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La battaglia di Kadesh e le origini storiche dell’Iliade

di Ernesto Roli - 31/03/2011

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Nel numero di Sabato 26 e Domenica 27 Febbraio è uscito su “Rinascita” un interessantissimo saggio a firma di Gianluca Padovan, dal titolo: “Dalle origini dell’impero ittita alla sconfitta egiziana di Kadesh”. Tale saggio su un argomento storico cosi insolito e poco conosciuto, ci permette di affrontare il problema non solo dei rapporti tra Ittiti ed Egiziani, ma di entrare più dettagliatamente nel significato della battaglia, indagando risvolti che pochi sino ad ora hanno affrontato. Ci riferiamo ai contatti che la letteratura egiziana sull’argomento può avere avuto con quella greca.
Per prima cosa affrontiamo l’analisi degli avvenimenti in se, già egregiamente descritti da Padovan. In seguito affronteremo il problema dei contatti tra le due letterature.
Agli inizi del XIII sec. a. C. sono esistiti nel Medio Oriente solo due imperi degni di questo nome e che potevano competere tra loro: l’impero ittita e quello egiziano. Il primo si è affermato nella regione anatolica, dall’Egeo all’Eufrate e al sud sino alla Siria. Il secondo invece si è affermato lungo la valle del Nilo sino alla Nubia e a est dalla penisola del Sinai sino alla Siria, a stretto contatto con gli Ittiti. Degli Egiziani forse è superfluo parlarne in quanto la nostra conoscenza della loro civiltà è piuttosto vasta. Degli Ittiti, invece, è opportuno affrontarne la storia, dato che su di loro ancora le notizie sono piuttosto scarse e solo in questi ultimi tempi si sta facendo luce sulla loro civiltà.
Chi erano e come sono arrivati in Anatolia? Tra il 2200 e il 1800 popolazioni indoeuropee sono penetrate sia in Asia Minore sia in Grecia probabilmente provenienti dai Balcani. Erano principalmente gli Ittiti, i Luviti, i Pelasgi e gli Elleni. In Grecia sono sorte la civiltà cicladica, quella cretese e poi quella micenea, mentre in Anatolia è sorta, a partire dal 1800, la civiltà ittita. Gli Ittiti hanno costituito in questa regione il più vasto impero del II millennio a. C. della storia antica. Erano un popolo decisamente guerriero e dotato di forti capacità espansive. La loro capitale era Hattusa, città grande, enorme, con mura alte e possenti, dotate di torri e porte affiancate da leoni. Era la più grande città di tutta l’Anatolia. Costruita sull’altipiano anatolico, a più di 1100 m. di altezza dove in inverno fa molto freddo. Si trovava tra due grandi fiumi e ai piedi di un alto monte, sempre innevato. (1)
L’impero si è espanso a est verso la Mesopotamia e a sud è arrivato a scontrarsi con l’Egitto. Verso la fine del XIII sec., gli Ittiti si sono scontrati a occidente dell’Anatolia con una serie di stati e città situati sulla costa egea e nelle isole, detti nei testi, Lukka, Assuwa, Ahhijawa, Vilusa, Arzawa, Paese del Fiume Seka e altri. Questi stati per opporsi all’impero si sono organizzati in una grande coalizione, detta appunto Coalizione Occidentale. Uno dei principali stati di questa coalizione era Arzawa, che comprendeva la città di Vilusa (forse la Ilios omerica). In seguito a successivi scontri da parte degli Ittiti con gli stati occidentali, i c. d. “Popoli del Mare” hanno distrutto, a detta degli Egiziani (iscrizione del Medinet Habu ai tempi di Ramses III), Hattusa, ponendo così fine all’impero ittita (1180 circa).
In questa sede ci occuperemo proprio di un avvenimento storico che è molto importante per capire le fonti ispiratrici dell’Iliade di Omero.
Si tratta, infatti, della famosa battaglia di Kadesh avvenuta al confine tra impero ittita e quello egiziano sul fiume Oronte in Siria nel 1274. Questa battaglia è avvenuta tra l’esercito egiziano al comando del Faraone Ramses II e l’esercito ittita al comando del Re Muwatallis. Chi abbia concretamente vinto la battaglia non è ben chiaro. In un primo momento gli storici basandosi esclusivamente sui testi egiziani hanno attribuito la vittoria a Ramses II. Da quando però l’archeologia ha scoperto l’esistenza del vasto impero ittita in Anatolia con le sue città e le iscrizioni cuneiformi, molti studiosi sono propensi oggi a ritenere che Ramses II abbia enfatizzato lo svolgimento degli avvenimenti a scopo propagandistico e che la vittoria in realtà sia appartenuta agli Ittiti o per lo meno che non vi siano stati né vinti né vincitori.
