e non lo diciamo noi con i mezzi di una cultura, come dire, più degna, allora i risultati sono una confusione dei ruoli e del vero dal falso".

Caro Luzzatto,non fu una guerra civile, ma una guerra (nella campagna per la repressione del Brigantaggio l'esercito piemontese ebbe 4 medaglie d'oro, 2.375 d'argento e 5.012 menzioni onorevoli) contro un esercito straniero di invasori, non erano nostri fratelli, era un esercito di locuste affamate, voraci. Grazie per averci definito i peggiori, ma non abbiamo trovato posto tra i migliori, tra i più onesti, tra i blasonati cattedratici, tra i depositari del sapere storico. Quei posti fortunatamente per noi li avevate occupati tutti. Vi accalcavate senza risparmiarvi spallate, gomitate, scalciavate e sbraitavate nella corsa al primo della classe. Non è servito a nulla, noi i peggiori siamo qui a presentarvi il conto.

Distinti saluti