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Il mondo delle spiate

di Claudio Risé - 19/07/2011


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Il mondo è degli spioni? Viene da pensarlo, dopo che il più grande editore del mondo è finito nei guai per aver spiato in vari modi gran parte della popolazione inglese, compresa l’intera famiglia reale. Già prima di questo episodio, comunque, spiate, intercettazioni, informazioni confidenziali occupavano da mesi (o anni), l’intero sistema di comunicazione.
Come mai il frugare nella vita degli altri, famosi o sconosciuti, assicura ricchezza e potere? Dove nasce la passione della spiata?
Va detto subito che la voglia di ficcare il naso nella vita degli altri non è solo un’invenzione dei tempi moderni. L’occhio dell’essere umano è sempre stato attento a cosa faceva il suo vicino. Sia perché in tempi più rozzi da ciò poteva dipendere la tua stessa vita, sia perché l’uomo è un essere relazionale e ciò che fa l’altro lo interessa, può dischiudere nuove attività, prospettive, piaceri, e, naturalmente, conflitti.
Sapere cosa facevano gli altri ha sempre tanto interessato che per conoscerlo si scomodava (e tuttora si scomoda, spesso a caro prezzo) l’Aldilà, sotto forma di indovini ed anime, convocate per vedere cosa hanno fatto.
La spiata è presente anche ai vertici della letteratura mondiale, come nella Divina Commedia di Dante, dove si scoprono gli altarini di venerati Maestri, uomini di Chiesa, e naturalmente politici, di cui si illustrano le diverse collocazioni dopo la morte, spiegandone le privatissime ragioni e i perché.
Il fatto è che guardare le debolezze e le malefatte degli altri ti fa meglio riflettere sulle tue.
L’essere umano, come ha notato nei suoi lavori l’antropologo René Girard, è essenzialmente “mimetico”: riconosce i suoi desideri e impulsi quando li vede nei comportamenti degli altri.
Le neuroscienze hanno aggiunto un tassello alla spiegazione del fenomeno: nel cervello abbiamo dei “neuroni specchio” che si attivano osservando i comportamenti degli altri, coi quali ci immedesimiamo (empatia), differenziando poi il nostro atteggiamento in simpatia, o antipatia.
In ogni caso l’altro rappresenta il nostro specchio, la nostra scuola di vita, che ci insegna ad imitarlo, o a fare diverso da lui, ad opporci al suo comportamento.
L’ormai generalizzato costume della “spiata” però, è un’evidente degenerazione di questo bisogno umano di misurare, ed anche educare se stesso, proprio osservando i comportamenti degli altri, ed i loro esiti. Nell’informazione rubata, entrando senza che l’altro lo sappia nella sua vita, c’è un’evidente violenza e slealtà: spiare un telefonino è ancora molto peggio che guardare dal buco di una serratura di una porta che l’altro poteva improvvisamente aprire, smascherandoti.
Come nella guerra impersonale e meccanica dei droni, il pettegolezzo tecnologicamente protetto rende la vittima particolarmente esposta, e il nemico ingiustamente protetto. Il fatto che l’ultimo e grande scandalo su intercettazioni e spiate stia avvenendo in Inghilterra, il Paese dove George Orwell immaginò l’angoscioso scenario di 1984, non è forse solo una banale coincidenza, ma uno di quelli che C.G. Jung chiamava “eventi significativi”, prodotti dalla continua interazione psicologica tra inconscio collettivo e psicologia individuale.
Anche la reazione forte della politica inglese, pesantemente coinvolta nella vicenda, sembra indicare la necessità di prendere coscienza di come il gossip ed il suo utilizzo politico o commerciale, rappresentino ormai una temibile violazione della persona umana.
Il pettegolezzo può interessare, divertire molti, e perfino istruire. Può anche però distruggere le persone, e intere Nazioni.