In questo studio a noi non interessa l’esito della battaglia in sé, cioè come si siano svolti concretamente gli avvenimenti bellici e chi abbia realmente vinto. Ci preme, invece, sottolineare come la letteratura egiziana che ha descritto la battaglia, abbia fornito in seguito a storici e poeti greci lo spunto per descrivere la famosa battaglia tra Greci e Troiani narrata nell’Iliade di Omero. Non è una idea nostra, perché già in passato era stata notata da valenti egittologi la somiglianza tra il poeta greco e i testi egizi. Alcune nostre osservazioni però su questa somiglianza, soprattutto alla luce delle recenti scoperte in Anatolia e le ultime considerazioni sulla origine dei poemi omerici, inesorabilmente legata alle letterature del Vicino Oriente, ci hanno permesso di fornire un ulteriore contributo, al fine di poter stabilire quali siano state concretamente le fonti letterarie che li hanno ispirati.
Andiamo però in ordine col descrivere inizialmente la famosa battaglia. La battaglia di Kadesh è stata la prima grande battaglia della storia antica e dell’umanità. Una battaglia epocale, nella quale si sono impiegati migliaia di uomini e un quantitativo enorme di carri da combattimento trainati da cavalli (forse più di 6000). E’ stata talmente importante da essere stata ben documentata da entrambi i contendenti, anche se in forma propagandistica esagerata da parte degli Egiziani.
Ramses II, infatti, ha fatto elaborare a proposito da cantori, poeti e scribi il famoso “Poema di Kadesh”, dal sapore elogiativo, che era cantato alla sua corte per tutti gli anni del suo lungo regno. Esso è stato anche trascritto sia su monumenti, sia su papiri, di cui una copia dell’epoca del successore di Ramses II, Merenptah (1220), è conservata al British Museum di Londra. Esso è conosciuto anche come “Poema di Pentaur” (Pentawore), dal nome dello scriba che ha trascritto l’opera, in quanto al momento ne è ignoto l’autore. Oltre al poema, Ramses II ha fatto incidere il resoconto della battaglia (il c. d. “Bollettino”) in una serie di bassorilievi sui principali monumenti del paese, tra i quali spiccano il Ramesseum di Woset (Tebe), i templi di Luxor, di Abido, di Karnak e il più famoso, quello di Abu Simbel.
Kadesh era una importante località di frontiera tra l’impero ittita e quello egiziano situata in Siria sul fiume Oronte. Apparteneva agli Ittiti che la chiamavano Kinza, ma gli Egiziani ne rivendicavano la proprietà per motivi storici e geografici. In realtà il possesso della città forniva la chiave per il controllo dei commerci tra il sud e il nord della regione asiatico - africana. La posta in gioco pertanto era enorme e lo scontro finale tra i due stati, era inevitabile dopo le alterne vicende negli anni precedenti.
L’esercito egiziano era composto di quattro divisioni regolari: la Amon, la Ra, la Sutekh e la Ptah, alle quali erano aggregati numerosi contingenti di mercenari, tra i quali i famosissimi e temutissimi Shardana, una sorta di pirati egei. Vi era inoltre una quinta divisione composta di alleati e popoli tributari, la Neharin. Nel complesso circa trentamila uomini e circa duemilacinquecento carri da guerra.
L’esercito ittita, a detta degli Egiziani, era invece molto più consistente e composto oltre che dagli Ittiti, da numerosi popoli loro alleati provenienti dall’Anatolia e dalla Siria. Forse circa quarantamila uomini e circa tremilasettecento carri da guerra.
A questo punto gli storici, basandosi quasi esclusivamente sui testi egiziani, ma comparandoli con la versione ittita e confrontandoli con la situazione geopolitica favorevole agli Ittiti venutasi a creare nella regione in seguito alla battaglia, hanno redatto nel tempo diverse versioni delle tattiche belliche avvenute nella piana di Kadesh, nei due giorni di scontri. Secondo le ultime ricostruzioni lo svolgimento della battaglia dovrebbe essere avvenuto nei seguenti movimenti.
