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Intrighi di corte e vecchi vizietti. I festini ai tempi di Enrico VIII

di Rock Reynolds - 23/03/2011

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Così va spesso il mondo, diceva Alessandro Manzoni mascherando la critica dell’occupazione austriaca di Milano del XIX secolo con quella spagnola del XVII secolo. Lapalissiano, certo, ma il mondo forse era sempre andato così e, a giudicare dalla pericolosa commistione tra sesso e potere e, talvolta, pure religione, non si direbbe che il quadro sia particolarmente cambiato. Ai tempi del Manzoni e a quelli in cui si colloca il suo grande romanzo, I promessi sposi, non c’erano la televisione e Internet, mentre oggi sull’Italia non pesa la dominazione di una potenza straniera, ma pare proprio che certe lezioni non aprano mai gli occhi all’umanità.
Chissà se, oltre alla sete di avventura, è proprio l’anelito di illuminazione a fare del romanzo storico un genere narrativo sempreverde. Wolf Hall (Fazi Editore, traduzione di Giuseppina Oneto, pagine 779, euro 22,00) della pluripremiata Hilary Mantel è certamente un romanzo storico, ma è anche molto di più, a partire dalla mole non indifferente. Attraverso la figura di Thomas Cromwell, assurto al titolo di Conte di Essex pur non essendo di nobili natali e da lì, dopo essere entrato nelle grazie di Enrico VIII, al titolo di vicereggente della chiesa Anglicana di fresca fondazione, Wolf Hall è l’affresco epico di uno dei periodi più controversi e allo stesso tempo rivoluzionari della storia europea, quello della dinastia Tudor sotto il regno di Enrico VIII. Sarà perché il sovrano di turno era uno che con le donne aveva un conto aperto, avendone sposate ben sei, oltre ad essersi accompagnato con innumerevoli concubine, ma può essere interessante leggere tra le righe di questo romanzo intenso e ottimamente scritto per individuare inquietanti analogie con il mondo d’oggi.
Tutto il marciume della politica di oggi affonda, dunque, le radici nelle debolezze maschili e nella consapevolezza femminile di disporre di una merce unica in grado di farle superare il ruolo di subalternità a cui la società ha relegato la donna?
Qualcuno si chiederà se questo è un romanzo oppure se è storia. Ma, se per quello, c’è gente che si chiede se il malcostume dilagante e sbandierato da chi dovrebbe rappresentare un esempio di dirittura morale per il paese non sia in realtà un feuilleton creato dai media a uso e consumo di una fazione politica. Se pensate che certe fragilità maschili siano solo appannaggio del mondo d’oggi, perfezionato dalla chirurgia estetica e ringiovanito dalle pastiglie azzurre, Wolf Hall vi chiarirà le idee. Allo stesso modo, però, gli intrighi di corte, l’abbondanza di lacchè e cicisbei nonché di donne di facili costumi e perbenisti dalla grande propensione al vizio vi farà ripiombare nella quotidianità, a patto che non pronunciate mai la parola «prostituta» ai danni di chi vende il proprio corpo, almeno fintanto che una corte non abbia dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che un meretricio è stato consumato, magari con gli ometti in bianco della polizia scientifica che raccolgono gli assolutamente indispensabili reperti organici. Solo che al tempo di Enrico VIII non c’erano CSI, talent show e grandi fratelli. Ma gli scambi più in voga erano sempre gli stessi: favori e denaro in cambio di prestazioni sessuali. Enrico VIII lo sapeva bene e lo sapeva bene anche Thomas Cromwell, la cui vertiginosa ascesa e altrettanto fulminea rovina furono in gran parte frutto di tale consapevolezza.
E, anche allora, nel mezzo stava la religione. Ovvio che, come magistralmente evidenzia la Mantel, non furono né il sesso né la religione a guidare le scelte del sovrano, ma di certo le due cose ebbero un peso non indifferente nel dipanarsi degli eventi. In questo caso, i vertici religiosi lottarono con il licenzioso monarca, facendo dei suoi comportamenti moralmente non in linea con la decenza del buon cristiano un cardine della propria crociata. Ce ne vorrebbero, vien quasi da dire, di alte gerarchie religiose che prendano posizioni meno sfumate in merito alla morale. Pare quasi che la stirpe vescovile abbia perso una certa verve censoria. E l’abbia persa a senso quasi unico. Di fronte al potente cardinale Wolsey, Cromwell chiede, «Monsignore, come si chiama una puttana quando è figlia di un cavaliere?» Con la classica abilità salomonica, l’alto prelato
risponde: «Davanti a lei, ‘la mia signora’. Alle spalle... be’ come si chiama?». Insomma, pare quasi che la parola puttana, di cui per secoli gli uomini si son riempiti la bocca con grande soddisfazione maschilista, d’improvviso sia diventata sconveniente. Meno male che le parole di Wolsey ci ricordano che non basta fare sfoggio di una laurea col massimo dei voti o di una lingua straniera parlata correntemente o, magari ancora, di qualche sbandierato talento nel mondo dello spettacolo perché una donna che ha determinati atteggiamenti possa a ragione considerarsi al di sopra di certi sospetti. Così come una posizione di potere e prestigio non fa di chi la occupa un uomo automaticamente integerrimo.
I festini non sono certo un’invenzione dei nostri tempi e, di certo, non c’è bisogno di andare in Brianza per trovarne. Anzi, ai tempi di Enrico VIII erano festoni. E, allora come oggi, poteva capitare che il sovrano mettesse a rischio la propria sorte politica pur di placare i propri impulsi. Nel caso del sovrano Tudor, è ancora dibattuta la causa della sua morte, secondi alcuni storici conseguenza di una malattia venerea.
Gli esempi di cadute di tono nella storia del mondo non si contano. C’è sempre un sovrano, più o meno illuminato, e ci sono sempre i vertici di una religione organizzata e una, anzi, tante donne. Nell’Inghilterra dei Tudor non si chiamavano veline e ci piacerebbe che questa parola sparisse dal nostro vocabolario, o meglio, non ci entrasse affatto.
Qualcuno potrebbe dire che dipende sempre dai punti di vista, che tutto è relativo. Vero. Se poteste chiedere a un cardinale inglese del XVI secolo come si chiama una donna che si vende in cambio di favori, la risposta sarebbe inequivocabile. Se volete avere la stessa risposta al giorno d’oggi, forse fareste bene a chiederlo a qualcun altro. Come dice la Bibbia, «Chi si arricchisce in fretta non sarà innocente», ma anche, «Il Signore corregge chi ama». Corregge, dunque, non unge soltanto.