Ramses II, a capo del suo esercito, ha marciato dal Sinai verso l’Oronte. Giunto in prossimità di Kadesh e convinto che gli Ittiti non erano ancora sul posto si è posizionato di fronte alla città con la divisione Amon, lasciando ingenuamente indietro le altre divisioni. In realtà gli Ittiti erano già sul posto, in quanto avevano teso agli Egiziani un tranello concordato con alcune false spie. Dopo alcuni scontri, Ramses II è stato costretto a erigere un campo trincerato, dove poi si è rifugiato. Qui ha mandato messaggeri a chiamare le altre divisioni attardate, in proprio aiuto. Gli Ittiti, approfittando dello sfilacciamento dell’esercito egiziano, hanno attaccato la isolata divisione Ra che tentava di raggiungere Ramses II e la Amon per prestare loro soccorso. Sbaragliata la Ra, gli Ittiti si sono diretti verso il campo trincerato. In un primo momento gli Egiziani hanno resistito agli attacchi, ma in seguito gli Ittiti hanno sfondato le difese, sono penetrati nel campo e lo hanno saccheggiato. Ramses II a questo punto è salito su un carro da guerra e ha invocato il dio Amon. La divinità, secondo i testi, lo ha aiutato facendo arrivare la divisione Ptah e i resti della Ra. Il Faraone ha così potuto contrattaccare e mettere in fuga gli Ittiti. A loro volta però gli Ittiti hanno contrattaccato con i carri e improvvisamente si è levata una oscura coltre di polvere che però non ha fermato i combattimenti. Il giorno successivo, decisivo è apparso l’arrivo della divisione Neharin, che ha respinto gli Ittiti facendone strage. Secondo i testi egiziani, il Re ittita in persona Muwatallis si è rivolto direttamente al Faraone per chiedergli una tregua, in quanto spaventato dalla forza di Ramses II. In realtà forse entrambi gli eserciti si sono ritirati dalla battaglia perché conveniva loro terminare a quel punto gli scontri. Particolare curioso che si deduce dai testi egizi è che il Re ittita Muwatallis è stato per quasi tutto il tempo della battaglia rinchiuso dentro le mura di Kadesh per paura della “potenza del Faraone”.
Come siano andate realmente le cose non è dato sapere. Per noi però ha importanza il come Ramses II le ha tramandate sui monumenti.
Il poema si chiude con la tregua che Ramses II ha concesso a Muwatallis.
Il “Poema di Pentaur”, cosi come lo conosciamo dai papiri egiziani, si lascia agevolmente confrontare con la descrizione della battaglia che Omero ci ha fornito a partire dal IV, poi dall’XI canto dell’Iliade sino alla fine dell’opera, nella piana che da Ilio va verso il mare, dove erano ancorate le navi greche.
Vediamo il confronto.
Menelao, capo degli Achei, ha organizzato un possente esercito che ha condotto sino a Troia per riprendersi la bella moglie Elena. Dopo il duello tra Paride e Menelao è iniziato lo scontro vero e proprio tra i due eserciti. Dopo alterne vicende e tregue gli Achei sono stati costretti a costruirsi una muraglia con fossato per difendere le navi dagli assalti dei Troiani. Sono seguiti poi alterni combattimenti con fughe e tregue che si sono ripetuti sino a che i Troiani hanno conquistato la muraglia e gli Achei si sono precipitati in fuga verso le navi. Nella descrizione omerica sono seguite poi diverse controffensive sia da parte degli Achei sia da parte dei Troiani. Per aiutare le sorti degli Achei, Patroclo ha assunto le armi di Achille. Costui cosciente del pericolo, ha invocato Giove affinché protegga Patroclo. Durante gli scontri è caduto Sarpedonte e nella mischia che ne è successa per il possesso del corpo, improvvisamente una nube oscura si è diffusa intorno ad esso, che però non ha interrotto i combattimenti. Patroclo poi ha messo in fuga i Troiani, ma anche lui è stato costretto a soccombere. Dopo la sua morte è arrivato finalmente in soccorso degli Achei, Achille con i suoi Mirmidoni, capovolgendo così le sorti della guerra e uccidendo infine Ettore. Priamo, Re di Troia, per concludere, ha chiesto ad Achille la restituzione del corpo del figlio e proposto una tregua. L’Iliade termina, infatti, con i funerali di Ettore.
Che tra le due descrizioni vi sia una relazione strettissima è fuori discussione. Vediamola nel dettaglio.
- Gli Egiziani che tentano di riprendere Kadesh, corrisponde agli Achei che tentano di riprendere Elena.
- Il campo trincerato egiziano, corrisponde perfettamente alla grande muraglia achea.
- La richiesta di aiuti da parte degli Egiziani, corrisponde alla richiesta di aiuti da parte degli Achei.
- La resistenza egiziana, corrisponde alla resistenza achea.
- L’attacco ittita all’esercito egiziano, corrisponde all’attacco dei Troiani all’esercito acheo.
- La conquista del campo trincerato egiziano da parte degli Ittiti, corrisponde alla conquista della grande muraglia achea da parte dei Troiani.
- L’invocazione ad Amon da parte di Ramses II, corrisponde all’invocazione a Giove da parte di Achille.
- Ramses II sul carro da guerra, corrisponde ad Achille sul cocchio. (2)
- Dopo il contrattacco ittita con i carri si diffonde un polverone che non interrompe i combattimenti. Ciò corrisponde alla “notte funesta” (espressione omerica), che si diffonde intorno al corpo di Sarpedonte, che non interrompe i combattimenti.
(Alcuni sprovveduti ricercatori nordisti nel vano tentativo di spostare lo scenario omerico dall’Anatolia alla Scandinavia, hanno parlato a questo punto di due mezzogiorni intercalati da una “notte funesta”, episodi che appaiono nell’Iliade (Il., XI, 86; Il., XVI, 777) e (Il., XVI, 567 – 8). Questa “notte funesta” però non interrompe i combattimenti. Si tratta, pertanto, secondo loro, di una notte bianca tipica del Europa settentrionale. Immaginiamoci lo sbigottimento di Pentaur.)
- Nella giornata successiva, l’arrivo improvviso della divisione Neharin che capovolge la situazione in favore degli Egiziani (dopo la morte del fratello del Faraone), corrisponde all’improvviso rientro in campo di Achille che capovolge la situazione a favore degli Achei (dopo la morte di Patroclo).
- La strage degli Ittiti, corrisponde alla strage dei Troiani e alla morte di Ettore.
- Muwatallis che chiede la tregua a Ramses II, corrisponde a Priamo che chiede ad Achille la restituzione del corpo del figlio e una tregua per le sepolture.
- Infine il particolare del Re ittita Muwatallis che rimane sugli spalti di Kadesh, corrisponde all’anziano Re Priamo che assiste dall’alto delle mura di Troia alla battaglia.
Queste sono solo alcune delle corrispondenze tra i due poemi. Una analisi più approfondita porterebbe sicuramente ad altri risultati.
Bisogna tenere presente, tuttavia, che il “Poema di Pentaur” è un’opera propagandistica esattamente come l’Iliade.
La somiglianza tra le due opere è stata già messa in evidenza dagli egittologi sin dalla scoperta sia sui monumenti sia nei papiri del “Poema di Pentaur”, ma non in maniera così dettagliata. A tale proposito il grande scrittore di archeologia C. W. Ceram (pseudonimo di K. W. Marek) nel suo, “Il libro delle rupi” (pag. 191) (3), scriveva nel 1955: “Quando questa poesia venne scoperta, alcuni egittologi presi dall’entusiasmo celebrarono l’autore come un Omero egiziano, paragonandone l’opera all’epopea di Troia.” E aggiungeva che essi non potevano immaginare le colossali menzogne di Ramses II.
Da allora però le cose sono cambiate. Dopo le ultime scoperte archeologiche in Anatolia con i ritrovamenti di frammenti di versi incisi su tavolette cuneiformi, chiaramente somiglianti a passi omerici; dopo la scoperta negli archivi di Hattusa del “Poema della liberazione”, che narra la presa di Ebla da parte degli Ittiti (paragonato da insigni archeologi all’Iliade); dopo gli studi del Burkert sui contatti letterari tra Omero e tutta la letteratura mesopotamica; dopo le suggestive ipotesi dello Schrott circa l’esistenza di uno scriba assiro in Cilicia, un “ben omerim” che, per volere dei Greci, ha sintetizzato vicende storiche realmente accadute in Anatolia, oggi la relazione tra l’Iliade e il “Poema di Pentaur” assume una nuova connotazione da parte nostra. A nostro avviso, infatti, non è più Pentaur a essere un semplice precursore di Omero, ma è proprio Omero (chiunque esso sia) che attraverso contatti diretti con sacerdoti e scribi egiziani è entrato in rapporto con tale letteratura ed ha, insieme con altre fonti letterarie anatoliche e mesopotamiche, elaborato il suo poema. Si può tranquillamente ipotizzare che a Omero sia stato direttamente letta una copia in papiro del “Poema di Pentaur” e che lui ne abbia preso nota.
È così confermata la nostra tesi, già a suo tempo esposta sulle colonne di questo giornale (4), che Omero per quanto riguarda i fatti storici dell’Iliade si è ispirato alla storia egeo - anatolica e per quanto riguarda le fonti letterarie ha attinto a quell’enorme bagaglio che gli è derivato dalle letterature del Vicino Oriente e dell’Africa Settentrionale. Ogni altra ipotesi che prescinda dal mondo egeo - anatolico, non ha validità storica ed è parto di fantasia.